RAVENNA NIGHTMARE FILM FEST 2007 – Gli inquieti percorsi del sentimento

The Sleep Of ReasonDue le pellicole presentate nella prima giornata di proiezioni, il docu-thriller “The Sleep of Reason” e la ghost-story “The Cry”: due opere differenti, ma accomunate dall’indagine sui risvolti oscuri dei legami d’amore

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The Sleep Of ReasonL’atmosfera generale, trasmessa da presentatori e pubblico, è rilassata come sempre, in perfetta controtendenza all’inquietudine trasmessa dai film in programma: e in questo senso l’apertura del quinto Ravenna Nightmare Film Fest è stata affidata a due pellicole quantomai “serie” e dirette a esplorare la parte più oscura dei legami sentimentali, l’ambizioso evento The Sleep of Reason di Steve Bell e il primo film del concorso internazionale lungometraggi, The Cry, diretto da Bernardin Santistevan.

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Il sonno della ragione è quello che, notoriamente, partorisce i mostri, ma è anche l’obiettivo dell’indagine che il giornalista Steve Bell ha scelto per questo suo esperimento in otto parti, prodotto da Studio Universal e incentrato sull’indagine che vede un rispettato analista politico, afflitto da disturbo della personalità, trasformarsi in killer della sua psichiatra. La struttura è composita, ogni parte infatti aggiunge nuovi elementi alla vicenda di base, che viene ben presto rovesciata di prospettiva, insinuando nello spettatore dubbi che vanno al di là del reale e investono parapsicologia e sciamanesimo. Come lo stesso Bell ha spiegato presentando il suo lavoro, The Sleep of Reason vuole avere la forma di una serie di appunti (inizialmente messi insieme per un romanzo che l’autore intendeva scrivere) che lentamente assumano la forma di un docu-thriller. Ciò che interessa a Bell non è la messinscena di un sentimento (sebbene la storia racconti proprio il disfacimento dei rapporti affettivi) o la posa in opera di un mondo, ma la contaminazione delle strutture narrative del giallo, del documentario e del racconto psicanalitico: la messincena è per questo molto essenziale e “amatoriale”, mentre il continuo andirivieni tra i differenti personaggi produce un effetto stordente che lascia nello spettatore una certa confusione. Il finale comunque è aperto e volutamente irrisolto, come accade a un romanzo rimasto, per l’appunto, in sola forma di appunti.

The CryPiù facilmente abbordabile è invece The Cry, incentrato sul mito della Llorona, poco nota figura del folklore latino-americano: si tratta dello spirito di una donna che non ha trovato pace dopo aver ucciso i suoi figli e che per questo perseguita i viventi allo scopo di recuperare, forse, l’anima dei bimbi che ha perduto. In questo senso, in una New York mostrata proprio dal suo versante etnico e latino, lo spirito perseguita una donna, Maria, il cui figlio rappresenta forse la reincarnazione del bimbo della sventurata. La vicenda diviene il pretesto per imbastire una ghost-story alquanto lineare (nonostante una serie di flashback che indagano nel passato dei protagonisti), dove ciò che maggiormente sembra interessare alla regista è la costruzione di un sentimento panico che avvolga tutti gli attori per mantenere il pubblico in uno stato di costante tensione. Soluzione troppo semplice, però, per un film che in questo modo non riesce a superare le maglie del genere e si snoda attraverso una serie di effetti “bus” buoni a far saltare sulla sedia, ma insufficienti per restituire il dolore che pure sarebbe la cifra portante della storia. Di molto interessante c’è però il fatto che la vicenda è inquadrata da un punto di vista prevalentemente maschile, poiché a indagare sui delitti è un poliziotto la cui moglie ha, per l’appunto, annegato suo figlio e questo apre il film a sentimenti di pietà e condivisione della colpa degni di nota.

 

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