Lo sguardo esterno, di Peter Marcias

La mancanza di figure umane non significa mancanza umana. Marcias ci trasporta in un breve viaggio attraverso gli artisti che hanno catturato il paesaggio sardo, tra fotografie, disegni, riflessioni

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Attraverso gli occhi di artisti diversi che hanno raccontato, con il loro sguardo, il paesaggio sardo, Peter Marcias accompagna lo spettatore in un breve viaggio, metafisico, che naviga nel tempo e nella forma.

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La fittizia regista di documentari, Rita (Elena Cotta), non cerca soggetti ma materia da rendere cinematografica. Riflette sul concetto di libertà, mentre vediamo Vittorio Alinari tirar fuori la sua macchina fotografica (una Kodak d’epoca) davanti ad una spiaggia scogliosa. Le fotografie in bianco e nero ad alto contrasto mostrano una terra vergine, incontaminata. La musica si interrompe per dare spazio al respiro delle onde e viene in mente la pellicola di Agnès Varda, Le creature, dove i pensieri e il mare s’incontrano sullo schermo.

Varda, infatti, è una presenza invisibile nel corto documentario. Rita la cita, riportando le sue lezioni: non bisogna inseguire l’ispirazione, bisogna creare dall’impalpabile.

Se per l’artista Paolo Ventura il viaggio significa fuga, evasione, per la regista Rita il viaggio è la fortuna di poter riprendere; le battaglie per l’emancipazione femminile ma anche interviste a persone normali, semplici, come i contadini dell’isola, “che si prestano ad interpretare loro stessi”.

Lo sguardo di Rita diviene macchina da presa, che viaggia nel tempo, ritrovando nella realtà circostante l’arte che l’ha preceduta. I disegni di Gaston Vuillier offrono un panorama che resiste solo nello spazio dell’arte mentre la realtà soffre del cambiamento dei tempi, costante e spietato. Le raffigurazioni di Paolo Ventura, artista contemporaneo il cui stile ricorda De Chirico, ripercorrono quello spazio deserto del paesaggio sardo durante il periodo del Covid, domandando a noi spettatori, cosa resta di una città, cosa è una città, nel momento in cui non viene vissuta da nessuno.

Ma la mancanza di figure umane non significa mancanza umana, come ci mostra il documentario, dove la storia e l’arte si incontrano nello sguardo che resta, che si “attacca” allo spazio diventandone parte integrante.

Le immagini a basso contrasto che mostrano Rita nella natura la immergono completamente nello spazio. Diversamente, la messa a fuoco dei primi piani crea una distanza tra l’umano e la natura, che resta di sfondo, distanziata, disgiunta. Ed è proprio in questo paradosso nitido che lo spettatore resta, a riflettere sul concetto di libertà, perennemente legato all’astrazione del tempo.

Secondo lo studioso Erich Fromm, l’uomo diventa “individuo” nel momento in cui si stacca dalla natura, rendendosi conto di non appartenerle completamente, di avere uno “sguardo esterno” su di essa. Anche nel corto di Peter Marcias vediamo questo concetto, ribadito dalle immagini, che giocano proprio con questa contraddizione di appartenenza e non-appartenenza.

Dopo il passaggio al Torino Film Festival 2022, il corto-documentario Lo sguardo esterno viene presentato all’interno di Docusfera, stasera alle 19:30 in presenza del regista in via Carlo Botta 19 a Roma

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