Blog NET NEUTRALITY – Diego Armando Maradona, permettete un pensiero poetico…

Il misterioso caso di Diego Armando Maradona, nato già forte, mutato geneticamente e di involucro invariato…

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“San Gennà, non ti crucciare, tu lo sai ti voglio bene. Ma ‘na finta e Maradona squaglia o’ sanghedint ‘e vene”. E quest’è… Partiamo da qui o possiamo anche chiuderla qui. Tra l’altro, se proprio vogliamo essere pignoli, Maradona non era propriamente grande per le finte, risultavano superflue, a volte addirittura inutili. Maradona avrà fintato poche volte, lo ha fatto più fuori dal campo che dentro. Villa Fiorito si ritrovava nel fango di Acerra, il suo compasso prensile sinistro arpionava le geometrie del rettangolo. Due sfere nel rettangolo, la prima pezzata che rotola, la seconda fedele compagna in pantaloncini ascellari che gira libera nel corpo di un “divino sgorbio” (apostrofava Gianni Brera), lievita e danza sulle note di Life is Life. Il misterioso caso di Diego Armando Maradona, nato già forte, mutato geneticamente e di involucro invariato. A San Siro l’Inter va sotto contro il Napoli e Sandro Ciotti interviene, senza il suo solito, “scusa Ameri…”, ma apre il microfono con “Scusa Bortoluzzi, Maradona… Maradona esattamente al quinto minuto ha messo la palla in rete su cross di Giordano… controllo con il corpo dell’asso argentino e quindi sinistro al volo…”. Se chiudi gli occhi e ascolti attentamente per ricostruire la scena, come fai ad immaginare perfettamente un controllo con il corpo? Cosa significa effettivamente controllare con il corpo? Quale parte del corpo precisamente avrebbe utilizzato Maradona? Forse a Sandro Ciotti non veniva la parola “petto”, forse di petto è impossibile controllare in quel modo (magari di braccio…), con la palla che scende addomesticata, priva di sussulti alcuni, oltre le leggi della fisica, sull’unica superficie del corpo che Maradona ha effettivamente educato senza pari nelle favelas. Che cosa significa “dare senso a”? Sandro Ciotti potrebbe aver voluto con “corpo” intendere quanto tutti i componenti di quel corpo, appunto, fossero all’unisono divinamente vivi, divinamente liberi di attivarsi e spegnersi indistintamente in autonomia. “Dare senso a” significa l’innesco automatico, o l’evocazione inconscia, di certe parole, lo spontaneo venire alla mente di ogni sorta di parole. DAM è l’incarnazione perfetta del caso e la necessità, proprio con quel controllo di corpo, ma ancora di più con quel goal infantile di mano all’Inghilterra. Chi ha scritto le regole del calcio? Il calcio è della strada, della polvere, polvere era e polvere ritornerà. La mano è più affidabile, si oppone al nostro volere di tenerla dietro la schiena o al massimo ad altezza spalle. La mano è parte integrante della testa, cui obbedisce. È psicofisica: quando parliamo la mano rivela anche ciò che non vogliamo dire. La mano si abbandona a gesti incontrollati, e chi voleva passare per un esempio si trasforma in un esagitato politico in preda al ballo di San Vito. La pallamano è come il calcio, ma si gioca con le mani. Ma i punteggi non sono quelli del calcio ma neanche quelli del basket. Una via di mezzo e Maradona non conosce scorciatoie. Non puoi chiedere di gioire 28 o 29 volte a partita, come nella pallamano, cosa che alla lunga, anche per il pubblico più caldo, risulta stancante. Allora anche la mano diventa fondamentale, ma senza dare nell’occhio, una volta ogni tanto, magari nelle occasioni più speciali, proprio contro i sovvertitori di un ordine costituito lungo le proprie coste. E se fosse invece più volley. Poco cambia, quel colpetto a scavalcare il muro nemico si fa antidiscriminatorio. La Var è la nostra condanna, il muro da buttare giù. Perciò oggi il calcio è balletto, tipo quello di Benigni prigioniero tedesco in La vita è bella che fa il burattino agli occhi di suo figlio nascosto in un cassonetto. Il balletto prevede un gioco di gambe molto complesso, regolato dalle leggi del ritmo e della partitura. Si conosce sempre meno l’improvvisazione. Il calcio di Maradona era più simile al judo e alla lotta, a discipline ancestrali. La gamba pensante esprime qualche cosa, è una minaccia, ed è necessario parare colpi provenienti dal basso. Football senza palla, psicocinetica.

Sì, Maradona era psicocinetica pura. Se il judoka, anziché un avversario, indirizzasse i suoi colpi su un pallone, gli imprimerebbe un movimento particolare, una traiettoria che poi è quella del tiro ad effetto. Idem per le finte di judo. Basta riprendere quella mega rissa in Spagna, quando Maradona era al Barcellona e a fine gara (senza palla…) cominciò a scalciare gli avversari come se dovessero essere indirizzati nel set e gonfiare la rete. Polivalenza e olismo, perché tra Maradona uomo e Maradona atleta non c’erano confini. Occidente e Oriente uniti in quello “sgorbio azzurro”, in quel corpo mortale, per non dare appunto troppo nell’occhio, per poter essere accolto e amato. Il nostro “Watchman” qualche indizio della sua origine non propriamente umana, l’ha lasciato inavvertitamente sul suo cammino, nonostante abbia fatto di tutto per farci credere il contrario, abbia mostrato in più riprese le debolezze tipiche di un essere umano, specie se ti considerano in vita mito e poi leggenda. Come quel monolite ritrovato per caso o necessità nel deserto dello Utah, anche quel goal fatto nel 1986 a Giovanni Galli lascia molti dubbi. Il magistrale colpo judoka ad anticipare sul tempo il nostro difensore non è sufficiente per spiegare il mancato intervento del nostro portiere. C’è un accenno con il braccio sinistro a cercare la palla a mezza altezza indirizzarsi sul palo più lontano, ma niente. Quella palla si infila spinta da una forza oscura, priva quasi di gravità terrestre. Il tempo si è fermato per tutti, per Galli, per gli spettatori allo stadio, per tutti noi a casa, solo Lui si è messo a girare indisturbato sul set, con gli interpreti e i figuranti immobili, fossili preistorici pietrificati, monoliti provenienti dal futuro. La palla si è fermata a meno di un metro dai guantoni poco protesi. Poi siamo ritornati, la palla era giunta a destinazione, ma quella frazione di secondo di assenza la custodiremo per tutta la vita, sarà il regalo più grande di Diego, da scartare ogni volta che la vita perde nel suo tragitto la poesia. Dio è morto, Maradona è morto e anch’io non mi sento tanto bene…

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