TikTok e il conflitto israelo-palestinese. Ecco cosa è successo

Dopo i numerosi contenuti pro Palestina, la piattaforma messa alle strette da organizzazioni e fazioni a favore di Israele, decide di cambiare in totale silenzio l’algoritmo social

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Nell’ultimo mese, numerosi utenti TikTok hanno pubblicato diversi contenuti per sostenere la Palestina nel conflitto contro Israele. La piattaforma, sotto numerosi pressioni esterne, ha deciso di oscurare gran parte di tali contenuti, cambiando il proprio algoritmo social. I leader aziendali, gli influencer e le organizzazioni ebraiche sono state rassicurate da TikTok, che ha dichiarato di non promuovere discorsi anti-israeliani o antisemiti.

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Più nello specifico, da diverso tempo un gruppo di membri del Congresso (per lo più repubblicani) chiedono agli Stati Uniti di vietare TikTok, utilizzando la guerra come scusa per riesprimere il proprio rancore contro l’app. In particolar modo il senatore Marco Rubio su X scrive: “TikTok è uno strumento utilizzato dalla Cina per diffondere propaganda tra gli americani, ora viene utilizzato per minimizzare il terrorismo di Hamas”. Il senatore ha, inoltre, inviato una lettera a 18 aziende sottolineando l’ipocrisia di boicottare X e non TikTok, più volte colta in flagrante a spiare e archiviare in Cina dati americani estremamente personali.
La maggior parte degli americani continua a sostenere Israele, compresa l’amministrazione Biden. Eppure, è un sostegno che si sta sempre più incrinando.

Dunque, dalla scorsa settimana tutti i riferimenti alla guerra non sono indicizzati, il bot della piattaforma risponde così agli utenti: “Apprezzo il tuo impegno, tuttavia, a causa della natura della tua richiesta che non è in linea con i processi creativi di TikTok o a causa di alcune politiche di TikTok, non sono in grado di fornire una risposta”.
Inoltre, la piattaforma ha limitato senza comunicarlo l’accesso ai suoi dati dall’esterno, tramite il cosiddetto Creative Center. Quest’ultimo è uno strumento dedicato a tutti coloro che vogliono provare a monetizzare tramite l’app di video, che siano aziende o singoli creator. Qui i professionisti e i più curiosi possono utilizzare l’analisi degli hashtag più recenti, ma questo strumento ad oggi non è più usufruibile: il New York Times racconta che la decisione è stata presa dopo che lo strumento di analisi è stato utilizzato per prendere in esame i contenuti relativi alla guerra e in particolare a quella Israele-Palestina.

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