Visions du Réel 2021 – Canti, introspezione e mito

Il festival internazionale di Nyon debutta con le tematiche d’attualità, come l’immigrazione, ed uno sguardo attento sulla memoria nella costruzione del presente e dell’identità. Le nostre visioni

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Pianto e silenzio, volti agitati dal ricordo, sorrisi liberatori, lacrime sciolte dal tormento attraverso il canto, e un incubo da trasformare in qualcosa di almeno tollerabile. La memoria maledetta di Le Chant des vivants, di Cécile Allegra, film d’apertura del festival di Nyon 2021, raccoglie i racconti di alcuni ragazzi arrivati in Francia dopo viaggi impensabili, costretti a lasciare la propria casa ed i propri affetti per fuggire dalla guerra e dalla violenza. Facendo ricorso alle interviste la regista raccoglie le testimonianze dirette dei pericoli incontrati sulla strada, le torture viste e subite negli efferati campi di detenzione in Libia, la consapevolezza di dover necessariamente guardare avanti, verso il mare, lasciando nelle retrovie il deserto e le sue tombe ardenti, per rischiare una navigazione insicura sopra una chiatta di contrabbandieri senza scrupoli, e la speranza di lasciare tra le acque i fantasmi delle persone annegate davanti ai propri occhi. La tranquillità della location, il villaggio di Conques in Occitania, crea un forte contrasto con il risvolto tragico delle parole, ed i tetti spioventi e le atmosfere medievali incantate, il cinguettare degli uccelli ed il profumo della natura, attenuano lo slancio nervoso, in uno spazio reso accogliente dagli abitanti. L’esercizio dialogico di affrontare il trauma lascia scoprire quella parte nascosta ed immancabile, la famiglia, gli amici, gli amori, e quel substrato personale, macchiato dal dolore, diventa il materiale da far diventare un suono, un nota per  dare al film le sembianze del musical.

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Holgut di Liesbeth De Ceulaer, in concorso tra i lungometraggi, è una storia ancorata alla terra, scava nel mito ancestrale del mammuth per raccontare con tono epico un percorso di crescita e scambio generazionale, un avvicendamento reso possibile soprattutto insegnando i segreti della caccia, a certe latitudini un fattore indispensabile per la sopravvivenza. L’ambiente in questo caso è un personaggio imprescindibile di contaminazione, il nucleo dei caratteri e delle fisionomie piene della solitudine delle lande desolate, governate da leggi tramandate nei secoli, rughe di un’antichità dispersa nella tundra ed i segni del tempo nascosti all’interno di grotte misteriose ed abitate dagli spiriti. Descritto lo stato di necessità ed il bisogno di soddisfarlo seguendo le orme degli avi, la narrazione acquista una nuova prospettiva con la scoperta di alcune zanne di mammuth, un discorso ben oltre il valore commerciale dell’avorio, collegato alla possibilità di clonazione utilizzando frammenti di pelle e sangue conservati dal ghiaccio, un argomento trattato già in un altro documentario, Genesis 2.0, ma affrontato da un punto di vista molto più introspettivo, tralasciando specifiche digressioni tecnologiche, come fosse l’auspicio di un sogno, e rinunciando a sollevare questioni di carattere etico.

Soldato Ahmet di Jannis Lenz, inserito nella sezione Burnng Light, ha i connotati del racconto biografico, e trova definizione assemblando le varie anime del protagonista, paramedico dell’esercito, pugile e studente di recitazione. Un gioco delle parti reso efficace dal montaggio tra progressi e stabilità, un puzzle emotivo utile a costruire il ritratto di un personaggio posseduto da suggestioni antitetiche, alle prese come tutti con il problema di immaginare una possibilità per il futuro adoperando una delle tante maschere indossate quotidianamente. Lo scambio con l’esterno si concretizza nelle palestre, dentro un teatro o in una caserma, ma l’impressione resta quella di osservare ogni volta soltanto dei ruoli, il possibile ed il probabile diventano aggettivi attaccati a filo doppio con la verità, costretta a ridefinire i propri parametri, ed il palcoscenico rompe le pareti ed invade ogni luogo, per una rappresentazione senza un inizio concreto ed un orizzonte perso nell’infinito. La posta in gioco è trovare un equilibrio nella diversità, individuare ipotesi di coesistenza e raccordare i fili divergenti, per eliminare i dubbi ed i sospetti su un’esistenza costruita per tentativi e costretta a mentire, sbagli indispensabili sul cammino di una conoscenza meno ingannevole, ma sempre abitata dalle ombre.

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