The Palace, di Roman Polanski

Più che un grottesco polanskiano è un film trash. E mai le immagini del regista erano state così mono-dimensionali e fetide. VENEZIA80. Fuori Concorso

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Siamo sconcertati. Ma forse era nell’ordine delle cose che a 90 anni, uno dei più grandi registi della storia, da anni esiliato in Francia, finisse con il realizzare il suo film più oltraggioso e “spiazzante”. Il che è ovviamente anche affascinante in termini di perversione autoriale e di letture critiche di secondo, terzo e quarto grado.

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Proviamo a fare un po’ d’ordine. Siamo comunque nelle Alpi svizzere, e questo è un fatto perché siamo lì, nella terra di nessuno che riunisce banchieri e cittadini di serie A. Ma le lancette del tempo vanno all’indietro, a quel 31 dicembre 1999 in attesa dell’apocalisse, degli sconvolgimenti degli anni 2000 e del millennium bug. In Tv ci sono le dimissioni di Boris Eltsin e addirittura le dichiarazioni pro-democrazia (!) del giovane Putin. Ma è tutto sullo sfondo degli schermi, perché i russi che vediamo sono mafiosi impellicciati, muniti di cadillac e borse piene di denaro e sono accompagnati da modelle viziose e ambasciatori corrotti. E la sarabanda di personaggi continua. Una ex star del cinema che tutti chiamano Bongo (Barbareschi) per le dimensioni falliche, un miliardario vecchissimo (John Cleese) sposato con una giovane dalle forme generose che sta per ereditare l’intero patrimonio. Altre vecchie signore ricche con i loro cagnolini, i gioielli e il botox in faccia, e le maschere impietose di Fanny Ardant e della Sidney Rome di Che?, il prototipo da cui, forse, Polanski voleva ripartire. E tra questi vecchi mostri c’è anche Mickey Rourke, facoltoso cliente americano dell’hotel inutilmente in cerca di una suite di suo gradimento. Ovviamente è tutto concentrato in una notte sola, dove ben presto esplode il caos tra tavoli alcolici, escrementi di cane, infarti a raffica, macchinose gag reiterate e, soprattutto, un museo delle cere davvero impressionante.

The Palace, più che un grottesco polanskiano, è un film trash. È un film trash sul trash, scritto insieme all’altro grande regista e amico Jerzy Skolimowski, e diretto con un odio sconfinato nei confronti dell’umanità, delle classi agiate, delle donne, dei potenti posticci e corrotti e, forse, del cinema stesso. Forse Polanski è arrivato troppo stanco a questo progetto, senza la leggerezza necessaria. Mai infatti le sue immagini erano state così mono-dimensionali e fetide. E mai la tensione corrosiva e conturbante dell’autore polacco era sembrata così scricchiolante e fuori misura. Che cosa abbiamo qui? Che sia il suo divertissement terminale, rabbioso e depresso? O semplicemente il prendersi gioco di tutto e tutti nel consueto cul de sac senza via d’uscita? Un giorno, magari, focalizzeremo. La scena finale prevede intanto un rapporto sessuale tra un cagnolino e un pinguino. A modo suo ha senso perché The Palace è come una sveltina “andata a male”. Da qualche parte tra l’affresco alla Buñuel e il (peggior) cinepanettone italiano ci troviamo a collocare sia questa “notte di baldorie” che Polanski si è voluto concedere, sia l’inevitabile oggetto freak partorito. Il sapore non è troppo lontano da quello dello champagne scadente, che di solito finisce con l’essere rigettato sulla moquette proprio nelle notti di Capodanno. Poi si sa, ognuno ha i suoi gusti e ogni scherzo della natura (e del cinema) può avere i suoi seguaci. E, da qualche parte, può anche esserci un fascino malato in questo film. Però stavolta noi qui ci fermiamo.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
1.8
Sending
Il voto dei lettori
2.8 (10 voti)
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