Barbara Ronchi: da Sole a Rapito in Dieci Minuti

Mentre è in sala con Dieci minuti di Maria Sole Tognazzi, ripercorriamo le tappe più importanti della carriera dell’attrce attrice.

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Una donna in crisi, risvegliata improvvisamente alla vita vera da un licenziamento e un divorzio inaspettati. O forse di cui lei non si è accorta. Ha bisogno di rimettere insieme i pezzi della sua vita ma sarà più difficile del previsto. Lei si chiama Bianca, il film è Dieci Minuti di Maria Sole Tognazzi, e l’attrice che interpreta Bianca è Barbara Ronchi.
Al cinema da ieri, Dieci minuti racconta il percorso di salvezza di Bianca attraverso una particolare terapia psicologica attiva che la spinge a compiere azioni fuori dalla sua comfort zone per 10 minuti al giorno. Liberamente ispirato al romanzo Per dieci minuti di Chiara Gamberale e nel cast, insieme a Barbara Ronchi, ci sono Margherita Buy, Fotinì Peluso e Alessandro Tedeschi.

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In un intervista a Vanity Fair è Margherita Buy, l’analista di Dieci Minuti, a raccontare Bianca come un personaggio disallineato, non più in contatto con la realtà, concentrato su sé stesso a tal punto da non accorgersi di quello che le accade intorno. Così che all’improvviso si ritrova senza lavoro e con suo marito che ha un piede già fuori dalla porta senza che lei se ne sia resa conto. S’intuisce già dal trailer quanto intensamente Barbara Ronchi si sia approcciata al percorso di cambiamento di Bianca. Maria Sole Tognazzi le affida un personaggio estremamente umano e vicino allo spettatore, e questo non stupisce considerando l’intensità della pur breve carriera della stella emergente.

Barbara Ronchi s’identifica come “ritardataria cronica”, non negli appuntamenti di tutti i giorni ma nella sua seconda vita, quella da attrice, a cui è approdata con ritardo rispetto alle aspettative. Aveva 24 anni, infatti, quando ha iniziato l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, era la più vecchia della sua classe. Fino a quel momento, al passo con i tempi, aveva preso una laurea in archeologia ma dopo i primi scavi in Brasile ha cambiato coraggiosamente rotta per diventare finalmente quello che avrebbe voluto fin da bambina. Iniziano così le prime tournée teatrali, nelle quali riesce a strappare per una decina d’anni il ruolo della “giovane figlia” per il quale credeva di essere fuori tempo massimo, grazie ai lineamenti delicati e alla lontananza della scena dal pubblico. Recita sotto la direzione di Valerio Binasco, Fausto Paravidino e soprattutto Carlo Cecchi, tra i suoi mentori principali e figura importantissima per la sua formazione.
La primissima esperienza al cinema per Barbara Ronchi arriva nel 2010 con La città invisibile di Giuseppe Tonadoi che la pone davanti a quelle dinamiche di set spesso sbrigative, che distruggono l’idea romantica che aveva del cinema. Come afferma nell’intervista podcast Dicono di te di Malcom Pagani:

“Uscii da quel set un po’ delusa e disinnamorata del cinema. Credevo di trovare più intimità, e che ci sarebbe stato più tempo per la preparazione degli attori.”

Tre anni dopo ci pensa Valeria Golino con il suo Miele a ridare giustizia al cinema, dimostrando a Barbara Ronchi la bellezza di collaborare con un’attrice-regista capace di comprendere gli attori.

Con Fai bei sogni, nel 2016, l’attrice viene diretta per la prima volta da Marco Bellocchio, un incontro che si dimostrerà fruttuoso e che si consolida proprio recentemente con la sua partecipazione a Rapito, il più recente film del regista. In Fai bei sogni è la madre del piccolo Massimo, affetta da una grave forma di depressione che la spinge a un gesto estremo. Abbraccia in questo ruolo un fatale contrasto tra una sincera leggerezza e un terribile peso, e seppur con pochissime scene regala un personaggio che resterà impresso per tutto il film, sia nella mente di suo figlio Massimo sia in quella dello spettatore.
Il ruolo materno tornerà spesso per Barbara Ronchi al cinema, con Sole di Carlo Sironi, in cui interpreta una non-madre che lotta disperatamente per avere un figlio. E poi con Padrenostro di Claudio Noce insieme a Pierfrancesco Favino, Era ora di Alessandro Aronadio con Edoardo Leo, e più recentemente in Rapito di Marco Bellocchio. In questo film, proprio dopo essere diventata davvero madre, Barbara Ronchi affronta il personaggio di Marianna Padovani, mamma ebrea del piccolo Edgardo che le viene strappato dallo Stato Pontificio per essere cresciuto come cattolico, avendo ricevuto il battesimo. Un personaggio e un film durissimi che hanno messo l’attrice davanti a una grossa sfida: da madre, interpretare il ruolo di una madre che accoglie un enorme dolore.

“Cercavo di dimenticare il più possibile che sono una mamma, altrimenti non ce l’avrei fatta. […] Mentre interpretavo le scene più emozionanti, cercavo di non piangere, provavo a trattenermi per poi piangere dopo, in privato. Solo riguardando le scene mi sono accorta che le lacrime uscivano senza che me ne accorgessi.”

Recitare è qualcosa che viene da dentro, deve essere per forza una vocazione, altrimenti non si potrebbero sopportare i momenti duri, i momenti di vuoto in cui non c’è sicurezza sul futuro. Barbara Ronchi li affronta con tranquillità, perché le piace vivere e non ama che il lavoro sia totalizzante, soprattutto con un bambino piccolo e con un marito attore. Ma anche nei momenti in cui non lavora costruisce il suo essere attrice vivendo, leggendo, guardando film, incontrando persone nuove. È così che lei porta il suo essere un’attrice nella vita di tutti i giorni: lei non fa l’attrice, lei è un’attrice. Parlando di Carlo Cecchi e dei suoi esigenti insegnamenti a teatro, dice:

“Lui sulla scena è reale, tutto il resto è finzione. In quelle due ore in cui si esibisce è tutto incredibilmente vero, lui non accetta falsità. Se una sera sei triste o depresso, è quello che devi dare al pubblico.”

Da poco la sua carriera ha avuto una spinta definitiva e l’attrice stessa intercetta le motivazioni del suo successo anche in una fortunata alternanza di registi e film, che le ha permesso di imparare velocemente e di lavorare con vari generi e autori. I due nodi fondamentali della sua carriera sono, al momento, i film Sole e Rapito. Il primo un piccolo film di un autore emergente, il secondo un film internazionale di un autore affermato. Barbara Ronchi ha raccontato alla Mostra di Venezia: “Ho amato follemente Sole, un film duro che avrei dovuto vedere prima a casa per prepararmi e invece non l’ho fatto. Sono stata felicissima di assistere all’emergere di un regista, mi ha fatto sentire accolta e capita.” Di Bellocchio, invece, apprezza la capacità di tirar fuori dalle vicende che racconta non solo le dinamiche complesse e incomprensibili dello Stato, ma soprattutto le debolezze presenti in ogni personaggio, anche nel grande statista. Perché alla fine è quello che emoziona il pubblico.

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