L’amore dimenticato, di Michal Gazda

Insegue il respiro dei grandi melò ma lo fa senza troppa convinzione, così si sfalda e si avviluppa nei cliché. E del film che sarebbe dovuto essere non rimangono che rapide, effimere illuminazioni

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È un cinema dal respiro antico, quello a cui fa capo L‘amore dimenticato, anche in termini di fonti. Quello di Michal Gazda è infatti il secondo remake di un classico del cinema polacco, tratto dal romanzo The Quack, di Tadeusz Dołęga-Mostowicz e già trasposto nel 1937 e nel 1981, un racconto esemplare teso tra Dumas e Dostojevski. Wilczur è infatti un abilissimo chirurgo nella Polonia dei primi del ‘900 che tuttavia, abbandonato da moglie e figlia cade vittima dell’alcool.

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Pestato da un gruppo di delinquenti, perde la memoria e ripara, vagabondo, in un villaggio della provincia. Dato per morto, privo di identità si reinventa medico tra i contadini quando, improvvisamente, decide di assecondare certi ricordi e si mette sulle tracce di Marysia, sua figlia.

Legatissimo alla sua anima “antiquaria”, L’amore dimenticato sembrerebbe voler ricostruire, aggiornandolo ai tempi, il respiro, la struttura del grande melò classico. Gazda lo considera quasi un fatto fisico, artigianale: affastella eventi, gioca con i toni del racconto, tra exploit da commedia e momenti introspettivi, si attarda sui volti degli attori, si prende il suo tempo per modellare obiettivi e tensioni interiori dei personaggi attraverso i dialoghi. Ma è un processo costantemente interrotto, che può contare su un cast pronto a mettersi in gioco (primo tra tutti, il protagonista Leszek Lichota, sul cui volto, sulle cui rughe, sembra scavarsi il peso emotivo di tutto il racconto) ma che finisce per bloccarsi in una forma che non riesce a liberarsi dei cliché, delle polverose rigidità del genere.

Il meglio che può fare è riscoprire l’attualità di certi temi della vicenda, mettere in primo piano la lotta di classe, la spinta femminista, ma forse nessuno crede troppo a questo grande melò, che fa sempre più fatica a spiccare il volo, a dare un peso specifico effettivo alle sue linee.

L'amore dimenticato

L’amore dimenticato è un film a suo modo paradossale che a fatica sostiene il passo da grande epica popolare e molto più a suo agio quando restringe il suo sguardo e si sofferma sulle microstorie che puntellano la sua epopea. Beninteso, non assesta mai colpi davvero rivoluzionari eppure è evidente che in certi frangenti, nelle dinamiche da rom com tra Marysia ed il giovane nobile di cui è innamorata, nella cura con cui segue i gesti sicuri delle mani di Wilczur mentre opera, nell’attenzione quasi etnografica con cui ricrea la quotidianità della Polonia contadina, il film si guardi attorno, respiri.

Si tratta, tuttavia, di un approccio che non può durare. Perché alla lunga il tessuto de L’amore dimenticato pare davvero sfaldarsi, rivelare quanto, in realtà, il film sia retto da due storyline sempre più indipendenti, che quasi si confrontano per il predominio dell’attenzione dello spettatore fino a rischiare di fagocitarsi vicendevolmente. Così può capitare che, sulla lunga distanza, la linea narrativa che regge meglio non è quella del carismatico chirurgo ma quella, umanissima, dell’amore impossibile tra Marysia ed il conte Czynski.

Il film probabilmente si accorge del suo passo diseguale quando è troppo tardi, in un epilogo da legal thriller che prova a ricucire gli strappi tra le due storie ma lo fa con poca convinzione, frettolosamente, quasi ci si volesse allontanare da uno spazio in cu non ci si trova più a proprio agio. Dietro di lui, il film lascia delle affascinanti ma effimere illuminazioni oltreché, inevitabilmente, la consapevolezza di come il melò, oggi, imponga un respiro, un polso ben diverso da quelli intravisti tra le sue immagini.

 

Titolo originale: Znachor
Regia: Michal Gazda

Interpreti: Leszek Lichota, Maria Kowalska, Ignacy Liss, Anna Szymanczyk, Izabela Kuna
Distribuzione: Netflix
Durata: 140’
Origine: Polonia, 2023

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Il voto dei lettori
3.77 (26 voti)
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