Walk Up, di Hong Sang-soo

Il maestro sudcoreano Hong Sang-soo continua la sua ricerca del grado zero della pratica cinematografica. Appuntamento questa sera da Sentieri Selvaggi h 20:30 con questo inedito del regista

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Prenotati QUI per la proiezione di stasera di Walk up da Sentieri Selvaggi, via Carlo Botta 19 a Roma, h 20:30

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La seconda bottiglia di vino è agli sgoccioli. D’altronde la signora Kim e Jeong-su sono sole da ore, da quando il padre di Jeong-su si è allontanato adducendo un incontro col produttore del suo prossimo film dopo averle presentate a pranzo. Il difficile rapporto tra Jeong-su e suo padre è stato il centro della conversazione finché riesce a farsi coraggio ed esprime alla donna il desiderio bruciante di diventare la sua apprendista e imparare l’arte dell’interior design. È disposta a tutto. “Oh, il vino è finito”, sospira la signora Kim versando nel suo calice l’ultimo sorso di vino. Così, Jeong-su si avvia barcollante per la strada in cerca di un’altra bottiglia. Un taglio di montaggio e siamo di nuovo davanti al palazzo di proprietà della signora Kim. La delicatezza dello stacco nasconde un passaggio di tempo di mesi. Il padre di Jeong-su sta percorrendo la stessa via, ma in direzione opposta.

Le opere del maestro sudcoreano Hong Sang-soo sembrano continuamente interrogarsi su quale sia il grado zero della pratica cinematografica. Nell’esplorazione continua dell’intervallo tra vita reale e finzione, le due si toccano e si compenetrano, votandosi all’indistinzione. Walk Up, presentato a Toronto nel 2022 (poco dopo il passaggio a Berlino di The Novelist’s Film), non fa eccezione. In esso sono presenti tutti gli stilemi, narrativi ed estetici, del suo cinema: inquadrature per lo più fisse, prevalenza di dialoghi (scritti poche ore prima delle riprese) apparentemente effimeri, ritmo compassato come di un pranzo tra la fine del digestivo e la richiesta del conto. Perché anche in Walk Up, con la visita di un regista e di sua figlia a una vecchia amica, si mangia, beve e fuma come di consueto nei film di Hong Sang-soo.

Eppure, la pura ripetizione è un’idea percorsa da crepe profonde, da cui emergono collegamenti, rimandi, sottotesti. Il titolo originale di Walk Up è Tab, letteralmente torre. Il palazzo posseduto dalla signora Kim è piccolo e fino, la spina dorsale è una stretta scala. Sembra quasi che la storia si svolga nell’immagine evocata dal titolo coreano non romanizzato, 탑. Una torre fatta d’avorio attorno alla quale ruotano tutti i personaggi. A partire dalla signora Kim, che si circonda di persone incapaci di contraddirla, e il padre di Jeong-su, regista che ha inseguito la sua fama tanto da abbandonare cinque anni prima la sua famiglia. È lui ad accompagnare la figlia alla soglia della torre e a incoraggiarla nella scalata, in una visita tutt’altro che fine a sé stessa e che si ripeterà. Anche senza Jeong-su, che, quando il padre tornerà a trovare qualche mese dopo la signora Kim, ha già da tempo rinunciato a essere la sua assistente.

Ecco che la parabola del padre di Jeong-su è quella di un artista che si trincera in cima alla torre d’avorio e fa piovere giudizi impietosi sulla terra (non sembra un caso che il film successivo a Walk Up sia proprio In Water, dove viene negata qualsiasi messa a fuoco). Chiusi nel proprio delirio, ci si può perfino convincere di vedere in cielo l’immagine di Dio e di ascoltare la sua rimbombante voce. I sotterfugi per non rivolgere lo sguardo verso sé stessi, però, non sono infiniti. Un giorno, deve uscire insieme alla sua nuova compagna. Questa riceve una telefonata di lavoro e gli dice di aspettarlo lì. Sta per accendersi la seconda sigaretta di fila quando sopraggiunge sua figlia. Gli fa la predica. Lui la ringrazia sarcastico. Anche alla base, è ancora in cima alla torre.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
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