Niente è quello che sembra, quello che si vede non è quello che si sente. Lo dice ad un certo punto anche una delle protagoniste. Il genere non è ben definito, neanche quello, ma questo potrebbe essere più un bene che un male. Black Bits è un fanta-thriller che si nutre di frammenti horror e di action movie, senza però dare la sensazione si possa formare quell’amalgama necessaria a definire un corpo dinamico ed energico. Certo il regista Alessio Liguori giunge sin qua da esperienze pertinenti, con gli horror In the Trap, seguito dal campione di incassi negli Stati Uniti, Shortcut. In effetti Black Bits avrebbe tutte le carte in regola per convincere. Ma ci sono alcune cose che non tornano totalmente: scelte di sceneggiatura apparentemente affrettate e montaggio a volte poco in sintonia con le esigenze narrative e di caratterizzazione dei personaggi, peccando in primis di scarsa profondità. Le due protagoniste si incontrano per caso (?) in un locale ed è subito attrazione, non solo fisica.

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Nella miscellanea volontà di non stabilire punti di riferimento temporali e spaziali ben delineati, le due donne, avvolte dal mistero e dall’inganno, mettono a segno un colpo ai danni di una misteriosa società attiva nel Dark Web, ottenendo dei preziosi neurochip di ultima generazione, probabilmente applicabili nel campo della sanità. Attraverso continui flashback di rimando al primo incontro in quel locale, l’intreccio si dipana come immersi in un videogame o in un labirintico mondo parallelo dai confini labili o pressoché inesistenti tra virtuale e reale. Tutto già visto, l’effetto “Matrix” si manifesta senza pudore in quel bosco in cui le amanti ladre si inoltrano nascondendosi in un rifugio avveniristico, con una grande vetrata sulla facciata principale necessaria a scrutare il mistero fitto intorno. Nel bosco bisogna restare in attesa che succeda qualcosa. Magari arriva la ricompensa in denaro per il colpo riuscito, che permette di svoltare una volta per sempre e cambiare vita lontano dalle nefandezze del presente.

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Resta da fare i conti però con un altro abitante di quel bosco, un omone solitario e armato di arco e frecce, probabilmente interessato alla refurtiva. Ecco, quell’omone sembra frutto dei trascorsi horror, soprattutto quando alla fisicità imponente si aggiunge anche il lavoro costante fatto sulla suspense e sui fuori campo premonitori. Ma soprattutto il bosco è una scacchiera, quella scacchiera in cui l’autore vuole indirizzare definitivamente il nostro sguardo, la stessa scacchiera fatta da mini monoliti al posto dei pezzi canonici che compare all’improvviso dinanzi a Dora e Beth (Yvonne Mai e Jordan Alexandra) nella loro “Safe House”. Insomma, in un mondo in cui si respira il futuro prossimo, in quella gabbia senza sbarre, la tensione è tenuta fino in fondo discretamente, però l’eccessiva tendenza a ibridare codici linguistici prettamente d’oltre oceano con l’espressività recitativa più vicina geograficamente, rende tutto meno digeribile e di debole coinvolgimento.

Regia: Alessio Liguori
Interpreti: Yvonne Mai, Jordan Alexandra, Sebastian Fabijanski, Amelia Clay
Distribuzione: Altre Storie, Minerva Pictures Group
Durata: 84’
Origine: Italia, 2023

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