“The Accordion”, di Jafar Panahi
Anche Venezia 67 si mobilita per Jafar Panahi. Il regista iraniano, che è ancora impossibilitato a oltrepassare i confini del suo paese, inaugura la sezione "Giornate degli autori" presentando al Lido un cortometraggio girato poco prima del suo tanto discusso arresto per motivi politici
Anche Venezia si mobilita per Jafar Panahi. Il regista iraniano, che è ancora impossibilitato a oltrepassare i confini del suo paese, inaugura la sezione Giornate degli autori presentando al Lido un cortometraggio girato poco prima del suo tanto discusso arresto per motivi politici. E questi nove minuti di film sono come un concentrato di tutto il suo cinema. L’impeto neorealista che lo spingeva a disegnare le geometrie claustrofobiche de Il Cerchio (Leone d’oro a Venezia nel 2000) viene qui riproposto in chiave infantile e favolistica (echi del suo primo lungometraggio Il palloncino bianco) nella storia di due fratellini suonatori di strada che vengono derubati della loro fisarmonica. Il ladro è a sua volta un derelitto, un reietto che userà lo strumento per elemosinare sui marciapiedi cittadini, in una sorta di attualizzazione della disperata visione de I figli della violenza di Buñuel. La povertà che si scontra con la povertà immersa in un ambiente politico/sociale che sovrasta incurante. Panahi però non ha la radicale disperazione di Buñuel e si rifugia in una speranza di pacificazione tra “poveri” che possa portare al tanto sospirato cambiamento. Ecco, da questo punto di vista un film politico sino al midollo.