Abbi fede, di Giorgio Pasotti

Ancora film italiani direttamente su RaiPlay. Giorgio Pasotti torna dietro la mdp e dirige un Claudio Amendola in vesti neofasciste, testa rasata e celtica tatuata dietro il collo…

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Come in ogni storia di caduta e di rinascita è sovente sullo sfondo l’eterna lotta tra il bene e il male: un bene che pensa sempre in grande, mirando al miglioramento dell’umanità e al concepimento di progetti, e un male che pensa sempre in piccolo perché si interessa solamente al proprio guadagno personale. È così che i protagonisti di Abbi fede si presentano e prendono vita: c’è Adamo, neofascista violento e legato alla malavita, con disegnata una croce celtica dietro il collo, che – assegnato ad una comunità di recupero in una remota località sulle montagne altoatesine – entra in contatto con un sempre sorridente Ivan, un sacerdote con una decisa fede in Dio e nel prossimo, vedovo e con un figlio paraplegico. Sono proprio queste due convinzioni che verranno messe alla prova nel rapporto con l’ultimo arrivato nella comunità, il quale dovrà inserirsi in un ambiente inconsueto e stravagante all’interno di uno scenario estremamente grottesco. I membri della chiesa che accompagneranno Adamo – ma anche Ivan – in una nuova presa di coscienza sono pochi ma singolari: l’ex terrorista Khalid, l’ex campione di sci austriaco e alcolizzato Gustav e la single incinta Sara. È questa un’opera che riesce a raccontare una storia attuale di integrazione tra persone molto distanti tra loro, non solo per religione o stato di appartenenza, ma anche per esperienze di vita e modi di vederla e viverla; una distanza che a tutti i costi va abbattuta tramite il confronto e la compassione.

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Giorgio Pasotti – qui ideatore, regista e interprete – basa la sua seconda opera cinematografica sul lungometraggio Le mele di Adamo, diretto quindici anni fa dal danese Anders Thomas Jensen, a sua volta ispirato dal libro di Giobbe dell’Antico testamento, portando sugli schermi italiani quell’ironia cruda che porta ad affrontare le domande esistenziali più antiche del mondo. Il film è una commedia nera che vuole portare il bene ad avere la meglio sul male utilizzando la fede come escamotage; un’idea di fede che, accesa da dubbi e paure, viene riposta nella speranza di cercare di essere persone migliori. Questa lotta costante viene sottolineata ironicamente anche dalla messa in scena, che asseconda la contrapposizione dei due personaggi, con Adamo (un credibile Claudio Amendola) spesso ripreso dal basso come se si stesse riprendendo il busto di un dittatore, tra l’altro con lui che ricorda d’aspetto lo stesso Mussolini, e con Ivan, che ha spesso ambientazioni luminose a fargli da sfondo. L’eccessiva e ingiustificata positività di Ivan si contrappone alla visione di estrema cupezza del mondo di Adamo, due visioni della vita che non sono pronte a contaminarsi ma che dovranno farlo al fine di raggiungere il proprio equilibrio e perseguire il bene comune. C’è Adamo, ci sono le cornacchie, i vermi, i sermoni e soprattutto l’albero di mele, che nella tradizione biblica è l’Albero dell’Eden o l’Albero della conoscenza del bene e del male. Sarebbe il simbolo che racconta della riuscita del destino dell’uomo che deve capire come comportarsi per realizzare la propria vita evitando le insidie del male. La mela, il frutto proibito, serve per ricordare la caduta in disgrazia di Adamo, che in questo caso, scivola in un inferno sulla terra eccessivamente ottimista, dove si renderà conto che la positività di padre Ivano dipende dall’aver perduto il senso della realtà che lo circonda; la presenza fortemente contraria e violenta di Adamo farà scontrare  così il sacerdote con la realtà tragica che aveva sopito per tanto tempo.

Il maggior pregio del film risiede nell’ironia scorretta e nella cattiveria, che portano ad alcune particolari situazioni – spesso anche con una buona dose di non sense in scene comiche surreali – che esaltano il coraggio di Giorgio Pasotti nel portare al pubblico italiano una commedia nera corale; non un semplice teatrino destinato all’esclusivo piacere del pubblico, ma una commedia che si ritaglia il proprio spazio personale per raccontare ciò in cui si crede. Questo lavoro ambizioso trova però nel suo punto forte anche il suo punto più debole: l’umorismo scorretto talvolta risulta poco incisivo, almeno non quanto si vorrebbe vedere, e il cambio di tono e situazione tra comica e drammatica non sempre riesce a mantenere il suo equilibrio, soprattutto per quanto riguarda il raccontare l’eterna contrapposizione tra bene e male, che rischia di peccare di troppo semplicismo. Al contrario del fratello danese, e nonostante il film sia ambientato in una location non abituale per il cinema nostrano, il remake soffre dell’italianizzazione, risultando più farsesco del primo.

Minuzie che che fanno da sfondo al percorso di Adamo, che per trovare la giusta via e il giusto equilibrio deve porsi piccoli obiettivi quotidiani, primo tra tutti la realizzazione di uno strüdel di mele. Si vede quindi il male come essenza che esiste solo in veste di opportunità, utile all’uomo come ostacolo da superare, e il bene come un tentativo di perseguire qualcosa di positivo.

Regia: Giorgio Pasotti
Interpreti: Claudio Amendola, Giorgio Pasotti, Roberto Nobile, Robert Palfrader, Lorenzo Renzi, Gerti Drassl, Peter Mitterrutzner, Aram Kian, Giancarlo Martini, Samuel Girardi, Marco Boriero, Filippo Vianello, Hannes Perkmann
Durata: 93′
Origine: Italia, Austria, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.41 (17 voti)
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