Cenizas. I nuovi mondi immaginati da Nicolás Jaar

Il nuovo album del compositore cileno-USA, noto per le sue collaborazioni con Jaques Audiard e Pablo Larraín, è un misto di redenzione e speranza. Una ostinata ricerca di mondi migliori

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A rivedere gli scontri tra poliziotti e ragazzi delle banlieu parigine, all’inizio dell’ormai cult L’odio, torna alla mente quegli anni in cui quel film divenne imprescindibile per l’immaginario rap a venire. Ne fu ripresa la crudezza, esaltato il clima selvaggio, estrapolate all’infinito le frasi pronunciate dai suoi ragazzacci di strada.
Da noi Marracash dedicò addirittura un intero album al film di Kassovitz, che per impostazione concept  anticipava di un decennio il suo ultimo, acclamatissimo Persona – e  che, più chiaro di così, chiamò Fino a qui tutto bene.

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La nostalgia sale soprattutto perché la colonna sonora che commentava quelle scene del film era affidata nientemeno che al reggae pacifista di Bob Marley & The Wailers. Manganellate e ritmo in levare generavano un contrasto bello forte negli occhi e le orecchie dello spettatore, ma allo stesso tempo regalavano alla storia un latente ottimismo poi smentito col correre della sinossi.

Quelle sonorità dal fascino “esotico” negli anni a venire troveranno sempre meno spazio tra chi la periferia la vive ogni giorno. Il reggae e la ska hanno perso la loro missione redentrice ed hanno lasciato alla trap il compito di raccontare la quotidianità tra i palazzoni.

E se non c’è redenzione, di speranza ancor meno. Per questo i ritmi metallici, freddi ed elettrici da club oggi più che mai sostituiscono quelli festosi da dancehall del ventennio passato.

Lo sanno bene i Mokadelic di Gomorra – La serie. Lo sa altrettanto bene Nicolás Jaar che nel 2015 realizzava il commento sonoro di Dheepan: una nuova vita, film vincitore della Palma d’Oro a Cannes che ritornava proprio nei quartieri già raccontati da Kassovitz per portare sul grande schermo una storia ancor più esasperante. 

I toni quasi lirici con cui Jaar accompagna la vita occidentale di Dheepan, fuggito dallo Sri Lanka in Francia a causa della guerra civile, ritornano anche in Cenizas, ultimo album pubblicato a quattro anni di distanza da Sirens.

Con Cenizas (“ceneri” in spagnolo) Nicolás Jaar di speranza ne vuole pompare davvero a propulsione: «Mi sono messo da solo in quarantena da qualche parte agli antipodi per potermi concentrare sulla musica», spiega in una nota comparsa sul suo sito prima della pubblicazione del disco.
Il motivo? Il mondo, quella che noi tutti consideravamo “normalità” prima della pandemia, forse così normale non era e Jaar se n’era accorto anzitempo.

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Per il musicista cileno-statunitense dunque Cenizas è un percorso di rinascita, un processo di redenzione uscito in un momento dell’anno in cui la mistica delle ceneri, l’attesa della resurrezione dei corpi, sono sentite più che mai.
Allora religione, tempo storico e introspezione personale in questo LP del compositore classe 1990 riescono miracolosamente a coincidere in un unico atto di fede. La traccia che chiude l’opera, Faith Made of Silk, ad un certo punto recita: «Guardati intorno anziché davanti, un picco è solo una via verso la discesa».
Un finale aperto, potente ed insperato. Che in Cenizas è anche sinonimo di ricongiungimento con quei suoni d’origine dell’artista cileno. Dall’afrofuturismo di Shabaka e Childish Gambino al misticismo sudamericano di Nicolás Jaar, il pianeta Terra conosciuto fino a ieri sembra d’improvviso un masso di cenere da cui riemergere sotto nuove forme. Come in un libro di Castaneda, l’accesso a nuovi varchi spazio-temporali sembra finalmente possibile.
Per buona pace dei trapper del quartiere.

 

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