Beautiful: i fan insorgono contro Mediaset

I supporter della soap hanno tappezzato Milano per lamentare il taglio del minutaggio degli episodi. Manifesto di un cortocircuito tra fruizione e distribuzione senza alcuna apparente via di scampo

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“Stanno uccidendo Beautiful. Negli ultimi otto anni le puntate sono passate da 22 a 11 minuti. Vergogna a Mediaset che maltratta la nostra soap preferita!!!”.
A Milano, alcuni giorni or sono, alcuni accaniti fan della celebre soap hanno deciso di tappezzare la città con volantini di protesta nei confronti dell’altrettanto nota emittente televisiva.

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Le ragioni della “rivolta”, espresse in grassetto nero su foglio bianco sotto una foto di Brooke e Ridge (volti iconici del programma), sono particolarmente chiare; e risiedono in un progressivo accorciarsi del minutaggio degli episodi che, a dire dei (molti) appassionati,  sta frustrando la fruizione del prodotto impoverendone le singole puntate.

Per comprendere appieno la portata simbolica di questa singolare iniziativa partita dal basso, è necessario innanzitutto ricordare l’importanza di una serie come Beautiful all’interno del palinsesto televisivo italiano. Dal momento che la soap, andata inizialmente in onda sui canali Rai e poi trasferitasi su Mediaset a partire da martedì 5 aprile 1994, rappresenta infatti un appuntamento fisso nostrano da oltre trentasette anni. Periodo nel corso del quale le avventure dei Forrester e della loro azienda hanno attraversato e segnato ben più di una generazione, tanto di personaggi, quanto di spettatori.

Da qualche tempo, però, alcune scelte dell’emittente sembrano aver parecchio indispettito i fan, infastiditi non solo dall’effettivo dimezzamento della durata delle puntate (passate appunto da 22 a 11 minuti), ma anche da una collocazione nel palinsesto che non risparmia estate e giorni festivi. Non solo: sembra infatti che, degli undici minuti di trasmissione, solo 6 sarebbero effettivamente dedicati alla prosecuzione della storia, con i restanti 5 occupati invece dal riassunto degli episodi precedenti. Situazione ritenuta a tal punto insostenibile, da causare l’anonima e cartacea insurrezione.

A fronte di un panorama televisivo costellato da una serialità sempre più “ristretta” – affollata dal fenomeno miniserie – ma generalmente standardizzata sull’ormai familiare format da 8/10 episodi da 60 minuti l’uno (con punte addirittura più prolisse, come nel caso dei 150 minuti del finale di Stranger Things 4), i regolari consumatori di audiovisivo non possono che guardare al “Beautiful-gate” come a un bizzarro sovvertimento delle consuete regole del gioco. Ribaltamento che, sebbene radicato nelle naturali e sempiterne differenze che separano il sistema produttivo e distributivo delle “serie” da quello delle “soap”, ha però trovato un recente terreno d’incontro nel fenomeno dei prodotti televisivi Marvel. In quei Wandavision, Loki, Hawkeye (e via andare), che, idealmente costituiti da 40/50 minuti di minutaggio, presentano in realtà un netto decurtamento dello stesso, dovuto a una breve introduzione (+ sigla) e ad annacquati titoli di coda (anche di 7/8 minuti).

Laddove però la brevità seriale targata Marvel Studios trova una sua ragionevole spiegazione in un budget predefinito destinato a ciascuna puntata del prodotto – per lo più gonfiato dalle spese per gli effetti speciali – che pare pertanto trovare una sorta di bilanciamento nella compressione della durata degli episodi stessi, le ragioni dei consistenti tagli a cui Beautiful è stata progressivamente sottoposta è da ricercarsi altrove. Dietro a queste estreme soluzioni di distribuzione adottate ormai con regolarità da Mediaset, si nasconde infatti un’esigenza derivante dal rapporto con il materiale originario, cioè con la messa in onda statunitense. Rapporto che, dovendo mantenere una certa distanza fra la trasmissione americana e quella italiana per poter sempre avere a disposizione materiale concretamente erogabile, spinge dunque Canale 5 a un costante lavoro di “riduzione” e collage con il preciso intento di allungare il brodo.

L’attuale status quo, come detto frutto di un processo di accorciamento realizzatosi gradualmente nel corso degli anni, aveva tra l’altro già causato malumori alcuni anni fa; quando un’anziana telespettatrice, nell’ottobre 2021, aveva scritto a Maurizio Costanzo (che all’epoca teneva una rubrica sul settimanale “Nuovo”) per lamentarsi della medesima questione: “Ho 79 anni, seguo Beautiful e non me ne vergogno. Quando insegnavo, dopo pranzo la soap mi rilassava. Ma devo dire che ormai ogni episodio dura circa dieci minuti. Non capisco che senso abbia. Canale5 non capisce che in questo modo anche noi affezionati finiremo per mollare la soap?”. Rimostranze a cui Costanzo aveva replicato con un semplice “Forse è così che la soap con Brooke e Ridge riesce ad appassionare da tanti anni”.

Chissà allora che, in fin dei conti – e a dispetto di un sollevamento popolare che ha di certo attirato l’attenzione della stampa – il paradosso dell’aumento dell’irrequietezza spettatoriale che non sembra però (al momento) trovare risposta in un calo degli ascolti, non si spieghi proprio in quel breve botta e risposta registrato nell’autunno di tre anni fa su “Nuovo”. In un vecchio cortocircuito che, generato dall’immutabile rapporto tra distribuzione e fruizione del prodotto, si auto-alimenta ormai da circa trentasette anni in un circolo vizioso senza alcuna possibilità di fuga.

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