Salvatore. Il calzolaio dei sogni, di Luca Guadagnino

Parlare di Salvatore Ferragamo è l’occasione di Guadagnino per fare un film sul cinema. Qui reinventa una storia preesistente che è totalmente in linea con l’opera del cineasta.

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La creazione è già una forma di visione. Per Luca Guadagnino parlare di Salvatore Ferragano è l’occasione per quello che potrebbe apparire come il suo più dichiarato ‘film sul cinema’. C’è la nascita di Hollywood con il trasferimento degli studios da Santa Barbara. C’è Martin Scorsese che attraverso le sue parole recupera un altro suo viaggio nella storia del cinema. E poi lo sguardo di Luca Guadagnino, che racconta Salvatore Ferragamo in un documentario ma che ha tutta la visionarietà del cinema di finzione del regista.

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Il calzolaio dei sogni. Come il libro mostrato. La vita di Salvatore Ferragamo è già un film. Nato a Bonito, un paesino dell’Irpinia nel 1898, parte per gli Stati Uniti a 17 anni. Prima si trasferisce a Boston in una fabbrica ma la produzione in serie di scarpe, che escono tutte uguali, non gli piacciono. “Erano pesanti, sgraziate e rozze”. Si sposta poi in Califirnia dove all’inizio degli anni ’20 diventa “il calzolaio delle stelle”. Tra le sue clienti ci sono star come Pola Negri, Mary Pickford, Lillian Gish, Joan Crawford e poi in seguito anche Valentina Cortese e Sophia Loren. Gloria Swanson indossa un suo celebre modello di calzature con i fiocchi in Sadie Thompson (1928) di Raoul Walsh. Nel 1927 ritorna in Italia e apre il suo laboratorio in via Mannelli. Nel 1933 la sua ditta, in seguito alla crisi mondiale, dichiara bancarotta. Poi nella seconda metà del decennio si riprende e trasferisce la sua sede a Palazzo Spini Feroni. Dopo la sua morte nel 1960, la moglie Wanda (a cui il film è dedicato) e i sei figli hanno portato avanti con successo la sua attività.

Questa è la sua storia. Poi c’è un altra storia, quella del creatore. Per Ferragamo ogni paio di scarpe è come un nuovo film. Ogni modello è diverso dall’altro. E l’omaggio più bello Guadagnino gliel’ha fatto nel finale, in quel balletto lynchiano delle calzature in CGI.

Da Valentino a Ferragamo, Salvatore. Il calzolaio dei sogni è un altro omaggio di Guadagnino al mondo della moda dopo il bellissimo The Staggering Girl, presentato alla Quinzaine a Cannes 2019. E i due film dialoghiano tra loro con continuità, come se fossero stati realizzati contemporaneamente. Poi c’è la natura illusoria del remake. Dopo A Bigger Splash e Suspiria anche la vita di Ferragamo è qualcosa di già esistente. Non c’era un film precedente ma c’è la sua storia. E attraverso i documenti d’archivio innanzitutto e poi le testimonianze (in primo luogo della moglie Wanda e di Scorsese), realizza un sontuoso biopic come quelli che si potevano vedere nella Hollywood degli anni ’50.

Poi c’è l’intuito. Le lezioni di anatomia in cui intuisce la stretta relazione tra il piede e il corpo umano. E la materia dei sogni. Il sughero per le zeppe, la lenza di nylon diventano come la pellicola per il cinema. C’è tutta la natura artigianale ma anche l’intuito, la capacità di anticipare i tempi di Ferragamo. Sono le cose più potenti del film. Se si tagliava qualche testimonianza e ci si soffermava ancora di più sul rapporto tra i materiali e la creazione, si rasentava quasi il capolavoro. Salvatore. Il calzolaio dei sogni conferma tutta la forza del cinema di Guadagnino di reinventare una storia preesistente senza tradire. Ma soprattutto di fare della storia dello stilista e imprenditore un film universale e totalmente in linea con l’opera del cineasta. Ferragamo non rivive attraverso le testionianze. Ci sono le sue foto ma soprattutto la sua voce e i documenti di repertorio di Bonito, Hollywood e il fascismo. C’è una parte di storia d’Italia e del cinema. Un apparente documentario dentro il quale ci sono tanti film.

 

Titolo originale: Salvatore – Shoemaker of Dreams
Regia: Luca Guadagnino
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 120′
Origine: Italia, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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