Magical Destroyers, di Hiroshi Ikehata

Un inno alla controcultura e a tutti gli emarginati che rifiutano di sottomettersi alle logiche del conformismo nipponico. A volte si incarta, ma il suo messaggio non resta mai silente. Su Crunchyroll

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Di’ a tutti che ti può piacere quel che ti pare”. Potremmo sintetizzare in questa frase, ripetuta ossessivamente dal leader rivoluzionario Otaku Hero, tutte le istanze proposte da Magical Destroyers. Un’asserzione semplice, forse addirittura banale, ma che in un contesto anarchico e sovversivo come quello dell’anime assume una potenza di fuoco deflagrante, per come comunica l’attitudine dei personaggi – e della sottocultura otaku/nerd che rappresentano – a non sottomettersi ai modelli normativi della società. Cioè a quelle stesse forme, che alla pari di un paradigma, silenziano tutte le esperienze contrarie o alternative all’idea di conformismo a cui il cittadino giapponese comune (shimin) dovrebbe teoricamente tendere nelle sue attività pubbliche. In questo senso la frase iniziale diventa un baluardo di identità, un’arma con cui combattere coloro che non accettano le “anomalie culturali” e attraverso cui affermare la propria voce nel mondo. Anche se diversa, stravagante, e perciò umana.

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Magical Destroyers sa che per poter raccontare i movimenti controculturali nella società (almeno in superficie) più conformista al mondo bisogna guardare ai canoni della distopia. E non a caso il racconto inizia in un orizzonte da pura anarchia post-apocalittica: ad Akihabara, il quartiere nerd per eccellenza di Tokyo, tutto sembra procedere come consuetudine. Stregue di persone affollano i numerosi negozi high-tech, mentre i vicoli si riempono di cosplayer e appassionati di manga e videogame. Ma quell’idillio è destinato a durare ben poco: il governo giapponese ha infatti ordinato l’eliminazione fisica di tutti gli otaku, in modo da ripulire la nazione da ciò che ne sta compromettendo l’omogeneità culturale. Coloro che si identificano in questa sottocultura sono perciò ritenuti degli agenti contaminanti, i sintomi primari del declino del Giappone da estirpare perciò senza esitazioni né ripensamenti. Al punto che dopo tre anni di epurazioni, non esiste più alcuna forma di espressione contraria all’egemonia: l’unico che riesce ad opporsi alla norma è il giovane Otaku Hero, che insieme alle tre “ragazze magiche” (del genere majokko) si farà veicolo di una rivoluzione nerd che porterà il paese a scontarsi con la sua stessa tirannia.

Per un’opera come Magical Destroyers, innervata di logiche mainstream e citazionismi pop, lo spirito controculturale può passare solo attraverso la legittimazione di quegli stessi linguaggi adottati dagli otaku per esprimere le loro passioni e identità. Non è un caso che l’anime, un po’ come l’ultimo Gundam, affidi le proprie strategie (narrative, estetiche, rappresentative) all’universo degli shōjo (opere per ragazze) e in particolare al genere delle “maghette” che da Sally la maga a L’incantevole Creamy fino a Sailor Moon si erge a metonimia di nuove fantasie di identificazione/rappresentazione. E proprio la serie sulle guerriere magiche sembra qui essere il riferimento linguistico centrale: si pensi alla declinazione action, all’enfasi sulle trasformazioni mutuate dalle vestizioni omeriche, o ai poteri magici come via di liberazione. Tutti elementi che hanno reso rivoluzionario l’anime della Tōei e che adesso diventano i bastioni della rivoluzione nerd. Perché se si vuole davvero rappresentare l’esperienza otaku – sembra voler suggerire Magical Destroyers – dare cioè rilievo alle sue pratiche antropologiche, è necessario utilizzare come fonti di linguaggio quelle stesse figure su cui i geek nipponici fondano il loro piacere consumistico, e da cui la cultura egemone prende le distanze proprio per stigmatizzare chi apertamente abbraccia tali bisogni.

È da questi codici che passa lo spirito anarchico della serie prodotta dai Bibury Animation Studios. Un’idea di libertà che forse proviene proprio dal suo essere “originale”, cioè non adattata da testi preesistenti. E se è pur vero che l’assenza di strutture pregresse a cui affidare lo sviluppo degli schemi narrativi si traduce talvolta in un eccesso di confusione ed episodicità – soprattutto nella parte centrale del racconto – Magical Destroyers non perde quasi mai di vista la propria battaglia: la necessità cioè di scandagliare le ingiustizie della società normativa, e prefigurare così un mondo “ideale” che accetti la varietà di esperienze. In questo senso, poco importa se quel sogno si verifichi o meno. La cultura egemone continuerà a stigmatizzare le anomalie e a ridicolizzare i gusti contrari al paradigma. Ma nulla, sembra suggerire l’anime, potrà mai impedirci di dichiarare che “ci piace quel che ci pare”. Basta solo questo, a volte, per poter essere dei veri rivoluzionari.

Titolo originale: Mahō Shōjo Magical Destroyers
Regia: Hiroshi Ikehata
Voci: Fairouz Ai, Makoto Furukawa, Aimi Terakawa, Tomoyo Kurosawa, Yū Serizawa, Sōma Saitō, Kenta Miyake
Distribuzione: Crunchyroll
Durata: 12 episodi da 23′
Origine: Giappone, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7
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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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