Explanation for Everything, di Gábor Reisz

Dotato di un suo carattere preciso e per nulla comune rifugge la banalità del quotidiano e guarda con occhio attento al mondo d’attorno e ai suoi invisibili mutamenti. VENEZIA80. Orizzonti

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La ricerca, più o meno consapevole, di alcuni autori si indirizza a ricercare nel quotidiano il lato invisibile di quell’arte sociale della sopravvivenza che finisce con l’esaltare quella parte nascosta della vita, quasi una parte magica, che forse è quella che ancora affascina e che scopriamo diventare segno di quel desiderio di viverla per intero, questa vita, nonostante tutto. I loro film scandagliando e scrutando la superficie delle cose mettono in luce altro di ben più profondo. Lo ha fatto benissimo Alexandre Koberidze ad esempio con Cosa vediamo quando guardiamo il cielo? un film il cui titolo diventa manifesto artistico e lo fa, con altri e diversi risultati anche Explanation for Everything, in Concorso in Orizzonti di Gábor Reisz.

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Il film, in concorso in Orizzonti, nasce da una riflessione sullo stato dell’Ungheria e sulle sue divisioni politiche sempre più laceranti. Reisz da questo spunto lavora su un profilo apparentemente basso, ma che restituisce i sintomi di un malessere più generale.

Abel è uno studente alle prese con l’esame di maturità. È innamorato della sua compagna di classe Janka, ma lei in realtà è innamorata del professore Jacob. La famiglia di Abel è una famiglia conservatrice e Abel il giorno dell’esame oltre a non rispondere alle domande di storia non risponde su un’altra questione, ovvero perché sulla sua giacca vi sia appuntata una coccarda con i colori nazionali. È questo il cuore del dissidio che si manifesta. La coccarda che prima si indossava nel giorno della festa nazionale per orgoglio di appartenenza, nel tempo è diventato il simbolo di sostegno al potere e chi non la indossa è un oppositore. Abel viene bocciato ma il suo diventa un caso nazionale e di cronaca proprio per quella coccarda appuntata sul suo vestito.

L’aspetto più interessante di un film che non disdegna affatto l’idea di diventare cronaca giornaliera dei circa dieci giorni del suo protagonista, scandendone, anzi, il loro scorrere, è quello di avere costruito attorno a questa storia non particolarmente affascinante, né dotata di una potenza narrativa, una struttura del racconto che lavora incessantemente nella direzione di una routine giornaliera, di piccoli pezzi di vita, di solitudini improvvise, delusioni e piccole gioie. Il film diventa una cronaca molto dettagliata e molto intima di Abel, un bravissimo Gáspár Adonyi-Walsh, riuscendo a fare emergere i lati oscuri e anche più segreti della sua incipiente gioventù piena di incertezze e di errori di prospettiva. Il titolo, che in italiano suona “Una spiegazione per tutto”, sembra essere stato pensato per aggiustare ogni dissidio, ma il film, labirintico e pieno di possibili derive narrative, sa invece spiegare e fare emergere da questa storia minima e apparentemente trascurabile, la punta sommersa dell’iceberg che la frattura politica che si vive in Ungheria. Il professore Jakob liberale e oppositore del regime dà volto e voce a questa silenziosa opposizione, ma nel frattempo si consuma anche l’adolescenza di Abel eternamente incerto per i fatti che invece non possono essere spiegati e che appaiono irrisolvibili.

In definitiva Explanation for Everything non è un esperimento, ma vive su una struttura molto solida e ragionata, che per questo lascia una sua impronta ben definita, dotato come è di un suo carattere, preciso, deciso e per nulla comune nel suo rifuggire la banalità del quotidiano, e il cui racconto è arricchito da quella frattura politica alla quale il film sa guardare con occhio percependo i suoi invisibili mutamenti.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.6
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Il voto dei lettori
4.5 (2 voti)
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