La sedia, di Gianluca Vassallo

Interessante opera nella Sardegna arsa dal sole. Un uomo vuole risposte ai suoi interrogativi esistenziali, dopo la scomparsa del padre e aver ereditato una sedia e una pistola

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Un uomo parla al telefono. Iin soggettiva si vedono mani muoversi nervosamente e una ceneriera colma di mozziconi. Gli viene comunicato il testamento del padre, da poco scomparso. Una sedia e una pistola. La sedia per il fratello Andrea, che non vede da tanto tempo, la pistola per lui, Pietro. Altra soggettiva in macchina a raggiungere il “centro” della scena: vasti territori disabitati e sospesi nel tempo. Fuma tanto Pietro e sulla sua scrivania c’è Engels a “rinfrancare” un uomo senza Dio e senza famiglia. Pietro attraverserà la Sardegna arsa dal sole e arriverà anche al mare con la sua sedia oggetto transizionale. Incontrerà personaggi di ogni tipo, quasi come fosse una via crucis, per la ricerca di una verità, se perseguire la rivoluzione o la risurrezione. D’altronde la complessità di questa ricerca si accomoda sulla semplicità di uno oggetto, che trasmette valori di praticità, solidità, robustezza, economicità. Ad un certo punto della vita si arriva alla consapevolezza di sé, quantomeno ci si avvicina parecchio.

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Qual è il nostro ruolo nel mondo? Qual è l’eredità morale che ognuno di noi riceve, magari presentatasi sotto mentite spoglie di una sedia e una pistola. Il rebus andrebbe seguito e districato, perché in effetti l’urgenza di raccontare una storia, quel disagio, sono davvero forti e presenti per tutto il film. Si sente pressante la volontà in questa opera di soverchiare il destino, le strette maglie della convenzionalità. La sedia è certamente un’opera coraggiosa perché non teme il confronto con il cinema del non sense, il cinema del vagare e vagheggiare in un sogno ad occhi aperti, attraversando il surreale per sconfinare nel grottesco. Un’ode all’errante significato profondo della vita che a volte rischia di perdersi e incagliarsi nelle sovrastrutture intellettualistiche. Il regista Gianluca Vassallo però non da mai la sensazione di voler eccedere in manierismi chiusi in se stessi, anzi, anche quando insiste sulla soluzione tecnica del racconto “sincopato”, che gioca con la temporalità, sfalsando di uno scarto minimo il presente, tutto comunque sembra ritornare alla dovuta necessità espressiva.

Convincente, soprattutto nel confronto finale tra i due fratelli, anche se potrebbe dare la sensazione in generale di perdersi in contorti sentieri per il gusto dell’effetto della parola, più che altro. Lo sguardo però non tradisce quasi mai. Effettivamente belle sono alcune inquadrature, che accarezzano certamente un’impostazione teatrale, un piacere insito nel collocare gli oggetti nello spazio sempre per una funzione estatica. Infine, molto interessanti le musiche, in sintonia con la cadenza apologica del quotidiano. Anche tra le note non manca il piacere dell’ossimoro, del contrasto evidente, tra rock e free jazz, tra morbidezza e ruvidezza, poli opposti in cui questo cinema piace muoversi e trovare nutrimento.

Regia: Gianluca Vassallo
Interpreti: Michele Sarti, Renzo Cugis, Bianca Maria Lay, Giuseppe Boy, Noemi Medas, Tiziano Polese, Santiago Zarra, Tiziana Troja, Matteo Nicoletta, Andrea Sestini, Michela Sale Musio, Matteo Pastorino, Angelo Zedda
Distribuzione: NoClaps
Durata: 104′
Origine: Italia, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.3
Sending
Il voto dei lettori
3.17 (6 voti)
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