Fabrizio De André – Principe libero, di Luca Facchini

Concentrarsi sulle vicende personali del cantautore è rischioso e il film non riesce a staccarsi da dinamiche televisive. Con più sentimentalismi che poesia. Oggi e domani in sala, a febbraio in tv

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Se posso permettermi il lusso del termine, da un punto di vista ideologico sono sicuramente anarchico. Sono uno che pensa di essere abbastanza civile da riuscire a governarsi per conto proprio.

Dai produttori de La meglio gioventù (Angelo Barbagallo con la sua Bibi Film,  insieme a Rai Fiction) arriva Principe Libero, biopic sulla vita di Fabrizio De André, conosciuto anche con l’appellativo di Faber. A interpretare il cantautore genovese, Luca Marinelli accanto a Elena Radonicich e Valentina Bellé, nei panni delle due donne più importanti della sua vita, Enrica Rignon e Dori Ghezzi. Pensato come film per la tv (13 e 14 febbraio su Rai 1Fabrizio De André – Principe libero viene presentato come evento speciale al cinema il 23 e 24 gennaio. Secondo lungometraggio di Luca Facchini (dopo A Farewall to Beat, documentario su Fernanda Pivano) Il Principe Libero si concentra principalmente sui rapporti personali del cantante, partendo da quello conflittuale ma di amore profondo con il padre, Giuseppe De André (Ennio Fantastichini).

Nell’attesa dell’uscita, molti si sono chiesti come sarebbe stato il giovane attore romano nei panni di un personaggio-chiave per la storia della musica italiana (e per l’Italia), le cui canzoni e idee politiche procedono di pari passo senza che il pubblico avverta mai questa volontà, che è imprescindibilmente poetica e politica allo stesso tempo. Nella scelta di non imitare, Luca Marinelli restituisce un ottimo Faber, e le canzoni stesse sono interpretazioni di ottimo livello e non meri rifacimenti. Marinelli sceglie l’unica strada possibile per un attore degno di questo appellativo, ossia una personale visione del personaggio.

E fin qui tutto bene. Ma Fabrizio De André – Principe libero non regge fino in fondo e non tiene il tempo, soprattutto quando lo si scardina dal suo formato televisivo, con l’idea di uscire al cinema come evento speciale. Al contrario de La meglio gioventù, della durata complessiva di 360 min (distribuiti nel 2003 in 4 puntate trasmesse in Rai), in Fabrizio De André – Principe libero l’intento degli sceneggiatori (Giordano Meacci e Francesca Serafini) è quello di esplorare le vicende personali del cantautore e non di raccontare il Paese.

Questa scelta complessa viene veicolata purtroppo attraverso l’usuale canone televisivo italiano, e finisce per inserirsi immediatamente nelle dinamiche, formali e narrative, del nostro piccolo schermo, che seppur meglio strutturate rispetto a molte fiction, non sfuggono al consueto rischio di appiattimento da prime time.

Così Marinelli a cui scappa un leggero accento romano è sicuramente il problema minore. Quante volte per altro abbiamo assistito a strane commistioni linguistiche nella maggior parte delle fiction italiane, Rai o Mediaset che fossero?

La scelta di incentrarsi sui rapporti con Puni e Dori Ghezzi non riesce ad elevare il racconto su un piano più ampio, come quello dell’amore, risolutivo e fondamentale in tutta la poetica di De André. Così  invece di perdersi nella vita dell’autore e nella sua opera (vera raccolta di poesieIl Principe Libero si fossilizza su sentimenti e sentimentalismi; lo spettatore non avverte il desiderio, la bellezza delle parole né tanto meno l’impulso verso la libertà, che ben descrivono quel grande uomo che è stato Fabrizio De André.

Regia: Luca Facchini
Interpreti: Luca Marinelli, Valentina Bellè, Elena Radonicich, Davide Iacopini, Gianluca Gobbi, Ennio Fantastichini
Distribuzione: Nexo Digital
Durata: 200′
Origine: Italia, 2018

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    3 commenti

    • L’ho seguito col massimo interesse essendo da sempre un grande seguace di Fabrizio De Andre’. Devo però, purtroppo, rimarcare una pessima regia, specie all’inizio, nel senso della cronologia degli eventi trasmessi, molto tendenti a portare lo spettatore ad una grande confusione. A questo si aggiunga una pessima registrazione audio. Molte frasi non le ho capire!!! Suggerisco al regista (non so chi sia, non l’ho letto) di cambiare mestiere!!!

    • Concludo col dire che un regista degno di tal nome deve essere in grado di mettere lo spettatore in grado di comprendere perfettamente il messaggio che il film/documento stesso vuole trasmettere senza che si abbia cultura alcuna in merito all’argomento trattato. NB: raramente le regie di film documentari che non hanno una sequenza cronologica logica risultano chiari alla comprensione dei più!!!

    • Il difetto maggiore del film è quello di avere voluto fare solo una storia illustrata della vita di De Andrè trascrando del tutto il profilo artistico, quasi fosse un dettaglio.