Bernardo Bertolucci, 40 anni di Ultimo Tango a Parigi

Maria Schneider, Marlon Brando, ULTIMO TANGO A PARIGI di Bernardo Bertolucci, 1972

La storia della censura in Italia – breve storia di un istituto comodo prima al potere costituito, poi al mercato –  è il riflesso della storia dell'Italia. L'occasione per rifletterci su è il quarantennale dell'anteprima nazionale di Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci

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Maria Schneider, Marlon Brando, ULTIMO TANGO A PARIGI di Bernardo Bertolucci, 1972

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"Signori, magistrati, moralizzatori: vorrei sapere in quale forno crematorio sarà bruciato il negativo di Ultimo tango a Parigi. Con la vostra sentenza avete mandato in campo di sterminio le idee al posto di alcuni milioni di spettatori adulti, gli stessi che si sono guadagnati il diritto di votare, di scioperare e di divorziare, colpevoli di aver amato, odiato o comunque di avere visto Ultimo tango a Parigi. Ma non fatevi illusioni: nell'Italia del 1976 siete soltanto una minoranza in via di estinzione storica, naturale, biologica. Auspicando su di voi la benedizione del cardinal Poletti, vostro Bernardo Bertolucci".

[Lettera di Bertolucci ai quotidiani dopo la sentenza della Cassazione del 29 gennaio 1976, che ordina la distruzione di tutti i negativi di Ultimo tango a Parigi]

 

 

Maria Schneider, Marlon Brando, Bernardo Bertolucci - ULTIMO TANGO A PARIGI, set - foto ©Angelo NoviLa storia della censura in Italia è il riflesso della storia dell'Italia

Dalle crociate sulla censura preventiva del 1913, fino ai censori degli anni '60, dal controllo di una corrente cattolica integralista obbediente alle direttive della DC andreottiana, verso i censori progressisti degli anni successivi, legati meno a correnti politiche precise ma artefici di una censura più sottile, vista come elemento di mercato e di pressione ideologica,  le commissioni di censura non sono mai state chiamate a giudicare il valore artistico di un'opera. Del resto non avrebbero potuto, composte com'erano da funzionari e burocrati, figure del tutto estranee al cinema e alla cultura.

Tra Mani di forbice di Liggeri e scorrendo il progetto Italia Taglia e il libro omonimo curato da Tatti Sanguineti, ci si rende conto che le scene, le situazioni narrative e addirittura le singole inquadrature specificate dalla legge 161 del 1962 vengono colpite ancora più violentemente se alludono a un messaggio "negativo e senza speranza" (ipocritamente negando proprio la libertà di rappresentare un mondo distruttivo che va perdendo i suoi valori) particolarmente se a usare violenza sono i tutori della legge, le autorità e le istituzioni pubbliche. 

Non sono mai stati il sesso e l'erotismo gli spauracchi principali del meccanismo censorio, ma ogni allusione alla realtà sociale o a tematiche sgradite al potere, tanto ai tempi del regime fascista quanto, più tardi, in seno a un regime democratico che, sostanzialmente, ne accolse in sè le strategie repressive.

Stato e Vaticano univano le forze, auspicandosi di raggiungere l'obiettivo finale, la peggiore delle censure: un'autocensura dei produttori e dei registi (costretti a cedere a un ricatto di stampo economico, anche in vista dello sfruttamento televisivo) e correvano verso la formazione di un meccanismo di censura moderno, più subdolo, una "profilassi censoria" che tende non tanto a impedire la diffusione delle opere e delle idee, ma a dissuadere il pubblico dal prenderne conoscenza, intrisa di uno spirito che la rende odiosa e inammissibile all'origine: l'idea che lo spettatore adulto sia un bambino inconsapevole incapace di discriminare, da proteggere e da controllare. L'idea, comoda al potere, di un intero popolo, quello italiano, perennemente immaturo.

Maria Schneider, Marlon Brando, ULTIMO TANGO A PARIGI di Bernardo BertolucciAlcuni episodi apparentemente schizofrenici, e che oggi possono far sorridere, svelano tutta intera la paradossale strategia (Gian Luigi Rondi che ammette candidamente dalle pagine di un giornale andreottiano di aver premiato a Venezia il sublime La Ronde di Max Ophüls, un film "immorale", lo stesso film che Andreotti "ha opportunamente proibito in Italia"). Sono emblematiche le dichiarazioni di Liliana Cavani all'epoca de Il Portiere di Notte, che racconta come anche in Francia si scatenò un dibattito di tipo censorio, ma di tipo puramente ideologico (la rappresentazione del nazismo) mentre in Italia il discorso restò centrato "sulle bretelle di Charlotte Rampling sopra il seno". Tra La dolce vita di Federico Fellini a Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, soprattutto Pasolini viene colpito duramente, per lui si invoca addirittura il ricorso alla persecuzione penale.

Malgrado i cambiamenti sociali e lo scorrere del tempo, ancora nel 1979, la Cassazione interpretava il comune senso del pudore come difesa di un pubblico immaturo "da temi alquanto scabrosi, come l'omosessualità e il lesbismo". Nel 1980 i criteri applicati non differivano quanto a sottigliezze, sia per Querelle de Brest, sia per Pierino medico della Saub. Je vous salue Marie di Godard provoca tanto messe di espiazione quanto interpellanze parlamentari. Full metal jacket di Kubrick viene vietato ai minori per "turpiloquio e gesti volgari".

Negli anni '90 il processo, giunto a compimento, viene colto da una lucida dichiarazione di Marco Bellocchio, che prefigura già quanto accaduto di recente in fase di finanziamento del suo Bella Addormentata: "adesso la censura non è più tanto relativa alla limitazione di certe immagini ma alla necessità di rappresentare dei contenuti, una ricerca, delle nuove immagini confrontandosi con la possibilità che qualcuno sia disposto a finanziare il progetto. Quindi la censura non è più nell'istituto della censura, ma in questa terribile omologazione, nella pax televisiva, in questo progressivo imbarbarimento e impoverimento della qualità delle immagini". Oggi come allora, l'ingerenza della politica nella creazione artistica e culturale esiste, anche se in forme diverse.

Marlon Brando e Maria Schneider - ULTIMO TANGO A PARIGI, foto ©Angelo NoviUltimo Tango a Parigi, di Bernardo Bertolucci

Ultimo Tango a Parigi rappresenta un caso emblematico di questa storia: non solo un caso clamoroso tra le vicende giudiziarie legate alla censura cinematografica, ma un esempio di caccia alle streghe che svela l'intento di addormentare ogni "istinto artistico connesso al fuoco di una rivolta culturale" colpendo insieme all'opera, la libertà della persona:

"La cosa più dura quando ci fu la condanna ormai inappellabile fu non tanto l'idea che il film sarebbe stato distrutto per sempre, senza lasciare traccia – perchè si parlava di rogo del film – ma fu quando scopersi che avevo perso i dititti civili: ero un italiano che non aveva più diritto di votare per cinque anni".

La prima nazionale si tenne a Porretta Terme, nell'ambito della Mostra del Cinema Libero, il 15 dicembre 1972. Appena 6 giorni dopo l'anteprima, viene disposto il sequestro del film di Bertolucci, perchè "osceno e privo di contenuto artistico" e vengono rinviati a giudizio produttore, sceneggiatore e interpreti.  Una sentenza di assoluzione chiude il processo di primo grado nel febbraio 1973, la pellicola torna in sala con grande successo, ma in secondo grado viene nuovamente condannata con un verdetto che recita "il film, nel suo complesso, è un fumettone spettacolare (…) Sul fine espressivo psicologico (…) prevale la tesi dell'esaltazione visiva del sesso a scopo spettacolare speculativo" e, più interessante ancora, "prevale la tesi della distruzione dei valori morali (…) che resta intenzione evidente del creatore del film". Dopo una serie di ricorsi, la sentenza definitiva del 29 gennaio 1976 condanna il film al rogo.

Bisognerà attendere undici anni, nMaria Schneider, ULTIMO TANGO A PARIGIel 1987, per vedere il giudice istruttore di Roma Paolo Colella riaprire il caso, e finalmente creare un importante precedente: nominare tre periti competenti in materia di arte cinematografica, peraltro critici appartenenti a testate di orientamenti opposti. I tre riescono a restituire il film agli italiani, con un documento di 21 pagine in cui argomentano la "piena dignità di opera d'arte" del film di Bertolucci, quale "uno dei più importanti e lucidi documenti realizzati dal cinema italiano negli ultimi vent'anni" rappresentazione di "quel sogno non più realizzabile degli ideali sessantotteschi" dove la famosa scena incriminata, "la stessa scena di massima violenza, quella della sodomizzazione di Jeanne, non è drammatica per il fatto, per il contatto sessuale, ma perchè costituisce la cerimonia rituale di una violenza nuda che si contrappone alla violenza civile, alla repressione familiare, ai rapporti di proprietà".

A rileggere l'intervento della critica del New Yorker Pauline Kael, pubblicato nel 1972, (disponibile integralmente qui) sembra incredibile che in Italia si sia riusciti a pervenire a una lettura critica sensata con tanti anni di ritardo (ma d'altronde siamo pur sempre nel paese in cui i capolavori di Ingmar Bergman sono stati per anni sistematicamente stuprati, soprattutto nei dialoghi, modificati in modo grottesco, come è noto, fino al recentissimo recupero grazie alla Bergman Collection).
Il bel testo della Kael racconta la proiezione newyorchese come un evento epocale, un Brando modellato su certi personaggi interpretati da Michel Simon, "intuitivo, assorto, principesco, sullo schermo è il nostro genio, così come è certo che Norman Mailer è il nostro genio in letteratura". E la pellicola di Bertolucci come "il film più americano" del regista, e tuttavia un'opera grande in cui cercare gli echi dei primi primi film di Jean Renoir, in particolare La chienne e La bête humaine, di Godard, Vigo, della passione lirica dei film degli anni '30, delle influenze di Carné, Von Sternberg e Ophüls.

Marlon Brando, ULTIMO TANGO A PARIGIA ricordare questi eventi, e in occasione del 40° anniversario dell'anteprima nazionale, c'è Ultimo Tango a Porretta, evento di due giorni (14-15 dicembre) dedicato a un un dibattito sulla censura, alla proiezione della versione integrale restaurata della Cineteca Nazionale e di materiali d'epoca, tra cui Stazioni di Tango, videointervista di Tatti Sanguineti del '99. Tra gli ospiti lo stesso Bertolucci, in collegamento video.

Nel 2011 è stata pubblicata in DVD e Blu-Ray la 40° anniversary edition di Ultimo tango a Parigi, versione originale con una lunga intervista a Bertolucci, il documentario inedito del 2004 Il était une fois…Le dernier tango à Paris di Serge July e Bruno Nuytten e materiali sulla proiezione illegale del film tenutasi a Roma nel 1982, durante la rassegna Ladri di Cinema.

Sempre lo scorso anno, il MoMA ha organizzato una grande retrospettiva dedicata a Bernardo Bertolucci e al suo capolavoro. Erotico, se si vuole (definito anzi di recente il film più erotico di sempre) ma soprattutto una fantasia iconoclasta e antiborghese influenzata da Céline e Bataille, dove Marlon Brando, racconta Bertolucci, era come"una delle figure dipinte da Francis Bacon, con la stessa plasticità devastata", dove il grande attore è chiamato a personificare nient'altro che la caduta dell'uomo.
 

 

 

Buona parte delle citazioni riportate nel testo sono tratte da Mani di forbice. La censura cinematografica in Italia, Falsopiano Editore, 1997

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