#RomaFF10 – Il metodo è divertirsi e apprendere. Incontro con Jude Law

Oggi l’attore britannico ha incontrato il pubblico in Sala Sinopoli. E tra le diverse clip dei suoi film, appare anche uno dei suoi film preferiti, La morte corre su fiume di Charles Laughton

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Il tempo non sembra mai passare per Jude Law. Il quarantaduenne attore britannico, in questi mesi a Roma per girare la miniserie di Sorrentino The Young Pope, è stato protagonista questa sera dell’incontro moderato dal Direttore artistico Antonio Monda.

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Accolto da scroscianti applausi, con la sala Sinopoli esaurita, sembrava di stare a un concerto quando si sono spente le luci. Al posto degli accendini c’erano le luci dei tablet e dei telefonini.

Il tempo non sembra passare mai. Vedendo le clip con alcuni dei suoi film più importanti interpretati nel corso del tempo. L’attore si concede con risposte lunghe e articolate. E anche sul blindatissimo ultimo lavoro di Sorrentino è riuscito ad andare oltre il classico “non posso dire nulla”. “Ho sempre ammirato Sorrentino – ha detto l’attore a partire da La grande bellezza e a tutti ho detto che mi sarebbe piaciuto lavorare con lui. Sono qui a Roma da agosto e interpreto un Papa americano che però è inventato perché non è mai esistito. Fare questo ruolo non è facile; per non sgualcire il costume di scena, per esempio, non posso sedermi quasi mai per circa 14 ore”.

la morte corre sul fiumePoi c’è la sua passione per il cinema. E una clip riguarda uno dei suoi film preferiti, La morte corre sul fiume (1955) di Charles Laughton. “Mia madre me l’ha fatto vedere quando avevo circa 16 o 17 anni e mi ha fatto capire cosa si poteva raggiungere con il cinema. Mi colpisce soprattutto l’uso delle ombre nel modo di mostrare il cacciatore. Ma gli studios non avevano affatto compreso la grandezza di questo lavoro ed è per questo che La morte corre sul fiume è l’unico lavoro di Charles Laughton”.

Un altro suo film del cuore è Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) di Steven Spielberg. “È quello che mi ha colpito di più quando ero bambino. Nel corso della mia vita l’ho rivisto più volte. Prima quando ero più giovane, poi come attore, poi come padre”. E proprio con Spielberg Jude Law ci ha collaborato in A.I. Intelligenza artificiale (2001). “Quella era una sceneggiatura a cui ci aveva lavorato per anni Stanley Kubrick che, nel progetto iniziale, sarebbe dovuto essere il produttore. Di Spielberg mi ha colpito sin da subito la sua disponibilità a collaborare con gli attori e ad accettare i suggerimenti. A me è venuta l’idea di far ballare il personaggio di Gigolò Joe. E ho dovuto prendere anche dei corsi di danza.

jude law in A. I. Intelligenza artificialeLe clip variano su diversi momenti della sua carriera. Dalla doppia collaborazione con Anthony Minghella (Il talento di Mr. Ripley, 1999; Ritorno a Cold Mountain, 2003) a quella con Mike Nichols (Closer, 2004), si sofferma anche sul lavoro dell’attore: “Prima lavoravo più d’istinto. Ora invece ho capito che la parte più bella di questo mestiere è quella di imparare sempre delle cose nuove. Fare l’attore apre mondi ignoti ed è un continuo viaggio di apprendimento”.

Quando compaiono le immagini di Sherlock Holmes (2009) scatta di nuovo l’applauso. E quindi parla anche del divertimento nella recitazione: “Credo di essere fortunato perché mi sono sempre divertito a fare i miei film. Se un attore non si divertisse a fare questo mestiere, c’è qualcosa che non va.

jude law in sherlock holmesNel corso dell’incontro, parla anche dell’amirazione per Michael Caine con cui ha lavorato in Sleuth (2007) d Kenneth Branagh. E mentre scorrono altri frammenti tra Gattaca (1997) di Andrew Niccol, Wilde (2009) di Brian Gilbert e Grand Budapest Hotel (2014) di Wes Anderson, l’impazzita roulette si ferma su Era mio padre (2002) di Sam Mendes. “Sam, pur venendo dal teatro, aveva già la statura del regista cinematografico anche perchè aveva già fatto American Beauty. Qui recitavo con dei grandi attori come Tom Hanks e Paul Newman e allora ho deciso di farmi ‘piccolo’ con un personaggio sgradevole, mingherlino, con le unghie rotte”. E ha lasciato il segno anche la sua esperienza in Anna Karenina (2012) di Joe Wright. “Mi ha colpito la sceneggiatura di Tom Stoppard per come ha affrontato il lato intimista. Poi, dopo aver letto anche il libro, mi sono trovato totalmente allineato con le sue scelte”.

Infine la chiusura è sul cinema hollywoodiano. “Il denaro e quanto si può spendere è importante. Alcuni dei film che ho fatto erano ad alto budget e lì il tempo e le risorse sono illimitate. Per i film più piccoli, ci puoi invece mettere l’amore per il lavoro che stai facendo. In ogni caso la differenza tra queste due diverse tipologie si può vedere dallo spirito con cui si affronta il progetto”. Ma alla fine “i film sono sempre e comunque dei registi”.

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