Burton racconta Burton
Mark Salisbury (a cura di)
In questo libro Tim Burton svela a Mark Salisbury il prezioso dietro le quinte del suo cinema: di come il tormento giovanile di non riuscire a comunicare con gli altri e il talento frustrato costretto a disegnare per la Disney Red e Toby nemiciamici siano diventati, in pochi anni, il nucleo del più visionario regista di Hollywood.
E questo in progetti molto personali come Edward mani di forbice o Big Fish, nella ricreazione della saga di Batman, nel caso di complessi remake come Il pianeta delle scimmie o La fabbrica di cioccolato, o come quando – Il mistero di Sleepy Hollow o Sweeney Todd lo testimoniano – si è confrontato con i classici e con il musical. Burton affronta ogni progetto, che sia un blockbuster milionario o un biopic come Ed Wood, instaurando una profonda relazione emotiva con i personaggi, da Vincent, il suo primo cortometraggio del 1982, alla reinvenzione di Alice. Nella sua filmografia cinema di genere e cinema d'autore convivono, e anzi talvolta si sovrappongono: fiabesco e gotico, disperazione e humour sono facce della stessa medaglia, quando non la stessa faccia.
Il suo essere così profondamente contemporaneo, ha trasformato Tim Burton in un marchio di fabbrica. Ricorda Salisbury: "Il termine burtoniano sta a indicare ormai qualunque regista che sia abbastanza cupo o eccentrico o contorto, o tutte le tre cose assieme".
Arricchito da foto di scena, illustrazioni e storyboard, Burton racconta Burton testimonia il genio visivo di un artista a tutto tondo, recentemente consacrato anche da una grandiosa mostra al Museum of Modern Art di New York.
[Kowalski Editore – pp. 368 € 20,00]
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Acting! Corso Trimestrale Recitazione Cinematografica, dal 4 marzo

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Hitchcock – il laboratorio dei brividi
Italo Moscati
Alfred Hitchcock, il maestro del brivido, il regista che continua a conquistare consensi e prestigio per la qualità dei suoi film e telefilm, in cui mostra e conferma il suo talento di autore, la sua grande forza d’inventore di spettacoli indimenticabili. Questo libro, a trent’anni dalla morte di Hitch – come viene chiamato dagli appassionati del suo cinema –, è un racconto-biografia, con rivelazioni sorprendenti, poco note, sugli anni di formazione, e un’analisi approfondita dei suoi lavori, anche quelli giovanili, nel grande scenario storico di una carriera cominciata ai tempi del muto. I suoi temi: il crimine, la paura, la colpa, le «bionde virginali», gli scontri e la collaborazione con famosi produttori di Hollywood, rivivono nel racconto. In cui si narra l’avventura di pellicole straordinarie e vitali, quali «Rebecca», «Io ti salverò», «Notorius», «Vertigo», «Psycho», «Gli uccelli», e diversi retroscena che rivelano gli aspetti di una personalità sensibile, esemplare nella ricerca artistica e nei percorsi più intimi, più profondi. Venata di un’ironia impertinente e sottile.
[Ediesse Editore – pp. 240 € 14,00]
Senso come rischio – 60 anni di Filmcritica

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LA SCUOLA DI DOCUMENTARIO di SENTIERI SELVAGGI

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Alessandro Cappabianca
Lorenzo Esposito
Bruno Roberti
Daniela Turco (a cura)
Di Filmcritica, tutto si può dire meno che i suoi 60 anni non siano percorsi da una pluralità di storie, tali che qualcuno potrebbe ritenere perfino in contrasto tra loro: Rossellini e Hollywood, Bresson e Hitchcock, il grande cinema sovietico e il grande cinema americano, Pasolini e Orson Welles, de Oliveira e Clint Eastwood, Straub/Huillet e Godard, Raoul Ruiz e Gitai, oppure anche il cinema mainstream e quello sperimentale. Coppie di opposti che non sono opposti, alla prova della scrittura e della sensibilità filmica. Contro il cattivo cinema, il cinema pretenzioso, contenutistico, mero veicolo di ideologismi. Come dice Godard, il cinema non è un’arte né una tecnica, ma un mistero. E il mistero implica il rischio. “Forse – come concludeva Emilio Garroni in Estetica –, il senso è il rischio che non possiamo non correre, di cogliere la sensatezza, mentre la conquistiamo”. Senso come rischio, quindi.
Testi di Deleuze, Garroni, Jameson, Lizzani, Montani, Matte Blanco, Nancy, Schrader ecc., che Filmcritica ha segnalato nel corso degli anni, e di cui ha caldeggiato, se del caso, la traduzione italiana, cercano di rispondere alle domande poste dai film, senza operare nessuna scissione tra cinema e pensiero, ma anzi esplicitando il carattere della filosofia come pensiero del cinema. Filmcritica ha sempre preferito assumere il rischio di una critica militante, esercitata sui film, senza troppi salvagenti teorici, nella convinzione che i film siano parte integrante e determinante della teoria stessa, che essi, anzi, possano contribuire a fondarla, più che riceverne legittimazione a posteriori.
[Le Mani Editore – pp. 264 € 18,00]
Il gotico padano – Dialogo con Pupi Avati
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KIM KI-DUK: LA MONOGRAFIA DEFINITIVA!

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Ruggero Adamovit
Claudio Bartolini
Cosa lega la tranquilla e solare Emilia-Romagna alle storie cupe e inquientanti messe in scena da Pupi Avati al ritmo cadenzato di ogni decennio?
È lo stesso cineasta a scandire, passo a passo con i contenuti presentati dagli autori, le tappe di un percorso misterioso che si addentra nei meandri del gotico, suo territorio cinematografico di elezione. Un viaggio che prende le mosse dalla fertile mentalità dei contadi emiliani e romagnoli, inesauribili fucine di paure e secolari tramiti di ataviche credenze e superstizioni. Dalle immobili e placide campagne assolate alle acquose propaggini del delta del Po, dagli umidi e ombrosi boschi dell’Appennino fino ai chiassosi lidi della riviera romagnola, il libro segue le linee tracciate dai territori di una regione da sempre sinonimo di serenità, apertura e divertimento, alla ricerca di quella crepa in cui la macchina da presa si inserisce, riportando a galla un terrore antico.
Con La casa dalle finestre che ridono, indiscusso cult movie, Avati inaugura il filone del gotico padano, trasfigurando i propri luoghi d’infanzia fino a renderli fabbriche di terrore, contenitori di ossessioni e raccapriccianti segreti.
Per continuare con le suggestioni che popolano opere di genere come Zeder, L’arcano incantatore e Il nascondiglio, provenienti dal passato prossimo e remoto vissuto in Emilia.
Il dialogo tra gli autori e il regista consente di comprendere a fondo le dinamiche filmiche e
narrative attraverso le quali Pupi Avati costruisce e veicola la paura, con una rara potenza destabilizzatrice che ancora oggi fa tremare il suo pubblico.
[Le Mani Editore – pp. 248 € 15,00]
Joseph Losey – Senza re, senza patria
Luciano De Giusti (a cura di)
Per il singolare tragitto esistenziale e artistico che ha compiuto, Joseph Losey (1909-1984) è un'originale figura di cineasta in equilibrio tra due mondi: quello americano della sua formazione e quello europeo, nel quale approda. Dopo le prove nell'ambito del cinema classico di genere, si afferma come uno degli autori della modernità, declinata in versatili forme di stile con le quali dà voce ai temi della sua poetica. Scostando il velo dell'oblio che lo ricopre, questo volume cerca di ripensarne il valore e la collocazione nella storia del cinema, mettendo in dialogo generazioni di giovani studiosi con figure storiche della critica che consacrarono Losey come uno dei maestri contemporanei. Dal confronto di metodi e prospettive scaturisce uno sguardo rinnovato sull'irriducibile vitalità di un'opera intrisa della passione del cineasta per il suo tempo.
Il volume contiene saggi e interventi di Denitza Bantcheva, Roberto Calabretto, Giorgio Cremonini, Lorenzo Cuccu, Masolino D'Amico, Maurizio Del Ministro, Goffredo Fofi, Colin Gardner, James Leahy, Dario Marchiori, Anna Masecchia, Simona Monizza, Angelo Moscariello, Fabio Pezzetti Tonion, Maurizio Porro, Federico Rossin, Rosamaria Salvatore, una testimonianza di Alain Delon, un dialogo con Michel Ciment e Pierre Rissient, una conversazione di Aldo Tassone con Joseph Losey.
Questo volume raccoglie gli Atti del convegno di studi tenutosi a Pordenone il 23 e 24 gennaio 2009 nell'ambito della XI Edizione di Lo sguardo dei maestri, a cura di Luciano De Giusti e Giorgio Tinazzi.
[Il Castoro – pp. 256 € 20,00]
Vita e morte dell’immagine – Una storia dello sguardo in Occidente
Régis Debray
Un imperatore cinese chiede al suo primo pittore di cancellare una cascata dipinta, perché lo scroscio dell’acqua non lo fa dormire. Leon Battista Alberti consiglia a chi non riesce a prendere sonno la contemplazione di dipinti raffiguranti fontane, fiumi e cascate: «L’acqua dipinta che disturbava il cinese calmava il toscano». Questi due casi eloquenti ci raccontano del potere misterioso delle immagini in tempi e luoghi diversi. Dal loro confronto prende le mosse l’affascinante indagine di Debray, impegnata a ricostruire una storia dell’immagine che sia insieme una “storia dello sguardo in Occidente”.
Servendosi degli strumenti della mediologia – in cui confluiscono storia dell’arte e delle tecniche, filosofia e scienza delle religioni, sociologia e storia delle idee –, in una prospettiva che unisce ciò che l’Occidente ha sempre separato (spirituale e materiale, soggetto e oggetto, essere e apparire, artisticità e tecnologia), Debray ripercorre la presenza dell’idolo, la rappresentazione dell’opera d’arte, fino alla simulazione dell’immagine digitale. La genealogia del nostro inconscio ottico, radicato nell’arcaica logosfera e sviluppatosi nella moderna grafosfera, ci mostra al contempo il nostro destino: la morte della società dello spettacolo e l’avvento, grazie alla rivoluzione numerica, della terza era, la videosfera.
[Il Castoro – pp. 272 € 22,00]
Johnny Depp
Eleonora Saracino
Considerato un "ribelle" e un outsider, Johnny Depp ha faticato non poco a liberarsi dal cliché del "bello e dannato" per imporsi sulla scena internazionale come un attore di talento. A dispetto della fama da sex symbol che i media gli hanno cucito addosso, ha preferito misurarsi con personaggi complessi e tormentati e lavorare con registi in grado di dare voce alla sofferenza, alla solitudine, alla diversità.
È uno dei pochi artisti a non essere ossessionato dall'immagine e non esita a trasformarsi fisicamente. Il volto sfregiato del protagonista di Edward mani di forbice, la calvizie del Raoul Duke di Paura e delirio a Las Vegas, il plastificato Wonka de La fabbrica di cioccolato e lo spaventoso ghigno di Sweeney Todd sono alcuni dei ruoli "estremi" in cui l'attore ha alterato la propria fisionomia per essere non soltanto aderente al ruolo ma "nel" ruolo. Diretto da grandi registi, da Jim Jarmusch a Terry Gilliam, passando per Emir Kusturica, Michael Mann e, naturalmente, Tim Burton (sette film girati insieme, tra cui Alice nel paese delle meraviglie), Depp non ha mai smesso, come lui stesso ha dichiarato, di "mettersi alla prova".
Dopo una lunga serie di film dettati dalle "scelte di cuore", Depp è arrivato al successo planetario a quarant'anni con la miliardaria saga dei Pirati dei Caraibi, portando alla ribalta un genere che, dopo l'era di Douglas Fairbanks, sembrava destinato all'oblio e a un sicuro flop al botteghino. Il suo Jack Sparrow, invece, è entrato nel mito, con la sua aria da sgangherato masnadiere, funambolo sul filo dell'avventura e della comicità, incarnazione perfetta del corsaro post-moderno.
A questo originale artista, che resta, nonostante tutto, un outsider, Eleonora Saracino dedica un approfondimento critico, ampiamente illustrato (con molte nuove immagini rispetto alla prima edizione del volume), a ripercorrere i tratti salienti di una delle carriere più eclettiche di Hollywood.
[Gremese Editore – pp. 144 € 20,00]
Baciami come uno sconosciuto
Gene Wilder
Gene Wilder è uno dei più noti attori americani. Ha legato indissolubilmente la propria fama cinematografica a quella di Mel Brooks e dal loro sodalizio Wilder ha guadagnato ben due nomination all'Oscar. Memorabili anche le sue collaborazioni artistiche con Woody Allen e Richard Pryor. È stato sposato con la comica Gilda Radner (una delle protagoniste del mitico show tv Saturday Night Live) dal 1984 fino alla sua prematura scomparsa avvenuta nel 1989 per un cancro alle ovaie. Da allora, Wilder è un attivo testimonial della lotta al cancro. Oggi vive con la moglie Karen a Stamford nel Connecticut e si dedica alla scrittura. Questa sua autobiografia è preceduta da una prefazione di Mel Brooks.
[Editrice Sagoma – pp. 312 € 19,00]
Groucho e i suoi fratelli – La vita e l'arte dei Marx Bros.
Luca Martello
In occasione del centoventesimo compleanno di Groucho Marx (1890-1977), icona cinematografica senza tempo, e dell'ottantesimo anniversario del film-capolavoro Animal Crackers (1930), Groucho e i suoi fratelli offre ai lettori italiani la prima monografia integralmente dedicata alla vita e all’arte degli indimenticabili Marx Bros. Pagina dopo pagina, grazie alla passione e alla competenza di Luca Martello, la vita e l’arte di Chico, Harpo, Groucho, Gummo e Zeppo – in una sola parola: il gruppo comico più celebre mai esistito – diventano gli ingredienti fondamentali di una storia intrigante come un romanzo e magnetica come un film. Dai primi, timidi passi sul palchi del vaudeville fino agli esordi nel cinema sonoro senza trascurare gli anni del declino e la resurrezione televisiva, Groucho e i suoi fratelli è un’opera completa: il libro definitivo per chiunque abbia amato questo formidabile gruppo di attori e, incuriosito dalla loro figura, voglia scoprirne passioni e segreti.
[Castelvecchi Editore – pp. 340 € 22,00]
Rock Around the Screen
Diego del Pozzo
Vincenzo Esposito
A metà anni Cinquanta, l´avvento del rock’n’roll segna una svolta epocale nei rapporti tra cinema e musica, con le due “arti giovani” che, da allora, s´intrecciano indissolubilmente e s´influenzano a vicenda.
Diverse storie artistiche e produttive, culturali e industriali danno conto di questo affascinante “abbraccio”: dai teen-rock movies con e senza Elvis ai grandi raduni che quarant´anni fa decretarono la perdita d´innocenza della “Woodstock Generation”, da generi specifici come le rock-operas e i rockumentaries ai film di Dylan, Beatles e Pink Floyd, dalle mutazioni del corpo-rock a quelle della citazione video-filmica, fino alle parole di “cineasti rock” come Julien Temple e Carlo Verdone. Esperti di cinema e musica raccontano in modo originale temi che hanno segnato in profondità lo sviluppo della cultura giovanile del secondo Novecento.
[Liguori Editore – pp. 292 € 24,50]
Stanley Kubrick “Full Metal Jacket”
Roy Menarini
Claudio Bisoni
Full Metal Jacket è un film sulla modernità, sociale e cinematografica. Kubrick inventa il «classico sperimentale», dove l’aurea precisione dei tempi d’oro si trasforma in una minacciosa potenza di catastrofe, dove il sentimento prevalente è quello dell’angoscia e della paura, dove il «perfetto» nasce dall’incontro assurdo tra un brutale meccanismo di preparazione e un risultato senza risposte. Come ogni classico, anche Full Metal Jacket chiede di essere visto e rivisto, contiene sequenze diventate di culto, non smette mai di rilanciare significati nascosti. Ma come ogni film moderno, possiede un vasto numero di oppositori, mantiene tratti oscuri, lascia sofferenti gli spettatori, offre quel senso di «impurità» che il cinema della Hollywood classica non avrebbe consentito, almeno non con tale evidenza.
[Lindau – pp. 136 € 13,50]
Tutto Cinema
AA.VV.
Una sintetica ma completa storia del cinema, dai primi passi dei fratelli Lumière fino alla rivoluzione digitale. Due le sezioni che compongono il volume. La prima sezione – la Storia – ripercorre la grande avventura del cinema, raccontando tutte le principali tappe tecniche ed estetiche: l’epoca del muto, la nascita di Hollywood, l’avvento del sonoro, l’età d’oro degli anni ’30, il neorealismo, il dopoguerra, le nuove tendenze internazionali, e via via fino a oggi; ogni capitolo si conclude con un utile schema riassuntivo. La seconda sezione – la Tecnica – dopo aver illustrato l’evoluzione storica e tecnica dei ruoli nel cinema, spiega i fondamenti di regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio, scenografia, recitazione, suono e musica. Ricchissimo di informazioni, il volume è una vera “summa” della Settima Arte, utile non solo agli studenti o agli addetti ai lavori, ma anche a tutti gli appassionati che vogliono capire e sapere di più.
[De Agostani – pp. 288 € 11,90]
Dal piacere alla dolce vita – Roma: 1889-1960 una capitale allo specchio
Gianni Borgna
Antonio Debenedetti
Un affresco della cultura della capitale che parte dalla Roma di fine Ottocento -descritta nel Piacere di D’Annunzio- e arriva alle immagini della Dolce Vita di Fellini, negli anni sessanta del Novecento. Uno specchio puntato sulla storia di uno dei periodi più affascinanti dell’evoluzione della città.
Il volume racconta la tumultuosa trasformazione di quegli anni, attraverso i ricchi testi degli autori, impreziositi da contributi quali quelli di Raffaele La Capria, Gian Luigi Rondi, Giovanni Sabbatucci e Lucio Villari e affiancati da un corredo iconografico in buona parte inedito.
[Mondadori – pp. 288 € 39,00]
Sentieriselvaggi21st n.19: cartacea o digitale