Lincoln, il controluce della Storia
A volte i sensi, dello spettatore, ingannano. E a volte, l’inganno, sembra quasi voluto, come ossessivamente ricercato. Ed ecco perché il Lincoln di Steven Spielberg ci appare così assolutamente scritto.
Il trionfo della parola, che domina, apparentemente incontrastata per tutta la lunga durata del film. Come se la Storia, di cui Spielberg vuole mostrarci un piccolo, drammatico scorcio/squarcio, dovesse necessariamente essere ricondotta al linguaggio verbale, per riconoscerne il senso e le direttrici. E infatti Lincoln è la parola, sin dalla prima scena del film, con il Presidente seduto sotto una tenda, di notte con la pioggia che batte, a parlare con i soldati reduci dalla battaglia. E poi ancora parole, con il fedele segretario di stato, con i ministri del governo, con i membri della maggioranza e dell’opposizione, con la moglie, il figlio piccolo, il baldo figliolo grande, la sua domestica di colore e tutti gli altri.
Eppure…
Eppure Lincoln in questo apparente trionfo della parola sull’azione e sullo “sguardo”, ci svela nel suo manifestarsi a noi, il potere incredibile della falsità, del mentire, del tradire.
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