Quattro notti di un sognatore, di Robert Bresson

Ispirato da Le notti bianche di Dostoevskij è il film di Bresson che indaga con ironia il precario equilibrio tra realtà oggettiva e immaginazione artistica. Stanotte su Fuori Orario alle 4.15

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 “Il sognatore, se serve una definizione precisa, non è un uomo ma, sapete, una specie di essere neutro. Si stabilisce prevalentemente in un angolino inaccessibile, come se volesse nascondersi perfino dalla luce del giorno, e ogni volta che si addentra nel suo angolino, vi aderisce come la chiocciola al guscio, e diventa simile a quell’animale divertente chiamato tartaruga, che è nello stesso tempo un animale e una casa.” Fedor Dostoevskij – Le notti bianche

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Gli amanti del Pont Neuf. Jacques (Guillaume de Forêts) ama Marthe (Isabelle Weingarten) che invece è innamorata del suo inquilino (Jean-Maurice Monnoyer) che non la ama. O forse si. Robert Bresson modella Le notti bianche di Dostoevskij secondo l’umanesimo pasoliniano. Un’operazione diametralmente opposta a quella fatta nel 1957 da Luchino Visconti nella quale prevaleva la finzione del dramma romantico. Bresson organizza un triangolo sentimentale asimmetrico il cui lato più debole è quello del sognatore, che preferisce trasformare la realtà in pensieri registrati al magnetofono e in quadri astratti in cui il colore dominante è il rosso. Gli altri due lati sono terribilmente pragmatici: Marthe perde la sua verginità con il suo coinquilino e spera di potersi sposare e allontanarsi da una famiglia disfunzionale con madre iper-possessiva e padre assente. Più che al Jean-Pierre Leaud di Truffaut, il giovane Jacques assomiglia fisicamente e spiritualmente all’Enrique Irazoqui de Il Vangelo secondo Matteo. E in effetti sembra prendere sulle sue spalle tutti i peccati di un mondo in cui dominano rancore e solitudine. Dopo la domenica in campagna che gli consente di riprendere contatto con la natura (con qualche capriola sul prato che ricorda Mouchette), Jacques è costretto a tuffarsi nel caos di una Parigi sempre più alienante. Si innamora ad ogni sguardo ma non osa avvicinare l’oggetto del suo desiderio, preferisce raccontarsi una favola in cui ogni cosa è al posto giusto.

Bresson fa entrare l’attualità in un universo atemporale di pause e di silenzi: prima le schitarrate dei giovani hippies (si va dal rock al country) e poi la sessione di Bossa Nova di Marku Ribas sul battello che percorre lentamente la Senna. La notte è stellata e le luci si riflettono sull’acqua come in un quadro di Van Gogh. Bresson cita Truffaut di Baci rubati e indugia sull’autismo di Jacques e sul giovanissimo corpo di Martha mentre si guarda nuda allo specchio: alla radio le note brasiliane di un samba canção ne esaltano la sensualità.

Nei quattro giorni e nelle quattro notti scandite temporalmente il nome Marthe diventa un’ossessione: prima viene ripetuto ad alta voce, poi registrato al magnetofono, infine scoperto nelle insegne di un hotel o di un battello. Viene rispettato l’assunto di Dostoevskij: quando la realtà incontra il sogno, il sogno acquisisce nuove sfumature di colore come il rosso del foulard e della gonna di Marthe. Jacques va oltre la mera rappresentazione e impara i movimenti concreti dell’amore. Come dice lo studente d’arte la cosa più importante è la relazione invisibile che si crea tra l’artista e l’ oggetto ritratto: quello che sta nel fuoricampo, quello che è nascosto. Le macchie nere della composizione astratta rimandano a tutto un intorno di infinite possibilità. L’artigianato è finito, adesso è il tempo di evocare lo spirituale nell’arte. Bresson offre sprazzi inusuali di umorismo e qualche barlume di speranza. Se la première al cinema (Amour tu nous tiens) non è un film d’amore ma una trappola dove esplode il rosso del sangue, allora per reazione Bresson scatta istantanee di umanità: le mani che si stringono sotto al tavolo, la marmellata di mirtilli, i libri, il Nescafè, la coppia che si abbraccia nel parco, il gioco di sguardi nel break-up finale. Un sorriso e Jacques vede la sua fine sul viso di Martha. La realtà si frantuma in tante piccole schegge. Il sognatore Jacques ritorna nel guscio della sua casa e su una di quelle schegge sanguinanti dipinge un nuovo quadro e si inventa un romanzo a lieto fine. A volte è sufficiente un istante per ritrovare il filo d’Arianna nel labirinto oscuro del mondo.

 

Titolo originale: Quatre nuits d’un rêveur
Regia: Robert Bresson
Interpreti: Isabelle Weingarten, Guillaume des Forêts, Jean-Maurice Monnoyer,  Giorgio Maulini, Lidia Biondi
Durata: 87′
Origine: Franvia, Italia 1971
Genere: drammatico

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.5 (2 voti)
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