SCONFINAMENTI – Edo Bertoglio: la magia e la perdita

Jarmusch all'Auditorium, Basquiat al Detour, Edo Bertoglio al Cinema Farnese, Julian Schnabel a Palazzo Venezia. Nell'ultima settimana, a Roma è stato come fare i conti con una generazione, un intero 'movimento', con diversi rappresentanti di una 'scena' che è sicuramente mutata, trasfigurata, magari dissolta: la new wave dei primi anni '80 a New York

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L'ultima settimana a Roma è stato un po' come fare i conti con un'intera generazione, o magari con un intero 'movimento', con diversi simboli e rappresentanti di una 'scena' che è sicuramente mutata, probabilmente trasfigurata in qualcos'altro, magari dissolta: la new wave/no wave di fine anni Settanta, soprattutto dei primi anni Ottanta –  a New York. Un periodo fertilissimo per tutta una schiera di artisti che si riconoscevano nei graffiti di Keith Haring e Jean-Michel Basquiat, nelle sferzate della chitarra di Arto Lindsay, negli stridori atonali del sax di James White. E nei film di Jim Jarmusch. Venuto a Roma domenica 7 maggio per una conversazione aperta al pubblico all'Auditorium con Mario Sesti, Jarmusch ha tenuto a ricordare proprio quel 'fermento', quello in cui col sassofonista John Lurie dei Lounge Lizards davano vita a film poverissimi ma al contempo ricchissimi di trovate, di inventiva, di passione e sentimenti come Permanent Vacation (1980) e Stranger than Paradise (1984). Ha detto Jarmusch: "provengo da una scena artistica, quella newyorkese dei primi anni Ottanta, in cui un'intera comunità di menti creative era riunita nella realizzazione di opere che non per forza dovevano essere dischi che avrebbero scalato le classifiche, o film da proiettare nei cineplex. Le band non sognavano di suonare negli stadi, e i registi non speravano neanche troppo di venire distribuiti. Quello che abbiamo voluto dimostrare, è che esiste un modo differente di fare hard rock che non sia essere i Led Zeppelin, non per questo meno valido. Con tutto il rispetto per gli Zep." Glenn O'Brien, poeta e scrittore in quegli anni a New York, oggi editorialista vip nelle riviste di moda, in Face Addict dice una cosa molto simile: "io faccio il suono nel tuo film, se tu poi fai la fotografia nel mio. Era così che andava – realizzavamo film, mostre e album soprattutto per il nostro stesso ambiente, incentrate su di loro, e dedicate a loro: John Lurie, per esempio, è nei film di Jarmusch, nelle fotografie di Edo Bertoglio, nei concerti del Mudd Club."  Qualsiasi riferimento a cose o persone realmente esistite è puramente magico, come si ascolta all'inizio di Downtown 81, film scritto proprio da Glenn O'Brien e proiettato al Cineclub Detour venerdi scorso, in una serata con la sala letteralmente straripante organizzata per Acrossvideo da Cristina Nisticò, alla presenza del regista Edo Bertoglio. Bertoglio, fotografo per la rivista Andy Warhol's Interview dal 1976 al 1982, dirige in questa specie di poema urbano un diciannovenne Jean-Michel Basquiat attraverso la città: il pittore segna i muri di New York con le sue celebri, caustiche 'massime', passeggia per i quartieri bassi, salta da una festa all'altra, da un locale all'altro, da un concerto all'altro: i DNA di Lindsay, i Tuxedomoon che registrano in sala, Kid Creole and the Coconuts, James White and the Blacks, Walter Steding e il suo violino. Su questo tappeto musicale, la voce di Basquiat snocciola fuoricampo i versi di O'Brien: davvero, Downtown 81 è l'istantanea di una generazione, di un collettivo di artisti riunito nella città delle mille opportunità: Warhol era tornato sulla scena, dopo l'attentato, con una nuova Factory; i beatnicks erano stati finalmente accettati dalla nuova generazione; e c'era stata l'esplosione del punk e della new wave musicale – questa era l'aria che si respirava downtown.

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E di istantanee, il fotografo Edo Bertoglio ha continuato a scattarne per tutti i quattordici anni che ha passato a New York. Le chiama cult figurines: fotografie dei volti di tutte le ragazze e gli artisti che passano dalla sua casa-studio, gente che frequenta il Mudd Club, il Max's Kansas City, lo Studio 54, scattate col flash anulare, sorta di Polaroid di un'epoca, come quelle centinaia appiccicate sul muro della casa di Maripol, la ragazza di Bertoglio di quegli anni, la prima che Edo torna ad intervistare quando rivola a New York per vedere che fine ha fatto tutta quella generazione, la sua generazione di artisti. Ne viene fuori un documentario struggente, sincero, disarmante, appassionatissimo: Face Addict – Drogato dai volti (al Cinema Farnese di Roma sino al 17 maggio). Inizia con Maripol che guarda le vecchie foto che Bertoglio le ha portato e sbotta: "mio dio, sono tutti morti. Queste tue foto sono come lapidi di un cimitero." Face Addict allora si trasforma ben presto nel personale Magic & Loss di Edo Bertoglio: come nel bellissimo album che Lou Reed ha inciso nel 1991, e che è un dolorosissimo requiem per tutti gli amici della New York anni '60 morti per droga, malattia, AIDS, così Bertoglio si muove tra le ombre e i fantasmi che popolavano Downtown 81 – la maggior parte di loro non è più di questo mondo, stroncata da morti giovani e irresponsabili. E chi è sopravvissuto, preferisce non ricordare. A colloquio con il pubblico del Detour, Bertoglio ha detto: "i tecnici e i macchinisti di Downtown 81 erano tutti dei professionisti. Ma il resto della crew era composto da artisti folli intenti a mettere in scena l'atmosfera di anarchia che regnava nel nostro ambiente." Il film resta allora almeno come traccia, testimonianza. Come le tele di John Lurie, che tra le opere del giovane Jarmusch e le musiche per i lavori di Bertoglio, Face Addict compreso, si è messo a dipingere tele che sono in qualche modo la rielaborazione di un'epoca. Un paio si possono ammirare all'interno della meravigliosa mostra fotografica di Edo allestita al Cinema Farnese di Roma, che ha in programmazione Face Addict. Verrebbe quasi da confrontarle con quelle di Julian Schnabel, esposte invece a Palazzo Venezia. Per quadrare il cerchio con questa parte di New York che per un paio di settimane pare essersi materializzata nei luoghi della Città Eterna.


 

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