Venezia 80 – Io capitano. Incontro con Matteo Garrone e il cast

“Volevo raccontare il viaggio che compiono questi ragazzi, unici portatori di un’epica contemporanea, un’odissea omerica”. In Concorso a Venezia 80 il nuovo film di Matteo Garrone in sala da domani

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“Il mio film mette in luce delle ingiustizie. Io purtroppo di mestiere faccio il regista, posso parlare delle storie che ho vissuto attraverso i ragazzi che hanno lavorato con me. Non ho approfondito il discorso dell’Unione Europea. Quello che racconto è un viaggio, che parte da un archetipo. Da italiani siamo un popolo di migranti; penso che sia un film che si muove su un piano più universale. Affronta un problema estremamente complesso che non credo si risolverà facilmente nei prossimi anni…”.

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Matteo Garrone torna a collaborare con lo sceneggiatore Massimo Gaudioso in occasione di Io capitano, film che uscirà nelle sale italiane IL 7 settembre, in versione non doppiata. Il produttore Paolo Del Brocco, di Rai Cinema, racconta: “Con Luigi Lonigro ci sembrava un errore doppiarlo. Sarebbe stato un peccato. Devo ringraziare il coraggio di Matteo per aver preso questa decisione, è un’ulteriore novità e penso che sia la prima volta che succede. Il film è molto richiesto, sono 203 copie che verranno distribuite”.

La sceneggiatura è stata scritta in italiano, tradotta in francese e i due attori protagonisti non l’hanno mai letta perché, giorno per giorno, la traduttrice narrava loro le scene che avrebbero interpretato, traducendo man mano. Un film fatto con una tensione negli occhi; i due ragazzi non avevano mai lasciato il Senegal ed erano ignari della fine del film mentre giravano.

I due attori, Moustapha Fall e Seydou Sarr, emozionati di essere a Venezia, hanno raccontato di non aver mai avuto il desiderio di partire e lasciare il loro paese. A differenza dei personaggi che interpretano, sono consapevoli di quanto possa essere rischioso un viaggio del genere. Dopo diversi provini in Europa, Matteo Garrone ha deciso di andare in Senegal: “Ci siamo resi conto subito che era diverso lo sguardo di chi non ha mai visto l’Europa”.

Gli attori sono giunti in Sicilia prima dei personaggi che interpretano: “Questo è stato un problema”, ci dice il regista. “Dopo qualche giorno in albergo con la piscina abbiamo faticato un po’ per ritrovare la concentrazione che serviva ma alla fine ce l’abbiamo fatta”.

Mamadou Kouassi, che ha contribuito non poco alla sceneggiatura, racconta ciò che ha vissuto in prima persona, una ventina di anni fa. La dinamica tra i due cugini, uno che vuole partire e l’altro che non se la sente: ha inizio così l’esperienza di Kouassi. “Questo racconto di Matteo è una storia vera. Io ho compiuto il viaggio attraverso l’Africa subsahariana passando per il deserto. Ho passato tre anni in Libia, dove ho visto le prigioni e le condizioni di vita. Vorrei ringraziare lo Stato italiano, io che ce l’ho fatta”. Dalla Costa d’Avorio, Kouassi ha compiuto il viaggio infernale con la stessa prospettiva dei due protagonisti del film: “è difficile dar retta a chi ti dice che sarà un viaggio pericoloso, pericolosissimo. Quando ci dicevano che avevano visto morire persone noi pensavamo solo che non volessero che noi andassimo in Europa. Poi dopo dieci anni in Italia sono tornato nel mio paese, in Costa d’Avorio e ho detto ai giovani che si sta meglio in patria, non vale la pena fare quel viaggio. La leggenda dell’Europa, è appunto una leggenda; poi non va mai come ti aspetti. Spero che questo film riesca ad aprire gli occhi e ad offrire dei canali di ingresso sicuri. Quest’opera è un modo per lottare contro tutti coloro che contribuiscono al traffico degli esseri umani”.

Anche il finale si ispira ad avvenimenti reali, come racconta Garrone: “Un mio amico lavora in un centro d’accoglienza a Catania. Anni fa mi ha raccontato la storia di un ragazzo, Fofanà, che a quindici anni si ritrovò a guidare una barca, lui che non lo aveva mai fatto, con duecento migranti a bordo. Quando sono arrivati, tanto era l’orgoglio del ragazzo che si è messo ad urlare a squarciagola che lui era il capitano. Non pensava che sarebbe stato arrestato, quando lo hanno messo da una parte era convinto che ciò fosse perché era un minore. Poi si è dovuto fare sei mesi di carcere ma ora Fofanà vive in Belgio, fa il magazziniere ed è sposato con una ragazza che conobbe proprio al centro d’accoglienza di Catania. Non ha ancora il permesso di soggiorno, per questo non è potuto venire a Venezia con noi e ciò mi dispiace molto”.

Un po’ di Pinocchio e un po’ di Gomorra in questo film: “Avevo pensato di fare un Pinocchio migrante anni fa, poi avevo cambiato idea. Per tanto tempo ho accantonato questa storia, mi imbarazzava parlare di un paese che non è il mio. Alla fine penso che rimanga il film e mi auguro che venga visto nelle scuole. Collodi cercava di mettere in guardia i piccoli dalla violenza del mondo circostante. Seydou compie un viaggio verso il paese dei balocchi… tradendo la madre così come Pinocchio tradì Geppetto, scontrandosi con il mondo circostante. Ci sono anche tanti elementi che mi riportano a Gomorra, è un incontro tra due filoni che ho percorso. C’è una parte onirica che era importante perché ci ha permesso di raccontare i personaggi dal loro interno, per entrare nella loro anima. Siamo abituati a vedere queste persone come numeri ma dietro ci sono delle famiglie, dei desideri. E poi c’è un road movie attraverso l’Africa. Ci sono tanti tipi di migrazioni diverse. In un paese come l’Africa dove il 70% della popolazione è composta da giovani, c’è anche chi decide di emigrare perché vuole viaggiare, vuole vedere il mondo, come noi quando eravamo giovani. Magari per noi il sogno era l’America, per loro è l’Europa, solo che loro non hanno la possibilità di comprare un biglietto aereo. E questa è una grandissima ingiustizia soprattutto perché grazie alla globalizzazione hanno accesso ai social e di conseguenza c’è una finestra sull’Europa che è costante.”

Garrone voleva raccontare il viaggio che compiono questi ragazzi, “unici portatori di un’epica contemporanea, un’odissea omerica”, ha sottolineato il regista. Una fusione tra lo sguardo dell’autore e le testimonianze raccolte: “L’artista non deve parlare solo di quello che riguarda la sua vita”, ha concluso.

Le ultime curiosità. Si tratta di un film fatto sui set: è stato ricostruito tutto tranne la medina di Dakhar in Senegal. La Libia che vediamo è in realtà Casablanca e le scene di mare sono state girate davanti a Marsala.

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