#Berlinale74 – Incontro con Martin Scorsese

In attesa della cerimonia di consegna dell’Orso d’Oro alla carriera, il regista ha parlato dello stato attuale del cinema, della critica e della necessità di indirizzare la tecnologia

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Si è tenuta nella giornata di ieri, 20 febbraio, la conferenza stampa di Martin Scorsese che ha catalizzato l’attenzione di buona parte dei media presenti alla Berlinale 74, in occasione della quale il regista classe 1942 riceverà oggi l’Orso d’Oro alla carriera, a un anno di distanza dal collega Steven Spielberg.

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Molti sono gli argomenti che sono stati toccati nel corso della consueta mezz’ora concessa ai giornalisti presenti, dai “tuoi 30 secondi preferiti di sempre”, al “piatto preferito”, passando per il simpatico siparietto dell’addetto stampa intento a recitare la sua scena preferita di The Departed, fino al tentativo di selezione di una singola parola in grado di descrivere tutto ciò che il cineasta rappresenta (“un mistero” lui dice). E molte sono state le occasioni di approfondimento su temi di grande attualità, su cui Scorsese si è espresso con la solita chiarezza e lucidità.

A cominciare dal ruolo dei festival, che nell’opinione del regista dovrebbero “porre l’attenzione sull’individuazione delle voci uniche, individuali, degli artisti unici e dei film che dopo aver visto ti ricordi per tutta la vita”. Soprattutto perché, sottolinea, “i festival hanno l’opportunità di introdurre differenti punti di vista e rendere il mondo più vicino e più piccolo nel senso che consentono ad ognuno di conoscere la cultura dell’altro”.

Ed esaminando poi il ruolo della critica che, pur continuando ad esistere solo nell’ombra della creazione di un artista, può ritagliarsi oggi nuove possibilità, come quelle di “curare e guidare”. In particolare nei confronti di un panorama come quello moderno che, ricorda il regista, a differenza dei suoi esordi – quando era possibile visionare solo il cinema degli anni ’40 e ’50 e solo di specifiche zone del mondo (Italia, Francia, Regno Unito), a causa della difficoltà di reperire materiale precedente o, per esempio, orientale – permette di “accedere alla visione di 100 anni di cinema e in più anche di film provenienti da ogni parte del mondo”. E che dunque consente al critico cinematografico di indirizzare lo spettatore dinanzi a una scelta tanto ampia.

Un cinema che da Martin Scorsese è stato ispirato e che oggi, almeno in parte, ricambia il favore – per ammissione stessa del regista che, pur dovendo fare fronte al problema del tempo e della selezione delle visioni, ricorda alcuni recenti titoli che ha apprezzato, da Past Lives di Celine Song a Perfect Days di Wim Wenders. Un cinema che, afferma con convinzione il cineasta sollecitato su questo tema, “non sta morendo, ma si sta trasformando”. Con “tecnologie che cambiano così rapidamente che l’unica cosa a cui aggrapparsi è, di nuovo, la voce individuale dell’artista”. Perché “non dobbiamo lasciare che la tecnologia ci spaventi o ci renda schiavi, ma dobbiamo indirizzarla”.
E a chi gli chiede del suo futuro e del progetto di un film su Gesù, risponde così: “Vorrei fare qualcosa di unico, differente e che sia al contempo provocatorio e, spero, di intrattenimento. Non sono ancora certo di come affrontare il lavoro, ma magari quando avremo finito mi farò una dormita e una volta sveglio avrò nuove idee su che cosa fare”.
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