Il MoMA e l’intelligenza artificiale

Sorprende l’acquisizione del MoMA di New York delle due opere di Cheng e Anadol, generate dall’IA, in un dibattito artistico sempre più controverso

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Il 25 agosto 2022 al tribunale del Distretto di Columbia, negli Stati Uniti, Stephan Thaler, scienziato informatico, fondatore della società di tecnologia di rete neutrale Imagination Engines, cita in giudizio l’Ufficio copyright, dopo che questo ha rifiutato di proteggere l’immagine di Thaler, intitolata A Recent Entrance to Paradise, poiché creata dichiaratamente con l’utilizzo dell’IA. La motivazione della Corte distrettuale è chiara, “l’opera deve essere il prodotto di una mente umana, non è questo il caso”.

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Una sentenza che va a stabilire i primi confini delle tutele legali per l’arte generata dall’IA, il cui utilizzo, sempre più frequente e ambiguo, da parte di autori internazionali, legati tanto all’arte moderna, quanto a quella cinematografica – e non solo – ha aperto a un panorama estremamente incerto, in costante equilibrio tra fragili questioni morali e irremovibili norme giuridiche.

Non sorprende dunque l’aumento costante del numero di cause intentate per violazione del diritto d’autore, destinato a crescere sempre più. Eppure, ad una distanza estremamente ravvicinata dalla ferrea sentenza del Procedimento Thaler, il MoMA di New York rimette al centro la questione, acquisendo nella sua collezione permanente nientemeno che due opere d’arte realizzate dall’IA.

Ian Cheng - 3face - Il MoMA e L’IA – La collezione che accetta il progresso

Ian Cheng – 3face – Il MoMA e L’IA – La collezione che accetta il progresso

Protagonisti di tale acquisizione sono l’americano Ian Cheng e il turco Refik Anadol, rispettivamente autori delle opere, 3FACE – Opera d’arte adattiva e Unsupervised – Machine Hallucinations – Opera d’arte generativa. Ogni 3FACE nasce come un demone energetico unico. Una volta ottenuto, 3FACE legge la cronologia delle transazioni pubbliche del tuo portafoglio e deduce i tratti della tua personalità, per poi cominciare ad adattarsi a te. La creazione di Anadol invece, attraverso uno schermo 10×10 metri, interpreta e sintetizza nuove immagini ispirate alla collezione esistente del museo, le quali segnano un momento di svolta assoluto per il mondo dell’arte, integrando il digitale al tradizionale, seppur non attualmente protetto dalle medesime garanzie autoriali e giuridiche.

Grazie alla sua crescente popolarità e al notevole pubblico attratto, la mostra è destinata a far parlare di sé, considerata la natura ibrida delle due opere IA firmate da Cheng e Anadol, le quali hanno attirato fin da subito recensioni contrastanti e forti critiche.

Ci troviamo di fronte ad una rivoluzione totale del concetto artistico finalmente compreso dal sistema istituzionale, così come dai maggiori ricettori d’arte nel mondo? È probabile che sia così, eppure gli equilibri restano ancora fragili.

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