Coppa d’Asia 2024: l’immagine politica del calcio

A 99 giorni dal 7 ottobre, la Palestina ha esordito in Coppa d’Asia, una partita che si è fatta nodo di mille narrazioni. Una breve escursione nell’utilizzo politico dell’immagine calcistica

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A cento giorni dal 7 ottobre, la Palestina ha esordito nella Coppa d’Asia che si svolge in Qatar. Una gara molto più importante del 4-1 per l’Iran fissato sul tabellino dal fischio finale. C’è una partita sommersa cominciata prima e ancora in corso. Come ricostruito su X da Pallonate in Faccia, il sostegno alla Palestina dagli spalti è andato oltre il minuto di silenzio sul campo. Infatti, diversi cori contro Israele sarebbero stati cantati da tifosi iraniani. Eppure, siamo sicuri che fossero tifosi? Diversi giornalisti e associazioni iraniane avevano da tempo denunciato l’invio di tifosi a favore del regime e accuratamente selezionati. All’inizio di una partita di campionato in Iran, nell’ottobre scorso, le Guardie della Rivoluzione avevano portato in campo una bandiera palestinese, atto contestato dai tifosi. Non bisogna dimenticarsi, oltretutto, che gli incassi della Coppa d’Asia verranno utilizzati come aiuti umanitari per la striscia di Gaza. Una scelta tutt’altro che sorprendente da parte del paese ospitante, il Qatar, che offre rifugio al leader di Hamas.

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In virtù della sua estrema popolarità, il calcio è da sempre uno spettacolo fortemente politico. “Fuori la politica dallo sport” ripeteva un miope adagio. L’uso politico del palcoscenico calcistico non solo è innegabile, ha anche una lunga storia (che Marco Bellinazzo ha ripercorso e analizzato nei suoi libri) tutt’ora in evoluzione. Infatti, l’immaginario calcistico è un campo di battaglia nel quale l’artiglieria è composta da video virali e dirette in mondovisione. La posta in gioco è enorme: la percezione che il pubblico ha dei morti e delle bombe che piovono anche oggi sulla striscia di Gaza.

Nello stesso giorno dell’esordio della Palestina in Coppa d’Asia, si svolge la partita tra Antalyaspor e Trabszonspor. Sagiv Yehezkel segna il gol del momentaneo pareggio e va a festeggiare sotto la curva. Nel farlo, mostra una scritta sul bendaggio che porta al polso: “100 giorni dal 7 ottobre” con vicino una stella di David. Immediatamente dopo la partita, il calciatore è stato arrestato e detenuto, prima di lasciare la Turchia. Yehezkel ha dichiarato che non è “una persona che supporta la guerra. Voglio che questo periodo di 100 giorni termini ora. Voglio che la guerra finisca. Ecco perché ho fatto il mio tributo”, che comunque non è andato giù alle autorità turche, visto anche che Erdogan ha più volte accusato Israele di crimini di guerra. Un altro calciatore, Eden Kartsev, è stato licenziato dal Başakşehir per aver chiesto sui social il rilascio degli ostaggi israeliani.

Queste dinamiche, però, sono riscontrabili anche in Europa. Proprio dei messaggi affidati ai social hanno portato al licenziamento di Anwar El Ghazi da parte del Mainz. Il giocatore aveva infatti pubblicato sul calare di ottobre una storia, ora irrecuperabile, contenente lo slogan “from the river to the sea, Palestine will be free”, in Germania perseguibile penalmente (nonostante la sua interpretazione non sia solamente quella estremista). Come raccontato da Ultimo Uomo, la questione sembrava concludersi con il comunicato del Mainz, che richiamava alla “responsabilità speciale verso lo stato d’Israele e la popolazione ebraica” in quanto tesserato di un club tedesco. Invece, il giorno dopo, El Ghazi risponde su X, ribadendo che a suo parere non “esista persona o stato a cui non possa essere contestata la propria responsabilità, né che possano essere al di sopra del diritto internazionale”. Poche ore dopo, El Ghazi è stato licenziato dal Mainz. Il Bayern Monaco, invece, non ha sospeso Noussair Mazraoui dopo alcuni post a sostegno della Palestina, ma ha comunque chiesto un chiarimento con il difensore. Vicende, queste, che lasciano parecchi interrogativi sulla libertà d’espressione dei calciatori al di là delle vuote frasi di circostanza del post-partita.

In chiusura, allora, vale la pena ricordare una frase da tenere in mente ogni volta che si accende la televisione, convinti che una partita di calcio sia soltanto un gioco. Scrive Marco Bellinazzo nel prologo a I veri padroni del calcio: “Se la politica è la divisione spettacolo dell’industria militare, come sosteneva il geniale Frank Zappa, il calcio infatti è la divisione politica dell’industria dello spettacolo”.

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