"Il vento fa il suo giro", di Giorgio Diritti

 

Ambiziosa parabola imbastita sulle idee opposte di Chiusura e Integrazione: il film cresce dentro un piccolo mondo antico contro cui finirà con lo scontrarsi un nucleo familiare estraneo, troppo “anarchico” per adattarsi e dunque, in ultima analisi, respinto

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La spinta alla miniaturizzazione che da qualche tempo sembra attraversare certo cinema italiano non sembra conoscere freni. Cinema fatto di piccole storie, piccoli spazi, minuscoli personaggi: intrecci domestici che scorrono via placidi, visioni appena sussurrate e scaldate dal pallore di sentimenti innocui.

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Il vento fa il suo giro – già a partire dalla cornice ambientale fa registrare un ulteriore restringimento: dalle consuete province meccaniche ci si trasferisce in una striminzita comunità occitana delle Alpi Orientali. Modesto campionario di un’umanità remota stravolta dall’arrivo imprevisto di una famigliola francese. 

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Si tratta di un’ambiziosa parabola imbastita sulle idee opposte di Chiusura e Integrazione: il film cresce dentro un piccolo mondo antico contro cui finirà con lo scontrarsi – dopo l’accoglienza iniziale ed alcuni equivoci di percorso – il nucleo familiare straniero, troppo “anarchico” per adattarsi e dunque, in ultima analisi, respinto. Un universo bonsai compiaciutamente tagliato fuori e amministrato dalle logiche ferree di una morale spietatamente arcaica, egoista fino alla lotta, ostinatamente cieca.

Diritti sincronizza i tempi del film al ritmo assorto e immutabile del paesino montano: la sua regia indugia tra i viottoli gelidi e le mura innevate ricavando – dall’intrecciarsi di pochi punti-cardine – uno spazio frantumato e conteso.

Uno spazio a due dimensioni delimitato – in alto – dal profilo mastodontico dei monti e – in basso – dalle linee scavate dei volti degli abitanti.  In questo senso l’esordiente regista sembra fare un uso particolarmente western dello spazio: alterna simmetricamente campi lunghi e primissimi piani, spostandosi dalla leggerezza vacua delle grandi aperture al dettaglio di facce che, pesanti e impassibili, resistono al tempo.

Pur lasciando filtrare tracce di un talento esperto Il vento fa il suo giro  risulta comunque fin troppo schiacciato su un trend autoriale che – celebrando per riflesso condizionato ambientazioni scarnificate ed ambigui contenutismi – vi sacrifica l’attenzione per alcuni basilari meccanismi del racconto. Controprova ne è la palese disomogeneità espressiva del film: la storia passa schizofrenicamente da alcune ingiustificate sequenze brillanti da commediola etnica ad episodi più duri e sofferti, fino ad un finale-denuncia giocato addririttura in chiave tragica. Sembra quasi che Diritti non riesca a controllare con la giusta dose di fermezza una storia fornita di vita propria: un racconto pensato per essere drammaticamente impegnato che però – saltellando da un registro all’altro – diventa, alla fine dei giochi, semplicemente isterico.

 

Regia: Giorgio Diritti

Interpreti: Thierry Toscan, Alessandra Agosti, Dario Anghilante, Giovanni Foresti

Durata: 110’

Origine: Italia, 2005

 

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