RAVENNA NIGHTMARE FILM FEST 2004 – "Landisiane" lande della morte e giovani reiette in cerca d'amore

(H)orrori di diversa natura percorrono la sezione lungometraggi: due esempi eclatanti il discreto neozelandese, atipico pseudo road-movie, "The locals" e l'ottimo statunitense, di feroce densità, "May", segnalato dalla giuria nella premiazione finale

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Essere "strambi" può uccidere… come perdersi in lande sperdute. Lo sanno bene l'omonima protagonista di May e i due giovani al centro di The locals. Usa e Nuova Zelanda: ovvero due modi di fare cinema e generare orrore che più lontani non si potrebbero immaginare. L'esordio del neozelandese Greg Page sembra quello di un landscape gardener, tanto è essenziale la presenza dello splendido e potenzialmente inquietante paesaggio neozelandese, prima accarezzato dall'alto sui titoli di testa come un paradiso terrestre illuminato dal sole poi squarciato da carrellate della mdp che seguono i corpi terrorizzati di due giovani, in cerca di marino divertimento e cavalcate su una tavola da surf fuori città, depistati da due seduttive coetanee incontrate per caso che li invitano ad una festa. Così il passo dal desiderio di sesso a quello di morte è breve. Breve quanto un vecchio ponte, che come ne La casa (e tante pellicole horror a seguire), assurge a vettore direzionale della tragedia, punto di non-ritorno dall'orrore di morire senza accorgersene. Attraversarlo significa entrare in una dimensione altra, abitata da fantasmi "locali" di palpabile consistenza e letalità che non ululano come il lupo mannaro di Landis, ma ti danno ugualmente la caccia perché ne hai scoperto la sanguinarietà in open-space erbosi e nebbiosi che non t'ingannano, però, facendo echeggiare fuori-campo suadenti "Blue moon". "Stramba": questa apparentemente innocua, ma lapidaria definizione che bolla la protagonista dell'esordio di Lucky McKee, May, è ripetuta continuamente per tutta la durata della pellicola e il suo reiterarsi assume le ingannevoli, iniziali sembianze di un'accettazione ("mi piacciono le cose strambe", le ripetono sia il ragazzo dei sogni che la collega lesbica) per evolvere poi in un laccio che soffoca l'umanità di May (un'ammirevole Angela Bettis, Ragazze interrotte, La mossa del diavolo e l'ultimo Hooper Tollbox murders) e la isola dal mondo dal quale non riesce a farsi accettare, così non rimane che scomporlo e ricomporlo letteralmente, alla disperata ricerca di un'utopica perfezione.

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La bambola regalatale dalla madre rimane tragicamente la sua unica amica per tutto il film e diventa la diabolica musa sotto-vetro che la ispira alla sua folle, utopica, poetica creazione frankensteiniana del compagno perfetto: "così tante bellissime parti, ma mai tutte insieme in un unico corpo" dichiara pressapoco May ad un certo punto, osservando su una panchina i passanti, a mo' di programmatico manifesto del proprio pensiero sul mondo. McKee parte su atipiche traiettorie da saggio sociologico con tocchi di humour nero (May lavora in una clinica per animali ed è abituata ad assistere alle peggiori visioni) per progredire in zone horror piuttosto truculente ma di grande raffinatezza formale ed emozionale, delineando un'efficace, perturbante bisessuale e depalmiana Carrie contemporanea in felice unione all'orrore sociale più subdolo e vigliacco delle sue vittime, come la collega sessuomane interpretata da una sorprendente Anna Faris (i tre Scary movie, Hot chick – Una bionda esplosiva e una particina anche in Lost in translation) e l'amato ragazzotto di provincia che gira e le mostra orgoglioso un radicale (e gustosissimo) corto horror dove due amanti finiscono per divorarsi nella foga dell'amplesso, ma si irrigidisce e fugge quando May cerca subito dopo di accennare ad un remake nei loro preliminari, mordendolo al labbro e facendolo sanguinare. Proprio un amore fino all'ultimo morso… per il cinema, quello del promettente McKee.

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