Joika. A un passo dal sogno, di James Napier Robertson

Tratto da una storia vera, racconta l’incredibile esperienza della prima ballerina americana al Bolshoi di Mosca. Malgrado qualche caduta, è dinamico e offre spunti di riflessione.

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Joy Womack è la prima ballerina americana ad essere ammessa all’accademia del Bolshoi a Mosca. Le origini della ragazza sono il centro nevralgico del racconto del regista neozelandese James Napier Robertson: “balli come un’americana”, le dicono per scoraggiarla; saranno proprio le sue radici a impedirle un’occasione straordinaria. Si tratta di un razzismo che non siamo abituati a vedere: quello contro una ragazza di pelle bianca dagli occhi azzurri. Non possiamo però definirlo razzismo, se scompare dietro il rito del matrimonio…

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Il tema dell’individualismo in Joika. A un passo dal sogno sembra descrivere sempre più fedelmente l’attuale generazione: vediamo delle ragazze devastate, strangolate da una competizione violenta, senza pietà. La magrezza è un tratto distintivo dell’arte del balletto; c’è chi non mangia e, nei bagni dell’accademia, c’è sempre chi rigetta il cibo.

È tratto da una storia vera e si ispira infatti ad un documentario del 2021, Joy Womack: The White Swan ma è difficile non pensare a Il cigno nero, film che ha rilanciato l’universo del balletto. Ci sono dei movimenti di macchina che ci riportano su quel palco del New York City Ballet (la macchina da presa segue le piroette della ballerina, girando su sé stessa finché le luci e i colori non si confondono). E vengono in mente altri lungometraggi polacchi quando si tratta di colore (pensiamo alla filmografia di Małgorzata Szumowska) – il mondo è grigio e desaturato, finché i tutù ed il palco non illuminano la scena, creando una vera esplosione di colore. Joika. A un passo dal sogno parte così – subito dopo le finte immagini di repertorio dove vediamo una piccola Joy ballare ed essere intervistata – un fucsia sgargiante, unico elemento cromatico nell’ambiente livido dove Joy si è confinata.

È un inizio che ricorda l’apertura di The Dark Horse, secondo lungometraggio del regista, anch’esso tratto da un documentario (la coperta con la quale il protagonista si copre è un agglomerato di colore che crea un forte contrasto con il mondo circostante).

Diversamente dal caso Nureyev, dove l’Europa è la terra che accoglie il talento del ballerino, Joy rinuncia a quell’ideale di libertà professato dagli americani per andare incontro al suo destino – poco importa dover imparare una lingua slava e sentirsi rifiutata per le sue radici. La “storia vera” si nutre, però, di una visione del presente, strettamente antirussa e politica. Joy Womack ha scelto di diventare russa, è restata a Mosca anche dopo essere stata rifiutata dal Bolshoi. Certamente si tratta di un film politico, che non nasconde dichiarazioni forti: Natal’ja Osipova, star del balletto russo (che vive da tempo a Londra) incarna sé stessa, come vera e propria testimone di un mondo che funziona in un certo modo; nel cast troviamo anche Oleg Ivenko (interprete protagonista in Nureyev), il cui ruolo assume una valenza simbolica. Diane Kruger è fredda ma non è ghiacciata; la sua performance è a tratti troppo misurata e non arriva a incarnare la cattiveria che dovrebbe contraddistinguere un personaggio così complesso. D’altro canto, la protagonista, Talia Ryder, come il personaggio che interpreta, si spinge fino allo stremo, riuscendo a tirare fuori una grinta fisica ed emotiva davvero notevole.

James Napier Robertson mostra, ancora una volta, un personaggio che ha un punto di vista incredibile sul mondo. Se prima il regista si era dedicato alla storia dei Maori, popolo che lotta per un’inclusione nella società, la vicenda di Joy Womack, una texana a Mosca, è un ulteriore tentativo per ricongiungere mondi frammentati. Questa volta lo fa, girando intorno alle contraddizioni politiche e sociali, con un film che, malgrado qualche caduta, non delude, è dinamico e offre spunti di riflessione.

Titolo originale: Joika
Regia: James Napier Robertson
Interpreti: Diane Kruger, Talia Ryder, Tomasz Kot, Oleg Ivenko, Karolina Gruszka, Borys Szyc, Natasha Alderslade, Martin Hugh Henley, Natalia Osipova
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 110′
Origine: USA, Nuova Zelanda, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
Sending
Il voto dei lettori
2.83 (6 voti)
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