Tre colori – Film Blu, di Krzysztof Kieślowski

Primo film della trilogia sui colori della bandiera francese, appare oggi come esempio di un’autorialità che ripete stancamente gli incroci sul Caso e sul Destino. Stanotte, ore 3.30, Sky Drama

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Da una parte c’è il dolore. Sordo, che separa la protagonista dagli altri anche quando ci parla. Dall’altra una composizione musicale in atto, attraverso le forme di un film concerto essenzialmente mentale, con la macchina da presa che filma lo spartito. Film blu, il primo film della trilogia dedicata ai colori della bandiera francese (seguito poi da Film bianco e Film rosso) entra nella testa della protagonista Juliette Binoche e segue il suo sguardo e i suoi pensieri. A cominciare dal dettaglio del riflesso sulla pupilla del suo occhio che si vede all’inizio in ospedale e nel finale, prima dell’immagine sul suo volto che guarda quasi in macchina e piange.

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Julie ha perso il marito, un celebre direttore d’orchestra, e la sua unica figlia in un incidente d’auto. Si chiude in un totale isolamento, cerca in ogni modo di rompere col passato e va a vivere a Parigi in un anonimo appartamento. Ma alcuni incontri casuali, come quello con la vicina di casa prostituta o l’amante del marito incinta le danno la spinta necessaria per ricominciare da zero e decide di completare una partitura lasciata incompiuta dal consorte.

Forse è una delle opere invecchiate peggio di Kieślowski. Carica di simbolismi, di dettagli premonitori (l’auto che perde olio prima dello scontro fatale), si affida esclusivamente al volto di Juliette Binoche che, tranne in un momento, è presente in tutte le scene del film. Il blu nella bandiera francese si associa al concetto di libertà, vista frequentemente in chiave soggettiva nell’opera del regista polacco. Si affida quindi ai filtri della fotografia di Slawomir Idziak (con cui ha collaborato anche precedentemente, come in La doppia vita di Veronica), ma anche ai riflessi degli oggetti come il lampadario o all’acqua della piscina, proprio in quei frammenti isolati dove si manifesta davvero lo sfogo, la rabbia, la reazione. Ma è solo una provvisoria

intermittenza. Scritto con il fedele sceneggiatore Krzysztof Piesiewicz, Film blu raggiunge solo a tratti il cervello di Julie soprattutto nei suoi silenzi. Ma si sofferma insistentemente sui suoi occhi, su personaggi che sono mostrati troppo dichiaratamente come sue proiezioni mentali. I dialoghi non sembrano essere all’altezza soprattutto quando si devono coordinare con una spinta uguale ma anche contraria da parte della protagonista, quella sospesa tra l’elaborazione del lutto e il suo rifiuto. Inoltre taglia nettamente sui momenti in cui la protagonista ritorna alla vita anche attraverso la paura (i passi sulle scale del condominio dell’uomo picchiato per strada) e soprattutto sul rapporto con gli oggetti e con gli spazi, in particolar modo il suo ritorno nella casa dove abitava con il marito e con la figlia dove si sentono solo lontanamente gli echi della perdita proprio in quei luoghi più intimi. Infine c’è la musica di Zbigniew Preisner, fatta apposta per gli improvvisi risvegli di Julie, che trascina certamente il film ma poi è praticamente onnipresente. Certo, Juliette Binoche è in uno dei suoi ruoli più importanti della sua carriera. Si immola nel film, dando tutta se stessa come Renée Falconetti in La passione di Giovanna d’Arco di Dreyer. Può essere vista anche come una delle proiezioni del cinema di Kieślowski, che può incrociarsi con la dissolvenza di Irène Jacob di La doppia vita di Veronica e Film rosso; una può essere la reincarnazione dell’altra. Però è anche l’emanazione di un’autorialità che ripete stancamente gli incroci sul Caso e sul Destino e rischia qualche scivolone come nella scena in cui Julie incontra in bagno l’amante del marito. Se l’avesse girata un altro regista non importante come il regista polacco l’avremmo già crocifisso. Poi c’è il volto malato della madre della protagonista, Emmanuelle Riva. Ovviamente. per fortuna, spesso Kieślowski ha un’altra sensibilità ma si avvertono i primi sintomi della crudeltà mascherata in amore del cinema di Haneke.

 

Leone d’Oro al Festival di Venezia del 1993 ex-aequo con America oggi di Robert Altman

Coppa Volpi a Juliette Binoche come miglior attrice

 

Titolo originale: Trois couleurs: Bleu
Regia: Krzysztof Kieślowski
Interpreti: Juliette Binoche, Benoît Régent, Florence Pernel, Charlotte Véry, Hélène Vincent, Emmanuelle Riva
Durata: 98′
Origine: Francia/Svizzera/Polonia, 1993
Genere: drammatico

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.57 (14 voti)
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