One Piece Film: Red, di Gorō Taniguchi

Forse non ha l’autonomia espressiva dei più recenti anime d’azione, ma come testo di ri-elaborazione iconografica di One Piece funziona perfettamente. In anteprima da oggi al The Space di Roma.

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Dopo 25 anni di serializzazione, l’epopea di One Piece si trova ad un punto nevralgico del suo corso produttivo. Nel manga di Eiichirō Oda, come nell’anime della Toei, quella propensione al worldbuilding, alla costruzione di mondi interni su cui far defluire gli enigmi e le figurazioni del racconto, da sola non basta più. Si è resa necessaria accompagnarla a strutture inedite, a nuovi meccanismi di mitopoiesi che portassero l’opera verso la sua tanto anticipata fase conclusiva. E che l’autore, in continuità con alcuni suoi colleghi mangaka – primi fra tutti, Kishimoto e Miura – riscopre nei termini di un vero e proprio “ritorno alle origini”. Su cui questo 15º adattamento cinematografico del manga, One Piece Film: Red sublima ogni sua logica. Sia in relazione alla dimensione produttiva, che a quella puramente espressiva.

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Se guardiamo alla storia di One Piece, il richiamo al passato non può che riguardare la genesi stessa dell’opera. Quel primissimo capitolo, che avvolto ormai in un manto di sacralità religiosa, funziona ancora come struttura scheletrica dell’intero racconto, proprio per la sua stessa vocazione cosmogonica. È nelle sue pagine che ritroviamo, forse, il principio della fine. L’inizio di quella relazione su cui One Piece Film: Red costruisce il suo impianto narrativo e alla quale il manga probabilmente legherà le sue conclusioni finali: ovvero il legame tra il protagonista Rufy “Cappello di Paglia” e l’uomo che lo ha instradato sulla via della pirateria, l’imperatore Shanks “Il Rosso”.

Non è un caso, allora, che il film individui proprio nella figlia di Shanks, la cantante Uta, la sua figura di riferimento. La volontà utopistica del personaggio in questione di rinchiudere con i suoi poteri tutti i pirati e i civili in una realtà parallela, in modo da abolire l’insieme delle disuguaglianze sociali in seno al mondo esterno, assolve sin da subito a due finalità narrative: riconnettere, da un lato, i cammini dei due personaggi che domineranno i prossimi intrecci del manga; dall’altro svincolare parzialmente la narrazione dalle costrizioni inter-testuali della transmedialità. Rispetto ai recenti anime transmediali, One Piece Film: Red, di fatto, gioca molto più sul sicuro. Non ha certamente il grado di autonomia espressiva di Jujutsu Kaisen 0, né tanto meno la capacità mitopoietica di Demon Slayer: Il treno Mugen. Al contrario. Raccontando una storia “in parallelo”, che non dipenda perciò dal “canone rappresentativo” dell’opera originale, il film devia dalla subordinazione narrativa nei confronti della (macro)storia, per assumere una vocazione perlopiù referenziale. Al punto che il racconto trova la sua dimensione nel momento in cui funziona da laboratorio di ri-mediazione iconografica di un intero universo.

 

E come in un grande film-calderone, al suo interno convergono una serie sterminata di figure-icone provenienti dal testo originario, di cui One Piece Film: Red non vuole offrire alcun approfondimento caratterizzante. Anzi. L’insieme dei personaggi che si troveranno improvvisamente a lottare contro il disegno distopico di Uta, fungono qui da soli referenti emotivi, con tutto ciò che ne consegue in materia di rappresentazione iconografica. Dagli ammiragli della marina alla ciurma di Rufy, fino agli squadroni speciali del Governo Mondiale, ogni personaggio entra nella narrazione nella sua configurazione di icona, senza cedere ai richiami di soggettivazione tipici dei testi transmediali. E in questo senso la realtà parallela in cui si snoda la storia è già di per sé una dichiarazione d’intenti più che esplicativa. Al punto che il film si serve del legame con l’universo di One Piece solamente per rivelare le radici della sua macchina di costruzione mitologica. Da ritrovare, per l’appunto, nelle origini testuali del manga. In quella relazione kōhai/senpai (discepolo/mentore) che da 25 anni lega il destino del protagonista allo spazio vacuo di un’assenza. Ad un vuoto che potrà essere colmato a partire soltanto da adesso.

Titolo originale: id.
Regia: Gorō Taniguchi
Voci: Mayumi Tanaka, Shūichi Ikeda, Kaori Nazuka, Kazuya Nakai, Akemi Okamura, Kappei Yamaguchi, Hiroaki Hirata, Ikue Ōtani, Yuriko Yamaguchi, Kazuki Yao, Katsuhisa Houki, Chō
Distribuzione: Anime Factory
Durata: 115′
Origine: Giappone, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
Sending
Il voto dei lettori
3 (1 voto)
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