Se solo fossi un orso, di Zoljargal Purevdash

Un racconto di formazione duro e struggente, capace di indagare, con uno sguardo naturalista, gli oscuri sobborghi della capitale mongola, senza mai compromettere il calore elegiaco della sua storia

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In Se solo fossi un orso ogni conflitto passa dalla difficoltà – o forse è meglio dire, dall’impossibilità – del giovane protagonista di coniugare le speranze nutrite per il futuro, con le avvilenti esigenze del presente. Ulzii vorrebbe tanto astrarsi dalle fratture della realtà, cercare di canalizzare le sue capacità intellettive nello studio e nell’apprendimento della fisica, in modo da poter affermare, agli occhi della madre analfabeta, che è possibile costruirsi un avvenire che non abbia come necessità unica quella di respingere quotidianamente i richiami della fame e del gelo invernale. Eppure il mondo in cui è immerso, fondato sulla ricerca quotidiana del soddisfacimento dei bisogni primari, non solo lo costringe a bruciare le naturali tappe verso il suo cammino di maturazione – e ad occuparsi di questioni che dovrebbero trascendere la sfera di preoccupazioni degli adolescenti – ma rischia di compromettere, in ogni istante, il perseguimento di quell’obiettivo a cui ha affidato tutte le sue energie e speranze: la ricerca di un domani.

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Per i cittadini del Distretto delle lurne, ubicato ai margini della capitale della Mongolia, l’esistenza ha un sapore diverso rispetto a chi vive nei centri urbani, specialmente nel periodo invernale. Nelle case nomadi i cittadini affrontano il gelido inverno senza riscaldamenti, e per riscaldarsi bruciano quello stesso carbone che contribuisce a rendere Ulan Bator la metropoli più inquinata del pianeta. Ma dopo che la madre di Ulzii, per poter trovare lavoro in campagna, ha costretto il figlio ad occuparsi da solo dei suoi due fratelli minori, il ragazzo si è trovato davanti ad un’incombenza (dis)umana, apparentemente insormontabile per chi, come il protagonista di Se solo fossi un orso, deve forgiare la via per il suo futuro accademico, e nel contempo farsi carico di responsabilità che appartengono ad un mondo a lui anagraficamente distante.

Dove Se solo fossi un orso eccelle è proprio in questo processo di abbattimento continuo dei confini tra età adulta e fanciullezza, di cui i sobborghi della capitale mongola si fanno specchio e catalizzatori unici. Qui la debuttante Purevdash mostra infatti una grande capacità nel legare le disparità socio-culturali della realtà in cui si muove Ulzii all’accelerazione del suo percorso di crescita, come se il ragazzo, davanti alle crisi del presente, non potesse che cercare di equipararsi ad un adulto: assumendo di conseguenza atteggiamenti, schemi di pensieri e, per estensione, responsabilità così anormalmente “mature” da sfumare il significato stesso del suo essere-adolescente.

Ma Ulzii non è un ragazzo come gli altri, perché la storia che si porta dietro è irregolare, ingiusta, e per questo pretende, da chi ne è oggetto, l’abbandono (momentaneo?) dello spirito giovanile. Eppure la cineasta crede ciecamente nel suo protagonista, nella possibilità che riesca davvero, un giorno, ad emergere dalla melma in cui l’esistenza lo ha diabolicamente affossato. Al punto che i registri naturalisti con cui Se solo fossi un orso racconta la sua parabola di formazione – alla pari di quelli ravvisabili in Lunana – fungono sì da cassa di risonanza delle storture della società, ma si caricano al tempo stesso di una valenza più metaforica: come a dire che la realtà degli ultimi, seppur aberrante e inconsueta, può comunque innervarsi di uno spiraglio di luce. In modo da non cancellare, anche in faccia alle insensatezze della (loro) vita, il calore elegiaco di una complicità emotiva tra fratelli.

Titolo originale: Baavgai Bolohson
Regia: Zoljargal Purevdash
Interpreti: Battsooj Uurtsaikh, Batmandakh Batchuluun, Batsaikhan Battulga, Purevdulam NATSAGBADA, Sukhee LODONCHUL, Tuguldur Batsaikhan, Davaasamba Sharav
Distribuzione: Trent Film
Durata: 98′
Origine: Mongolia, Francia, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7
Sending
Il voto dei lettori
3.57 (7 voti)
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