Open Arms – La legge del mare, di Marcel Barrena

Il regista spagnolo racconta la storia della nascita di Open Arms, concentrandosi sulla figura del fondatore Òscar Camps. Un film rabbioso e coinvolgente, come un grido disperato in un mare di morte

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Molto spesso capita di abusare di termini come “urgente” o “necessario” quando si affronta un film politico di questo genere, così potente e straziante. Ma Open Arms – La legge del mare non è un film politico, non è un film di destra o di sinistra che può dividere il pubblico riguardo il suo messaggio. O almeno non dovrebbe farlo. Marcel Barrena racconta la semplice storia di un uomo che vuole fare solo il suo mestiere: salvare vite umane in mare. In questo non ci dovrebbe essere nulla di politico, semmai di umano. Il personaggio in questione è ispirato a Òscar Camps, il bagnino catalano che ha fondato l’organizzazione non governativa Open Arms. Una ONG celebre nel nostro paese a causa del processo ancora in corso in cui l’ex ministro Matteo Salvini è accusato di sequestro di persona. In quella circostanza, risalente all’agosto del 2019, l’allora Ministro dell’interno ha bloccato per sei giorni una nave della ONG spagnola con a bordo 147 migranti salvati in mare aperto.

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Quattro anni prima, nel settembre del 2015, il corpo del piccolo Alan Kurdi veniva rinvenuto sulle rive di una spiaggia turca. La foto scattata da Nilüfer Demir diventa immediatamente un simbolo della crisi migratoria in Europa. Sconvolto da quell’immagine atroce, Òscar Camps decide di lasciare le spiagge turistiche di Barcellona per recarsi dove il suo lavoro può salvare quotidianamente vite umane. A cominciare dalla polizia e dalla guardia costiera, l’isola di Lesbo si dimostra molto ostile ed insofferente nei confronti di Òscar e dei suoi colleghi. L’unica disposta ad aiutarli è la proprietaria di un ristorante in riva al mare, ormai stanca di rinvenire cadaveri sulle spiagge della sua isola. La situazione è drammatica. Ad ogni ora del giorno sbarcano piccole imbarcazioni colme di migranti mal equipaggiati, costretti dagli spietati trafficanti a bucare i gommoni per essere soccorsi. Una volta a terra i superstiti vengono condotti a Moria, il campo profughi più grande d’Europa. Una sistemazione infernale che versa in condizioni disumane.

Il film di Barrena è rabbioso e coinvolgente, un grido disperato in un mare di morte. Il regista sfoggia tutte le sue capacità registiche nelle varie sequenze dei salvataggi in mare, di certo le più avvincenti del film. Queste scene rappresentano l’apice del coinvolgimento emotivo, costruite appositamente per toccare lo spettatore e sensibilizzarlo sull’argomento. Se la regia è perfetta nel suo intento di rappresentare una tragedia contemporanea, la sceneggiatura mostra dei limiti evidenti uscendo spesso dal seminato del realistico cadendo nel romanzesco. Rispetto ad altri film di finzione che affrontano tematiche simili, come Styx di Wolfgang FischerMediterranea di Jonas Carpignano, Open Arms si perde in alcuni momenti troppo scritti, a cominciare dal personaggio della dottoressa turca alla ricerca della figlia scomparsa. Barrena poteva semplicemente decidere di girare un documentario sulla figura di Òscar Camps, ma il suo obiettivo era quello di raggiungere più pubblico possibile e creare un forte coinvolgimento emotivo. La scelta è sicuramente apprezzabile perché una storia così attuale e disperata deve essere conosciuta da tutti, senza limiti. Così come l’immagine di Alan Kurdi ha sconvolto l’esistenza di Òscar Camps, Open Arms vuole risvegliare il pubblico in sala, mostrando senza remore la disumana strage del Mediterraneo.

 

Miglior film alla 16° Festa del Cinema di Roma

 

Titolo originale: Mediterráneo
Regia: Marcel Barrena
Interpreti: Eduard Fernández, Dani Rovira, Anna Castillo, Sergi López, Àlex Monner, Melika Foroutan, Glota Festa, Patricia López Arnaiz
Distribuzione: Adler Entertainment
Durata: 109′
Origine: Spagna, Grecia 2021

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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