Seize printemps, di Suzanne Lindon

La ventenne figlia di Vincent Lindon esordisce nel doppio ruolo di regista e attrice con Seize Printemps, nella selezione ufficiale di Cannes 2020, slittato poi a #RomaFF15

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La ventenne figlia di Vincent Lindon esordisce nel doppio ruolo di regista e attrice con Seize Printemps, nella selezione ufficiale di Cannes 2020, slittato poi a RomaIl film è stato presentato anche al Toronto International Film Festival 2020 nella sezione “Discovery”.

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La Lindon dà il suo stesso nome anche alla protagonista del film, una sedicenne parigina che si innamora e finisce per intrecciare una relazione con un attore trentacinquenne. Colta e ben più matura della sua età, la ragazza sembra trovarsi a disagio con la mentalità e i modi di fare dei suoi coetanei, come se fosse costantemente alla ricerca di altro. Questo ennui pervade anche Raphaël (Arnaud Valois), attore di teatro, che lamenta il fatto di dover recitare ogni giorno le stesse battute, nello stesso luogo. Entrambi sembrano andare alla ricerca di qualcosa che rompa la loro routine, trovandolo nell’innamorarsi l’uno dell’altra.

Nella rappresentazione di questo amore, Seize Printemps  non mostra nemmeno un vero e proprio bacio fra i due. La componente sessuale è abbandonata per la via esattamente opposta, scegliendo di far vivere la storia d’amore fra Suzanne e Raphaël senza mostrare quasi nulla della relazione fisica per lasciar spazio all’incontro fra le loro menti. Ed è infatti tramite due scene dove i due ballano in sincronia che la Lindon fa sì che siano le immagini a far emergere tutti i non detti fra i due.

Interessante e per certi versi ardita è anche la caratterizzazione dei genitori di Suzanne, interpretati da Frédéric Pierrot e Florence Viala, i quali vengono rappresentati come estremamente aperti e comprensivi nei confronti della figlia e anche quando Suzanne confessa a sua madre di essersi innamorata di Raphaël, trova affetto e comprensione, senza lasciare così che il film ceda alla banalità dell’amore contrastato. Un altro elemento che la stessa Lindon ha deciso di voler inserire all’interno della sua opera prima è l’assenza di tecnologia, da un lato per sottolineare la noia che non viene colmata da smartphone ma da libri e fugaci incontri al bar, dall’altro per fare in modo che la relazione fra i due nasca spontaneamente con il tempo e non attraverso contatti sui social. Un altro aspetto è la atemporalità del film, che proprio grazie a questa totale mancanza di aspetti tecnologici, non ha riferimenti precisi e il focus è quindi tutto nei confronti della storia fra i due in quanto tale.

La regista/attrice ha ammesso di aver scritto la sceneggiatura nell’estate precedente all’inizio della scuola superiore, nella quale un po’ annoiata dai suoi compagni e dalle sua vita di adolescente, sognava di innamorarsi di un uomo più grande. E negli appena 73 minuti di Seize printemps la giovane cineasta francese riesce a mettere in scena una sorta di libro di poesie trovato in qualche un pittoresco mercatino dell’usato, trasformato in immagini in movimento, che parla di ora, di sempre, di mai.

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