TORINO 24 – "Il western è sempre il Paradiso perduto". Incontro con Walter Hill

Il regista americano ha incontrato i giornalisti, per parlare di “Broken Trail”, il suo ultimo, struggente western

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Dopo la retrospettiva integrale della scorsa edizione, anche quest'anno il Torino Film Festival omaggia Walter Hill, presentando nella sezione "Americana", la sua ultima opera. Broken Trail, questo il titolo del film, è stato prodotto per la TV americana, dov'è andata andato in onda a fine giugno in due puntate, riscontrando un buon successo di pubblico. Ora arriva a Torino in una versione ridotta a 184'. Girato in HD, Broken Trail è un western affascinante, maestoso e nostalgico, con uno straordinario Robert Duvall nei panni di un anziano cowboy saggio e coraggioso e con Thomas Haden Church, Greta Scacchi, Chris Mulkey.

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Walter Hill si è presentato all'incontro con i giornalisti con il suo piglio apparentemente burbero e severo. Ma, nel rispondere alle domande, ha dimostrato il suo spirito pungente.


 


Che cosa l'ha attirato di questa storia?


Si vedono tanti di western in cui dei cowboy devono trasportare mandrie intere da una parte all'altra del Paese. Non si tratta certo di un soggetto originale. Però, il fatto che tra le protagoniste ci fossero cinque ragazze cinesi era un'idea seducente. E' a partire da questa trovata che ho avuto voglia di girare questo film. E subito si è rivelato una sfida. Dover lavorare con attori e attrici che non parlano la tua stessa lingua ti pone in una condizione diversa. Più che alle loro parole, devi cercare di catturare il ritmo della loro lingua, il linguaggio del corpo. Ho avuto sicuramente l'occasione di uscire da schemi collaudati.


 


Può parlarci meglio del contesto storico del film? Cosa c'entrano delle cinesi nell'America dell'Ottocento?


Bisogna precisare che siamo nel 1898, cioè alla fine del XIX secolo. In quel periodo l'epopea dei pionieri si era già conclusa. Il mio film non parla dunque della conquista di nuove terre o di coloni, temi tipici del western classico. Parla di un periodo in cui la società sta cercando di darsi un assetto, ma è ancora priva di leggi e garanzie. E' un dato storico che all'epoca molte ragazze emigrate dalla Cina venissero vendute dalla loro famiglie o da affaristi, per essere immesse nel mercato della prostituzione.

Il suo film è stato girato per la televisione. Questo ha comportato un budget ridotto rispetto a una produzione cinematografica, oltre che tempi di lavorazioni più stretti. Come ha ovviato a queste difficoltà?


Ho girato Broken Trail in poco tempo, circa 45 giorni. E' stata senz'altro una sfida, ma mi sono divertito. Del resto, non sono giovanissimo e ormai del cinema conosco tutti i trucchi. Specie quelli per guadagnare tempo. Ad esempio, ho sempre cercato di risolvere ogni scena in una sola giornata, spostando il set e gli attori in ragione degli spostamenti del sole. Ho sempre cercato di mantenerli nella stessa posizione rispetto alle fonti di luce, in modo da non dover attendere il giorno successivo per ricreare la stessa situazione. Ho richiesto qualche sacrificio in più alla troupe e agli attori. Ma ho guadagnato senz'altro tempo.


 


A proposito di attori, Robert Duvall dà un'interpretazione magnifica in questo film? Com'è stato il suo rapporto con lui e con gli altri attori? Anche considerando la velocità delle riprese


Bè, il cinema non è come il teatro. Il tempo è danaro e non si può provare una battuta o una scena per giorni e giorni. Io credo che scegli un attore quando sai che è adatto per la parte. Compi un atto di fede e lasci che facciano il loro lavoro davanti alla macchina da presa. Io sono un regista, non insegno recitazione. E ho sempre concesso pochi ciak agli attori perché sono sicuro che faranno ciò che devono fare. Mi ricordo di quella storia del giovane attore che chiese a John Ford consigli su come interpretare una scena. E Ford rispose: "Io non voglio niente, maledizione. Io voglio che tu vada là davanti e faccia il tuo lavoro. Poi ti dirò io se hai sbagliato".


 


Dopo tanti anni è tornato al western. Ma non ha mancato di parlare del presente, come in quell'accusa al capitalismo tra la prima e la seconda parte.


Bè, quella parte forse è un po' esagerata. Ma me ne assumo la responsabilità. Io guardo al western sempre come a un Eden, a un paradiso perduto. E' un mio difetto, forse. Ma è normale che ogni western non possa fare a meno di parlare anche dei tempi in cui viene girato, del presente.


 


Il pubblico comunque ha apprezzato. Come vede questo rinnovato feeling con il western?


E' vero. E' stata una sorpresa in effetti. Ma il mondo dello spettacolo e lo show business sono strani. Questo è il bello. Forse il motivo più semplice è che i tempi erano maturi per un western in televisione.


 


A quale progetto sta lavorando adesso?


Ora sto lavorando ad una sceneggiatura di fantascienza. Era dai tempi di Alien che non mi dedicavo a questo genere e avevo voglia di farlo. Spero di poter trovare i finanziamenti necessari entro il prossimo anno.

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