RAVENNA NIGHTMARE FILM FEST 2006: "Venus Drowning", la psichedelia dell'amore

Con la terza giornata di proiezioni entra nel vivo il festival di Ravenna, che tra lungometraggi, corti e omaggi spazia nell'eterogeneità dei temi che gravitano intorno all'horror. Deludono i vampiri svedesi di "Frostbiten", spicca invece l'inglese "Venus Drowning", che stilla erotismo, allucinogena passione, e tragico lirismo

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Con la terza giornata di proiezioni, è entrato nel vivo il Ravenna Nightmare Film Festival, giunto ormai alla quarta edizione e capace di consolidarsi negli anni confermando un ruolo significativo e ben definito nel marasma di manifestazioni festivaliere che riempie (soprattutto nella stagione autunnale) la realtà italica. Tutto come l'anno scorso, dai luoghi alle modalità, passando per il folto pubblico che riempie costantemente la sala 6 del multiplex Cinema City. La giornata si è aperta con Rosso Sangue, di Joe D'Amato, prima delle quattro pellicole volte a omaggiare il compianto Massaccesi. Vintage che più vintage non si può, a metà tra lo slasher e lo splatter, il film, pur di bassa qualità estetica, conserva negli anni un piccolo posto riservato nei ricordi dei tanti fans del regista. E' stata poi la volta di due pellicole, estremamente diverse tra loro (l'eterogeneità di temi e classificazioni che gravitano intorno all'horror è da sempre uno dei principali punti di forza di questo festival), facenti parte del concorso internazionale lungometraggi. Frostbiten, opera prima dello svedese Anders Banke, mescola il vampirismo di matrice classica con echi moderni riguardanti soprattutto la contaminazione tra horror e commedia, tensione e parodia, immagini disturbanti e divertimento.

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Aperto da un prologo ambientato in Ucraina durante la Seconda Guerra Mondiale, e poi virato verso la Svezia dei giorni nostri, Frostbiten racconta un'epidemia vampirica favorita dagli esperimenti scientifici di una sorta di capo-vampiro che sogna di creare la razza perfetta. Un film controverso, che non disdegna trovate visive interessanti, scontando però una narrazione troppo convenzionale, sia nel soggetto di base sia nel suo sviluppo. Inoltre, contrariamente alla realtà autoctona che il film parrebbe voler rappresentare (regista, produttori, attori, tutto di matrice svedese), i momenti particolarmente d'impatto comico e parodistico (alcuni riusciti, altri molto meno) sfruttano semplificazioni che sembrano assomigliare molto più a un blockbuster americano che a un film di matrice nord-europea, impedendo a Frostbiten di costruirsi un'identità propria ben riconoscibile.

Coraggioso, interessante, ostico, ma assai brillante, è invece Venus Drowning, dell'inglese Andrew Parkinson (al suo terzo lavoro dopo I, Zombie del 1998 e Dead Creatures del 2001). L'apparentemente squinternata storia di Dawn, che dopo aver tentato il suicidio va a curarsi nella sua vecchia casa di famiglia sul mare, raccoglie sulla spiaggia una sorta di feto di sirena, e inizia a prendersene cura sviluppando un'ossessione nei confronti di questa indefinibile entità, assume contorni allucinogeni e sessuali di indubbio fascino. Il rapporto pseudo-saffico tra Dawn e l'ibrida creatura tratteggia il disegno di una vera e propria realtà simbiotica (Dawn prova piacere sessuale nel bere i liquidi emessi dalla creatura, la quale a sua volta si nutre del partner con cui la ragazza ha appena concluso un atto sessuale), una fusione orgiastica che il regista sottolinea reiterando all'infinito l'ipnotizzante immagine di Dawn che passa le dita sul corpo della creatura per poi assaporarne con voluttà il liquido amniotico, in una conturbante e mescalinica dipendenza. C'è molto di Cronenberg, in Venus Drowning (l'ossessione per la trasformazione delle carne), c'è un po' di fanta-horror anni '50 (l'entità altra che si nutre vampiricamente del sangue, o dell'anima, degli umani per crescere e diventare forte), e c'è senz'altro anche una base di quel cinema contemporaneo che fonde la droga con l'orrore, e l'orrore come droga (The Addiction), in una psichedelica mania di carne, sangue, e disperato bisogno d'affetto. Forse incompreso dalla platea, che non ha mostrato particolare apprezzamento, il film di Parkinson, pur con qualche eccessiva sovrabbondanza (il tentacolo della creatura), trasuda invece erotismo, disperazione, e tragico lirismo.


La giornata si è poi conclusa con un tuffo nei Masters of Horror attraverso la riproposizione dello splendido Cigarette Burns di John Carpenter, e con una selezione del concorso cortometraggi, tra i quali si sono lasciati particolarmente apprezzare (entrambi d'animazione) il beckettiano Synchronoff, di Catia Peres, romantico e melodico, e lo spagnolo Home Delivery, di Elio Quiroga (piccola storia di sopraffazione e vendetta), tratto da un racconto di Stephen King.

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