Arkie e la magia delle luci, di Ricard Cussó, Tania Vincent
Un film tanto preciso nelle sue intenzioni ecologiste, quanto trasparente nel modo in cui le comunica, anche se a volte rischia di essere convenzionale.
Quando si parla di animazione e delle grandi industrie che la producono, il pensiero corre sempre alle solite cinematografie: francese, giapponese, croata o americana. Ma se guardiamo ai paesi che hanno praticato l’arte animata sin dagli inizi del Novecento, consentendo un’evoluzione progressiva dei suoi linguaggi, è necessario includere nel discorso anche l’Australia, una nazione che raramente viene ricordata nelle storiografie per la sua influenza sull’animazione mondiale, ma che già nel 1912 ha prodotto con Harry Julius alcuni dei lavori in cutout più straordinari e pionieristici del periodo. Al punto che la sua storia produttiva, per stili e metodologie utilizzate, non differisce troppo da quella delle grandi industrie animate del globo, avendo conosciuto sia l’esplosione delle narrazioni in stop-motion (si pensi a John Scheffer) sia il dominio della cel animation (di cui Alex Stitt è il paradigma) fino ad aprirsi ai recenti linguaggi della grafica tridimensionale. Tutte grammatiche di cui Arkie e la magia delle luci sembra qui proporre una sintesi ibrida.
È proprio guardando alle logiche del passato, che Arkie e la magia delle luci definisce il suo racconto all’insegna di stilemi e registri apertamente classicisti. Adattato dalla graphic novel Scarygirl di Nathan Jurevicius, il film di Cussó e Vincent palesa sin dall’incipit un debito evidente nei confronti delle narrazioni hollywoodiane, di cui ri-adatta strategie e figure in una storia dalla sensibilità apertamente moderna. Il mondo in cui si muove la giovane Arkie è di fatto il trionfo del sogno ecologista: l’idilliaca armonia tra l’ecosistema e i suoi abitanti, raggiunta grazie alle capacità del padre-polpo di rigenerare la natura, viene compromessa solo dalle mire egoistiche del Dottore Inganno, che rapisce il rivale pur di declinarne il potere in termini distruttivi. A questo punto la ragazza – come tipico degli eroi disneyani – dovrà intraprendere un viaggio che la condurrà in un mondo distante, geograficamente e socialmente anomalo, dove la maturazione non può che passare per il superamento di tutte le asperità.
Arkie e la magia delle luci sa bene che in un contesto da coming-of-age l’approdo ad una realtà “adulta”, e quindi temibile come quella urbana, deve portare la ragazza non solo a crescere attraverso il conflitto, ma – in pieno stile isekai – a prendere coscienza delle crisi personali (legate ai cari) e collettive – cioè del mondo circostante. Un processo, questo, certamente basato su convenzionalismi e strategie fin troppo formulari. Ma che Cussó e Vincent, nonostante tutto, riescono a legare con coerenza alle finalità ecologiste del film: generando così racconto tanto preciso nelle sue intenzioni pro-ambientali, quanto trasparente nel modo in cui le comunica allo spettatore.
Titolo originale: Scarygirl
Regia: Richard Cussó, Tania Vincent
Voci: Jillian Nguyen, Sam Neill, Remy Hii, Rob Collins, Tim Minchin, Anna Torv, Deborah Mailman, Liv Hewson, Mark Coles Smith, Dylan Alcott
Distribuzione: Notorious Pictures
Durata: 90′
Origine: Australia, 2023