Love Lies Bleeding, di Rose Glass

Una partenza stratosferica in una storia d’amore e morte con una carica contagiosa incarnata da Kristen Stewart e Katy O’Bryan, pur con qualche eccesso non controllato. BERLINALE 74. Berlinale Special

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“Destiny Is a Decision”. È una delle scritte che ci sono nella palestra. Ed è la stessa frase che potrebbe essere tatuata nella mente e sul corpo della lapdancer Nomi Malone di Showgirls di Verhoeven che si reincarna, sotto altra forma, nella bodybuilder Jackie in Love Lies Bleeding. Tutte e due puntano Las Vegas. Jackie però si ferma prima, una piccola città del New Mexico dove conosce Lou, la proprietaria della palestra locale figlia di un trafficante d’armi. Al primo sguardo è subito colpo di fulmine. Ma attorno a loro si scatena una violenza incontrollata che coinvolge tutte le persone che hanno a che fare con loro.

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Rose Glass, al secondo lungometraggio, guarda direttamente verso Lynch. Come nel primo sopravvalutatissimo e ingannevole Saint Maud, il rischio di un’altra vuota esibizione stilistica è dietro l’angolo, soprattutto con il marchio A24 che sembra sempre più lasciare un segno, proprio come factory, nelle produzioni di genere. Di Cuore selvaggio o Velluto blu fortunatamente non ci sono compiaciute scopiazzature ma solo l’immagine delle protagoniste che, proprio come in Lynch, compaiono e/o camminano insieme alle loro ombre. Ed Harris, nel panni del trafficante d’armi, sembra arrivare proprio da lì. Reincarnazione diabolica, aspetto sinistro, possibile emanazione da o per un musical, diventa per quasi tutto il film il burattinaio. Nella scena in cui entra nella casa del delitto avverte come una presenza. Lou infatti è nascosta dietro un armadio. Il sangue chiama il proprio sangue. Il rischio del virtuosismo fine a se stesso è dietro l’angolo. Al contrario di Saint Maud però Rose Glass riesce a mostrare una storia di amore e morte carica di sesso, lacrime, sentimenti, omicidi con una forza contagiosa. Quando non eccede nelle derive horror che non sempre riesce a controllare (la competizione a cui partecipa Jackie a Las Vegas, il dettaglio della mandibola spappolata), Love Lies Bleeding si porta addosso i segni del cinema degli anni Settanta e d’inizio anni ’80, quei sogni che si fermano nella provincia e rischiano di non ripartire mai più. La scena in cui viene fatto sparire il corpo del primo omicidio sembra arrivare proprio da lì, così come Kristen Stewart e la sorprendente Katy O’Brian, la lottatrce di arti marziali conosciuta anche per il personaggio di Elia Kane nella seconda e terza stagione di The Mandalorian. Che la prima sia sempre più brava non è più una novità e il ruolo di Lou poteva essere solo suo. La seconda invece provoca un terremoto appena appare, misto di fisicità e sessualità. Tutto l’inizio, dal piano sequenza dentro la palestra fino al primo assassinio, è stratosferica, tardo ‘aldrichiana’ per il modo in cui Love Lies Bleeding s’incrocia più volte con California Dolls. Poi Glass ha troppe tentazioni e alcune non riesce a frenarle, soprattutto nel modo in cui insiste nei dettagli premonitori (le mani di Jackie che graffiano sulla poltrona dell’ospedale) e per come non controlla le tracce pittoriche pulp nella rappresentazione del mondo criminale. Il finale però è un gran colpo. Dopo Jackie/Rambo c’è un’altra metamorfosi. È quella più imprevista e trova la magia di una favola e di un cinema che finalmente riesce a incantare senza volercelo ogni volta sottolineare.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7
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