VIII ASIAN FILM FESTIVAL – "Night and Fog", di Ann Hui

night and fog, ann huiLa vicenda privata di una coppia che precipita verso la rovina, in un tessuto di flashback e flashforward si inscena una tragedia familiare annunciata fin dall'inizio e si sperimenta un percorso triplice, tra denuncia sociale, indagine poliziesca e melodramma privato: ma il meccanismo sembra tendere a ripiegarsi troppo su se stesso

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ann hui night and fogCompagna di lunga data dell' Asian Film Festival, protagonista della retrospettiva per la quinta edizione nel 2007, la regista hongkonghese per antonomasia porta ora a Roma la sua ultima, disillusa fatica.
La struttura narrativa ricostruisce la vicenda privata di una coppia che precipita verso la rovina, in un tessuto di flashback e flashforward si inscena una tragedia familiare annunciata fin dall'inizio e si sperimenta un percorso triplice, tra denuncia sociale, indagine poliziesca e melodramma privato: ma il meccanismo sembra tendere a ripiegarsi su se stesso, come se le fila della trama non ricevessero sufficiente sostegno dall'approfondimento evolutivo dei personaggi. Un marito pazzo ed instabile fino al parossismo, una moglie incapace di prender coscienza della gravità delle violenze subite, le forze dell'ordine totalmente indifferenti ed una serie di personaggi secondari tra scatti di generosità e disinteresse. In questo quadro che ambisce a dichiarare la propria immobilità, viene però a mancare il sottotesto psicologico che dovrebbe motivare i comportamenti, e se quest'opera ambiva forse ad un'analisi impietosa sulle conseguenze che escludesse programmaticamente le cause, non risulta allora chiaro il senso dei salti temporali nel passato, che costruiscono piuttosto un confronto, a tratti didascalico, tra un “come eravamo” ed un “come ci siamo ridotti”. Le incognite tra un prima ed un dopo, dunque, non indirizzano verso interpretazioni aperte, ma tratteggiano personaggi bianco/neri privi di grigi, ostinati ad essere come sono sempre stati.
Senza negare ad Ann Hui il titolo di portavoce femminile e femminista della New Wave di Hong Kong (già ne
Il segreto, opera prima che la consacrò al Cinema nel 1979, scelse quasi tutte collaboratrici donne), è necessario, in questo caso, attenersi, con onestà, al solo messaggio cinematografico specifico, ed ammettere i ragionevoli dubbi che quest'opera suscita.
Guidata dalle migliori intenzioni di denuncia per la drammatica situazione degli immigrati asiatici, l'autrice dissemina la pellicola di venature polemiche verso le istituzioni e la mancata emancipazione della donna orientale, ma ne risulta una serie di polarizzazioni poco dinamiche (provincia/città, uomini/donne, prima/dopo) in un melodramma che utilizza stratagemmi drammaturgici ben collaudati, inseriti in un imperativo di “rovina inevitabile” più affine alla tragedia greca.

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