La programmazione di Fuori Orario dal 9 al 15 gennaio

Su Fuori Orario la versione cinema di Fanny e Alexander, Tommaso di Abel Ferrara e omaggio al cinema brasiliano con Rua Aperana 52 di Bressane e Limite di Peixoto

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Domenica 9 gennaio dalle 2.15 alle 6.00

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Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

presenta

IO È UN ALTRO

autoritratti, memorie, sdoppiamenti (10)

a cura di Fulvio Baglivi, Lorenzo Esposito, Simona Fina, Roberto Turigliatto

FANNY E ALEXANDER                                     

(Fanny och Alexander, Svezia-Francia-Germania, 1982, col., dur., 182’, versione italiana)

Regia: Ingmar Bergman

Con: Pernilla Allwin, Bertil Guve, Börje Ahlsted, Ewa Fröling, Erland Josephson, Allan Edwall, Jan Malmsjö, Käbi Laretei, Gunnar Björnstrand, Harriet Andersson, Stina Ekbad

Fuori Orario ha già  presentato la versione televisiva del film  (4 puntate della durata  della durata complessiva di 312)’, in questa notte  presenta la versione cinema.  

Summa e testamento (se non gli fosse seguito il mirabile Sarabanda, già trasmesso da Fuori Orario), Fanny e Alexander è anche un film autobiografico, un atto d’amore per l’arte della rappresentazione (lanterna magica, marionette, magia, cinema e teatro sono in fondo la stessa cosa) alla quale Bergman ha dedicato tutta la sua vita d’artista.

Nel 1907, in una città della provincia svedese, l’agiata famiglia borghese degli Ekdahl festeggia il Natale in casa di nonna Helena. La famiglia, ma più in generale il mondo intero, sono osservati con gli occhi innocenti e visionari dei due bambini Fanny e Alexander, figli del direttore del teatro locale Oscar. Alle vicende di Fanny e Alexander si intrecciano quelle personali degli zii Gustav Adolf e Carl.  Quando la malattia porta alla morte Oscar, la madre di Fanny e Alexander, Emilie, trova conforto nella religione e finirà per sposare il pastore protestante Vergérus. La vita dei due bambini subisce un grande e brusco cambiamento, dalla dimora sontuosa e ricca di giochi dovranno adattarsi alla rigidità e all’austerità della canonica e conosceranno la durezza di un mondo crudele…    Alla fine del film la nonna Helena ha di nuovo finalmente tra le braccia l’adorato nipotino Alexander, e legge per lui le parole de Il sogno di August Strindberg: «Tutto può accadere, tutto è possibile e verosimile. Il tempo e lo spazio non esistono. Su una base insignificante di realtà l’immaginazione fila e tesse nuovi disegni».

 

Venerdì 14 gennaio dalle 1.10 alle 6.00

IO È UN ALTRO

autoritratti, memorie, sdoppiamenti (11)

a cura di Fulvio Baglivi, Lorenzo Esposito, Simona Fina, Roberto Turigliatto

RUA APERANA 52                                 PRIMA VISIONE TV

(Id. Brasile, 2012, b/n e col., dur., 81′, v. o. sott., it.)

Regia: Julio Bressane

Rua Aperana 52,  presentato in prima mondiale  al  festival di Rotterdam,è  il frutto di un lavoro di montaggio di energia e raffinatezza estreme, sorprendente ed emozionante, in cui Julio Bressane non solo utilizza diverse fotografie scattate tra il 1909 e il 1955 (il padre, la madre, lui bambino, la casa di rua Aperana 52), ma rimonta estratti di 25 film – intere sequenze o brevissimi frammenti – per lo più girati negli stessi luoghi (la strada, la montagna dei  Dois Irmães, l’oceano Atlantico con le sue isole all’orizzonte), nel corso di oltre cinquant’anni: dai film di apprendistato del giovane Julio con la macchina 16 mm. regalataglidalla madre nel 1958-1959, fino a Erva do Rato, del 2009,  comprese immagini  ancora mai mostrate (da A Fada do Oriente, girato in Marocco nel 1972, e da Viagem através  do Brasil col viaggio in Afghanistan del 1973). È forse la prima volta che un cineasta pratica un lavoro così ampio, preciso e fotogrammatico sul corpo dei suoi stessi film, un’operazione di “spostamento” che per forza inconscia si fa forma del pensiero, fantasmagoria della luce, fantasia musicale. La strada a serpentina che sale lungo la montagna (figura barocca vista e rivista innumerevoli volte in un gioco di ripetizione che entra in risonanza con il modo di avanzare del film stesso e con l’intera filmografia del regista ), nella sua a scesa al settimo cielo ci porta lontano, verso l’infinito,  oltre l’infinito. “invenzione del paesaggio”di questo film,  in cui agisce  ancora una volta quella “forza aborigena del cinema” che in Bressane è anche Atlas della memoria, memoria della storia e memoria della preistoria. (Roberto Turigliatto)

“L’ho pensato come un geo-film, una topografia, la geografia di un luogo. Un luogo non molto vasto ma molto ricco come paesaggio. È un paesaggio che possiede in sé la forza dei quattro elementi, pieno d’acqua, d’aria, di fuoco e di terra. E anche il paesaggio di un grande passato, di un grande segno preistorico. È sempre questo, secondo me, il grande tesoro culturale dell’America, il mondo prima del XVI secolo. Questo luogo di dimensioni limitate, questa piccola geografia, appartiene a questo mondo, contiene in sé tutta questa ricchezza, questo tesoro che oggi viene dimenticato e perfino nascosto alla nostra esistenza(…) Tutto è autobiografia, conosciamo bene questa mitologia. Ma questo film non ha nulla di autobiografico per quanto riguarda la costruzione della forma. Le fotografie sono quelle dei miei genitori, di me bambino; ma si tratta di qualcosa che può essere sensibile soltanto per chi mi conosce. Gli altri non possono sapere se si tratta di me o di un altro bambino. Naturalmente ci sono i sentimenti, le sensazioni, le passioni: tutte cose presenti in quelle immagini. Ma per quanto riguarda il montaggio ho lavorato sull’idea della costruzione del paesaggio: è questa la cosa importante in queste immagini. (…) Per me questo film rivestiva una grande importanza soprattutto per un’idea di montaggio, il montaggio come forma di pensiero. Ho “spostato” molti miei film precedenti, utilizzandone delle parti, ma tutti questi film sono stati “dati” a un altro film, forgiati in un altro film. Questo film non ha nulla di autobiografico o personale, è semmai un biografema, nel senso di Roland Barthes, ovvero il biografico al di là della biografia”. (Julio Bressane)

LIMITE                                                  

(Brasile, 1931, b/n., dur., 114’, muto)

Regia, sceneggiatura, montaggio, produzione: Mario Peixoto

Con: Olga Breno, Taciana Rey, Raul Schnoor,  Brutus Pedreira

Limite è il grande classico, il capolavoro del cinema brasiliano, restaurato in anni recenti dalla Film Foundation di Martin Scorsese. Nato nel 1908, tre anni dopo Jean Vigo, Mario Peixoto ha realizzato Limite a poco più di vent’anni, poco prima in un a viaggio a Parigi era venuto a conoscenza dell’avanguardia francese.

Un uomo e due donne alla deriva in una barca nell’oceano. I naufraghi hanno smesso di remare e sembrano rassegnati al loro destino. Uno dopo l’altro i tre raccontano la loro storia. Alla fine l’acqua penetra nella barca. Si scatena una tempesta. Nel mare calmo che ritorna c’è solo la prima donna appesa a un relitto. Lentamente l’immagine si dissolve in un mare di luce.

«Limite radicalizza la formula di Gance: il cinema è la musica della luce. Un film geniale, che è nella tradizione dei film dell’avanguardia europea, ma che la supera di molto in modo selvaggio, la macchina da presa è di una secchezza, di un brutalismo sconvolgente». (Julio Bressane).

“Nel 1930 abbiamo Limite di Mario Peixoto. Inaugura una mentalità diversa e nuova. Dico che Limite è una mentalità nuova perché è già, da noi, arte allusiva, parodica o con la consapevolezza del passato del cinema. È già cinema del cinema, implica la creazione e ricreazione dell’immagine nel film cinematografico”. (Julio Bressane)

MATERIALE PER HELLAS    

(Italia, 2012, col., dur., 40’)

Tonino De Bernardi attraversa da decenni la penisola ellenica e le isole dell’Egeo; la Grecia, dal canto suo, intesa nel senso ampio e materiale di mito, è presente in tanto del suo cinema: incarnata citata evocata filmata… Questi materiali non montati sono l’ennesimo capitolo del film/vita Tonino De Bernardi, come sempre già “passati e presenti” (angeli) in altri momenti/film ed altrettanto già proiettati nei film prossimi/futuri

 

Sabato 15 gennaio dalle 1.45 alle 6.30

presenta

IO È UN ALTRO

autoritratti, memorie, sdoppiamenti (12)

a cura di Fulvio Baglivi, Lorenzo Esposito, Simona Fina, Roberto Turigliatto

NON C’E’(RA) NESSUNA DARK SIDE               PRIMA VISIONE TV

(Italia, 2007-2021, col., e b/n, dur., 47’)

Di: Erik Negro

Montaggio: Erik Negro e Barbara Elese

Una “pezzo” del film Non c’è Nessuna Dark Side rimontato da Erik Negro e Barbara Elese apposta per il nostro ciclo Io è un altro.

Una scheggia dello straordinario lavoro che il nostro amico Erik ha (s)composto in 12 anni, tra il 2007 e il 2019, che è stato presentato nel 2019 a Festival di Pesaro e poi a Rotterdam.

Smontare (e rimontare) un “giocattolo” del genere ti obbliga a riguardarlo quasi come fosse una creatura estranea. Come sfogliare pagine casuali della biografia di una vita che non conosci anche se è tua, cercando un filo che possa idealmente legarle.

Scorrendo questo libro di impressioni alla ricerca di un’essenza sempre più distante e forse ormai così collettiva“. (Erik e Barbara)

GELOSI E TRANQUILLI

(Episodio del film Provvisorio quasi d’amore, Italia, 1988, col., dur.,17’)

Regia: Enrico Ghezzi

Con: Enrico Ghezzi, Simona Buonaiuto, David Riondino

“Corto lewisiano interpretato e diretto da Enrico Ghezzi con tutti i tic del suo corpo”. Con queste poche parole Marco Melani descriveva l’unico film in pellicola di Enrico, parte di un film collettivo con sette cortometraggi di registi allora più o meno esordienti, tra cui Bruno Bigoni, Silvio Soldini, Kiko Stella.

TOMMASO                              

(Italia, USA, Grecia, 2019, col., dur., 115′, v.o. sott., it.)

Regia: Abel Ferrara

Con Willem Dafoe, Cristina Chiriac, Anna Ferrara, Stella Mastrantonio, Alessandro Prato

Con la prima visione TV di Tommaso, “Fuori Orario” presenta uno dei film più personali di Abel Ferrara. In prima mondiale al 72esimo Festival di Cannes nella sezione “Special Screenings”, Tommaso si è imposto come tassello fondamentale nella filmografia del regista americano.

Girato low budget a Roma e interpretato da un ispiratissimo Willem Defoe, il film segue i giorni e le notti di Tommaso, ormai sobrio da sei anni, che ha abbandonato la sua carriera di regista negli Stati Uniti e si è stabilito in Italia con la moglie Nikki (Christina Chiriac) e la piccola Deedee (Anna Ferrara). Tommaso prende lezioni d’italiano, pensa a una nuova sceneggiatura, partecipa a terapie di gruppo e a laboratori di teatro sperimentale. Eppure questa routine mostra delle crepe, dei segni di squilibrio che coinvolgono le strade vuote della città ed evocano l’arrivo di una nuova tempesta.

Molto si è detto sull’origine autobiografica di questo film. Si è parlato di autofiction. Willem Defoe è l’alter ego di Ferrara? La moglie e la figlia di Tommaso sono la moglie e la figlia del regista nella realtà, e il film è girato nella casa e nella città dove Ferrara realmente vive. Ma è anche vero che Tommaso, nel radicare la qualità fantastica della realtà nella finzione, si collega a un discorso che Abel Ferrara ha cominciato in 4:44 Last Day on Earth (sempre Defoe protagonista), e la narrazione autoriflessiva sembra piuttosto avere un’eco felliniana (nel film Tommaso ricorda il tentativo fallito di girare un sequel de La dolce vita a Miami).

Abel Ferrara lo spiega così: “Io mi perdo in Tommaso. Willem [Dafoe] è seduto proprio accanto a me, io conosco Willem, ma non importa. È seduto proprio lì, ma io mi ci perdo dentro. E poi comincio a portare me stesso nel film, cosa che credo sia un po’ folle qui visto che inizia da elementi di vita davvero miei, ma in realtà Tommaso diventa un personaggio per me. Lui non è me. Lui è un personaggio, come tutti i personaggi che creiamo”.

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