Casablanca, di Adriano Valerio

Un immigrato marocchino senza documenti e una ex tossicodipendente solitaria seguiti dal regista per sei anni. Doc dolente e poetico sull’esclusione. VENEZIA80. Giornate degli Autori. Notti Veneziane

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Fouad, figlio dell’Imam di un quartiere popolare di Casablanca, è in Italia senza documenti da dieci anni, in attesa di cure mediche. Daniela proviene da una famiglia pugliese esoterica dell’alta borghesia. Ex tossicodipendente, prova una profonda solitudine. Si trovano per caso in Umbria. Ed entrambi, senza esitazione, affermano di essersi salvati la vita reciprocamente. Tuttavia, con il passare degli anni, Fouad si stanca di aspettare i documenti, stremato da un ambiente a cui sente di non poter mai appartenere. Tornerà a Casablanca, anche se questo significherà non rientrare più in Italia? Adriano Valerio, al suo secondo lungometraggio, dopo Banat – The Journey del 2016 (Premio Corso Salani), e dopo diversi pluripremiati corti, su tutti 37°4S, vincitore del David di Donatello nel 2014, segue i suoi protagonisti dal 2016 al 2022, tra l’Umbria, Parigi e Casablanca, cercando di cogliere gli aspetti temporali che vanno a condizionare e a segnare la relazione dei protagonisti. C’è umorismo e poesia a fondersi oltre che la solita qualità dello sguardo che ormai è marchio di fabbrica dell’autore.

Un flusso di immagini nel processo emotivo e narrativo che cementa solidamente il racconto, scorporandolo dalla storia e ponendo in rilievo i sentimenti puri. Cinema che racconta l’esclusione sociale e morale e di come però nell’isolamento “forzato” può venir fuori una profonda e sincera umanità che fa da scudo e riparo dalla malvagità che contraddistingue il mondo circostante. Il documentario in realtà si confonde nella miscellanea freschezza di scrittura. Il risultato è la fusione di diversi registri narrativi di grande suggestione e impatto. Ogni contatto umano è reso dalla mdp nell’immediatezza di un battito e la naturalezza di un respiro. Casablanca conferma il talento di Adriano Valerio e restituisce ancora di più allo spettatore la sensazione che sicuramente sarebbe pronto per progetti più ambiziosi dal punto di vista produttivo. Dolente e divertente all’unisono, l’isola allegorica su cui si ritrovano i protagonisti non è mai totalmente tagliata fuori dal resto, ma resta aggrappata necessariamente ai tumulti dell’esistenza, senza perdere neanche per un istante la famelica speranza della riconciliazione.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7
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Il voto dei lettori
3 (4 voti)
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