"Uomini di parola", di Fischer Stevens


Al Pacino, Christopher Walken, Alan Arkin. Tre gangster in pensione.
Uomini di parola e cavalieri dal passo stanco e goffo. Sono fantasmi di un cinema mostruosamente presente negli occhi, ma così inconsistente e naufrago fuori dallo sguardo. Sono eroi già arresi e piegati. Lontani dai corpi rivestiti di cicatrici dentro e fuori, ma "eroicamente resistenti"

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"Non è mai troppo tardi per sistemare le cose" recita così il sottotitolo dell'edizione italiana di Stand up guys-Uomini di parola. Ed è in questo spazio temporale, amplificato dalla grammatica italiana, che si articola l'ultima notte del 'vecchio' gangster Val (Al Pacino), appena uscito dal carcere dopo una condanna di 28 anni. Una notte senza fine che si contrae e dilata come a volere aprire un varco nelle 24 ore che separano Val dalla vendetta del suo vecchio capo. Una manciata di ore, come non ricordare Tutto in una notte di Landis, dopo una vita passata dietro le sbarre. Ad attenderlo il vecchio compagno di rapine Doc (Christopher Walken) e un altro da far uscire dall'ospizio, Hirsch (Alan Arkin), per un fuga ad alta velocità nella notte. Nel vano tentativo di fermare le lancette dell'orologio, la sceneggiatura firmata dal giovane esordiente Noah Haidle, ma prodotta da due veterani come Tom Rosenberg e Gary Lucchesi (Hurricane e The Million Dollar Babytra gli altri), perde di vista le potenzialità di personaggi crepuscolari per gettare tre attori premi Oscar in scene da commedia sexy dozzinale, con battute da caserma sulle 'mostruosità' della pillola blu (povero Pacino) e risvolti in pronto soccorso, improvvise aperture al citazionismo più attuale: Hirsch all'improvviso diventa una sorta di nonno di Ryan Goslin in Drive (povero Arkin). E Doc è ritratto come un romantico pittore impressionista (povero Walken) dalla lacrima facile. 

 

Questi cavalieri del passato hanno solo il passo stanco e goffo dei Sopranos. Sono fantasmi di un

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cinema mostruosamente presente negli occhi, ma così inconsistente e naufrago fuori dallo sguardo. Sono eroi già arresi e piegati. La pellicola, diretta dall'attore Fisher Stevens (Lost, Damages e Californication) vorrebbe 'far alzare' i protagonisti. Ma una volta in piedi i suoi sono Uomini (solo) di parola, appunto. Lontani dai corpi rivestiti di cicatrici dentro e fuori. ma "eroicamente resistenti" per citare uno speciale di Sentieri. Ancora con quella fiamma di vitalità accesa per scatenarsi e domare con una spallata il destino. A testa alta, sempre, contro il mondo. Guardando magari a pellicole molto diverse come Space Cowboys di Eastwood,  Vendicami di To o al grande ritorno di Stallone, soprattutto con Bullet to the head.

 

Il finale di Uomini di parola merita qualche riga a parte. Tralasciando per 'ovvi' motivi di spazio la colonna sonora originale di Jon Bon Jovi. Morto Hirsch, il suo cuore da Drive non ha retto ai funambolici testacoda, Doc e Val si preparano all'inevitabile resa dei conti. Dopo aver cambiato l'abito in un negozio e sistemato gli affetti dimenticati per troppi anni. Eleganti e impettiti sceriffi, appena usciti da Tombstone, si incamminano verso la tana del vecchio e vendicativo boss. Potrei andare avanti, ma finirei per rovinare tutto. E non è certo il mio obiettivo. Ma continuo a chiedermi, a diversi giorni di distanza dalla visione, perché resuscitare l'orgoglio sepolto (sarà la risposta allo Stand up guys?) dopo aver umiliato questi veterani, citando spregiudicamente un cinema fino a quel momento ripudiato. Troppo tardi per sistemare le cose.

 

 

 

Titolo originale: Stand Up Guys

Regia: Fischer Stevens
Interpreti: Al Pacino, Christopher Walken, Alan Arkin, Julianna Margulies, Vanessa Ferlito

Durata: 95'

Origine: Usa 2012

Distribuzione: Koch Media

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