Il corpo, la memoria. "Mia sorella Maria", di Maximilian Schell

Dalla rassegna “Nuovo Cinema Austria” un omaggio appassionato a Maria Schell, protagonista delle scene cinematografiche negli anni Cinquanta.

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"Nuovo Cinema Austria", rassegna organizzata a Roma dal Forum Austriaco di Cultura, cerca di rispondere all'accresciuto interesse che il pubblico ha mostrato per il cinema austriaco – grazie alle produzioni recentemente premiate in Europa – e al desiderio di stimolare co-produzioni tra il nostro paese e quello d'oltralpe. Trovano posto nell'ambito della manifestazione, quindi, sia film come La Pianista di Michael Haneke o Canicola di Ulrich Seidl, sia film d'esordio come Mia stella, di Valeska Griesbach. Un contributo particolare è quello di Maximilian Schell, che onora il cinema austriaco – quantomeno quello "d'attore" – con il film Mia sorella Maria: omaggio appassionato a Maria Schell, una delle protagoniste delle scene cinematografiche a cavallo tra gli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta.

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Passa più di un quarto d'ora, prima di poter vedere il volto di Maria Schell. All'inizio del film, solo le sue mani manifestano, per analogia, i segni del tempo che il volto – il corpo – inevitabilmente ci riveleranno poco dopo. Maria Schell, "piccola anima": attrice adorata in patria, al tempo in cui recitava nei film di Siodmak, Clemènt, Visconti; idolo delle ragazze d'Austria, quando trionfava a Cannes e a Venezia, e quando portava con sé oltreoceano i loro sogni di gloria; eroina romantica, quando ritornava in Europa perché l'America era troppo invadente, troppo americana. Maximilian Schell, suo fratello, anch'egli attore di livello internazionale, che già si era cimentato dietro la macchina da presa negli anni Settanta, le ha dedicato un tributo d'amore; una testimonianza appassionata, dedicata a chi di Maria Schell non conosce neanche il nome, e a chi ne ricorda invece il bel sorriso o le lacrime vive dei melodrammi di cui era stata protagonista. Maria Schell, tanti film, applausi, premi, folle acclamanti, si è ritirata da tutto, e vive – sola – in una casa in montagna, nella Carinzia immacolata e spettacolare, cornice del tripudio della natura in terra d'Austria. Soprattutto, si è ritirata da un mondo reale che lei, attrice, forse non aveva mai conosciuto veramente; vive a contatto continuo con le immagini dei propri film, proiettate da tanti schermi televisivi sui quali esercita l'unica scelta consapevole: il potere elettronico del telecomando; ed abbraccia ancora Gary Cooper che le ridona la vista, discorre con Yul Brynner vestito da Dmitrij, balla con un triste Mastroianni che si innamora dei suoi capelli biondi, del suo sguardo da ragazza sconsolata. E se ne sta lì, davanti agli schermi, esiliata nella Sant'Elena della memoria.


Maximilian Schell fa della sorella un ritratto crudo, disincantato, resistendo (senza riuscire a sopprimerle) alle tendenze agiografiche che il ricordo familiare – l'amore – porta con sé: con uno stile che alterna l'intervista al documentario e alla narrazione, realizza un montaggio che accosta ricostruzioni di vicende reali della vita di Maria con brani scelti dalle sue interpretazioni più famose. La riprende in primo, poi in primissimo piano, quindi in dettaglio, e costringe lo spettatore – che diventa osservatore compassionevole, quasi un familiare – a confrontare le rughe che segnano il viso della donna con le lacrime che, nei primi piani delle scene di maggior intensità, di-segnavano le sue guance, quando era poco più che ventenne. Schell racconta così un doppio corto circuito, nel quale il film – che prende forma dall'associazione tra documento e invenzione di scena, tra realtà e finzione – rispecchia i processi mentali dell'attrice, che la mettono in condizione di confondere la vita concreta e l'immagine proiettata, l' essere e l' essere stato, il corpo e la memoria.


Su tutto, lo sguardo ancora trasognato della bella Maria, "piccola anima", cui i rigori del Tempo non hanno sottratto una luce dolce e malinconica assieme; uno sguardo che non può non vedere all'indietro, il fuoco fisso costantemente su uno schermo che proietta il passato. E' una malattia, quella di Maria Schell; una malattia per cui, come lei stessa dice nel film, "la finzione del cinema è più bella della vita di tutti i giorni."

 


Titolo originale: Meine Schwester Maria
Regia: Maximilian Schell
Sceneggiatura: Maximilian Schell, Gero von Bohem
Fotografia: Piotr Jaxa
Montaggio: Charlotte Müllner
Produzione: EPO Film, MFG Film, Dschoint Ventschr
Durata: 90'
Origine: Austria / Germania / Svizzera, 2002

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