Flaminia, di Michela Giraud

La stand up comedian, al suo esordio alla regia, parte dal suo privato per raccontare un rapporto di sorellanza complesso, che mostra i limiti di una comicità stereotipata ma anche un grande cuore

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A partire dall’intro di Flaminia, è chiaro fin dall’inizio quali sono stati i riferimenti di Michela Giraud per il suo esordio alla regia. E mette subito le mani avanti: questo sarà l’ennesimo film su Roma Nord, con tutti gli stereotipi che si porta dietro, tra biondissime e magrissime proprietarie di cani trattati come pargoli, mogli e figlie di ricchi avvocati e notai tifosi della Lazio. Con l’avanzare del film però diventa sempre più evidente che Giraud mira piuttosto al cinema esploso del Pietro Castellitto de I predatori ma soprattutto di Enea (che non a caso Giraud cita in apertura di puntata da Tinti e Rapone e con il quale è stata co-protagonista di una serata romana dall’inequivocabile titolo “Il mio Vietnam”), che dissacra il modello di famiglia borghese (ma gioca molto meno al massacro coi canoni cinematografici).

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Flaminia è innanzitutto l’espansione dello speciale Netflix di Michela Giraud, La verità, lo giuro!, uscito sulla piattaforma streaming nel 2022, registrazione dello spettacolo omonimo. Un monologo intimo, autobiografico, in cui la stand up comedian racconta, tra i vari aneddoti dell’infanzia, anche del rapporto con la sorella maggiore Cristina, nello spettro autistico. Nel film Giraud-Flaminia è un’assistente alla cattedra di Diritto Civile all’ Università La Sapienza di Roma in procinto di sposarsi, figlia di un arricchito chirurgo estetico e di una madre che punta alla scalata sociale attraverso il matrimonio della ragazza con l’erede cocainomane di una famiglia bene di Roma Nord. Fino all’arrivo della sorella Ludovica, cacciata dalla comunità dove risiede per aver dato fuoco a un materasso, che si rivelerà un elemento tanto disturbante quanto prezioso per svelare ipocrisie e false promesse di vite perfette. L’urgenza dietro al racconto di un rapporto di sorellanza complesso si fa presto sentire, ed è una necessità esposta senza fronzoli, con sincerità, frutto di una volontà di riappropriarsi della propria storia e della propria vulnerabilità, elementi questi attorno ai quali ruota tutto il film, pur con i suoi limiti.

Perché se è pur vero che Giraud si presta al cinema con grande onestà, a commuovere è la consapevolezza di un retroscena privato più che lo scorrere del film sullo schermo, e a far divertire sono poche trovate sparse qua e là (il dialogo con Saverio Raimondo sottotitolato coi veri pensieri dei due, ad esempio). Se il conflitto tra Flaminia e Ludovica si esaurisce velocemente, gli effetti liberatori di questo rapporto ritrovato e rivendicato si risolvono con troppa fretta. Dopo Romantiche di Pilar Fogliati, vero faro per il film di Giraud, e Gloria! di Margherita Vicario, Flaminia sembra un rinnovato tentativo di nutrire il nascente panorama del cinema al femminile che sta lanciando giovani registe esordienti. Ma a fronte di un’attenzione ironica e sensibile con cui Rita Abela ha restituito Ludovica, non basta la presenza di facce note della stand up e del panorama comico italiano, come il già citato Raimondo, e poi Tinti, Rapone, uno straordinario Fabrizio Colica, né grandi nomi del cinema come Antonello Fassari, Andrea Purgatori (alla sua ultima apparizione prima della scomparsa), Lucrezia Lante della Rovere, Nina Soldano o Ludovica Bizzaglia. Viene da pensare allora che un certo tipo di comicità, basata sui cliché, sulle maschere, per funzionare possa essere appannaggio dei soli reel che compaiono randomicamente sui social (e chi ad oggi li sa raccontare meglio di Marta Filippi, la Signora di Roma Nord?). Certo, Flaminia ha davvero un cuore grande così. E non è possibile rimanere indifferenti.

Regia: Michela Giraud
Interpreti: Michela Giraud, Rita Abela, Antonello Fassari, Nina Soldano, Edoardo Purgatori, Catherine Bertoni De Laet, Ludovica Bizzaglia, Francesca Valtorta, Fabrizio Colica, Lucrezia Lante della Rovere, Andrea Purgatori, Saverio Raimondo, Stefano Rapone, Daniele Tinti
Distribuzione: Vision Distribution
Durata: 98′
Origine: Italia, 2024

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.8
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Il voto dei lettori
3.47 (15 voti)

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