(unknown pleasures) The Color Wheel, di Alex Ross Perry

the color wheel di alex ross perry
Bianco e nero sgranato e una nostalgica pellicola in 16 mm, il film di Alex Ross Perry
(a Locarno 67 con Listen Up Philipcostruisce un impercettibile racconto di formazione, cogliendo un disorientamento prossimo alla Frances Ha di Noah Baumbach

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the color wheelAlex Ross Perry potrebbe essere un Wes Anderson in bianco e nero. E forse non è un caso che il suo nuovo film, Listen Up, Philip, tra pochi giorni in Concorso a Locarno 67, abbia per protagonista uno dei volti feticcio del clan-Anderson, Jason Schwartzman, scrittore sotto la lente impietosa di amici e amanti, il cui trailer, dai colori e dalle didascalie vintage, rimanda immediatamente tanto al filone indie del regista texano quanto a quello di A glimpse inside the mind of Charles Swan III di Roman Coppola.

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Viaggio on the road di una coppia di fratelli, la bella ed egocentrica JR (Carlen Altman, co-autrice dello script)  e il timido e impacciato Colin (lo stesso Alex Ross Perry), The Color Wheel è dotato della stessa atemporalità, della stessa naiveté del cinema andersoniano, e si muove intorno agli stessi vuoti: soprattutto quello familiare, con questi fratelli teneramente ostili ma egualmente alienati in un mondo che sembra non avere spazio per i sognatori.
Bianco e nero sgranato e una nostalgica pellicola in 16 mm, il film segue i logorroici duelli verbali tra Colin e JR costruendo impercettibilmente un racconto di formazione paradossalmente senza tempo e profondamente contemporaneo, cogliendo un disorientamento, un essere sempre al di fuori del coro che parte da Holden Caufield e arriva alla Frances Ha di Noah Baumbach, uscito  nel 2012, un anno dopo The Color  Wheel, e che rappresenta forse il lavoro più prossimo, per umori e atmosfere, all’opera di Alex Ross Perry.
the color wheel finaleFintamente arruffato, perché l’improvvisazione è solo l’effetto finale di uno script rimpallato in realtà diverse volte fra i due autori e protagonisti, e altrettanto provato prima delle riprese, The Color Wheel scava nelle ansie collettive di una generazione – ma anche nelle angosce atemporali di un certo milieu intellettuale – profondamente disillusa sul proprio futuro e sulla necessità stessa delle proprie ambizioni.
 
Che diventano quasi delle favole, come nel dolcissimo sottofinale, mentre l’archetipo del viaggio cinematografico, il road movie, avviene solo rigorosamente al passato, per rimarcare le distanze prese dalle proprie radici, con genitori fuori campo, ma egualmente ingombranti, e le amicizie liceali coi loro perfidi standard sociali.
Il resto, quello che verrà, è già fuori del film: nell’auto di JR che corre sull’autostrada, sulla porta socchiusa da Colin mentre i titoli di coda già scorrono.
 
 
Tra qualche giorno Alex Ross Perry tornerà a Locarno, festival che per primo diede fiducia al suo secondo film, dopo le tiepide, a dir tanto, reazioni suscitate in giro per I festival americani. Tra i Cineasti del presente fu subito successo,e a distanza di tempo The Color Wheel appare decisamente un film del suo tempo, in grado di aprire un dialogo con gli autori americani contemporanei e con la tradizione letteraria (il film è ispirato soprattutto dai racconti di Philip Roth amati da Perry) e di rimarcare gli standard del film indie come prezioso equilibrio tra stile e urgenza espressiva, nostalgia delle new wave europee del cinema moderno ma anche un’aderenza totale all’oggi, le cui inquietudini, trasfigurate in questi corpi, diventano quasi belle.
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