CANNES 58 – Gli spazi vuoti

La ricerca ossessiva di «Alice» del portoghese Marco Martins presentato alla Quinzaine e lo sperimentalismo estremo di "Eli Eli Lema Sabachtani?" del giapponese Aoyana proiettato per "Un certain regard"

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Il vento della Palma a Cannes ha cambiato repentinamente direzione. Dopo che per giorni era stato dato per favorito lo straordinario Broken Flowers di Jim Jarmusch, da ieri gran parte del pubblico e della critica sembrano essersi schierati dalla parte di Caché di Michael Haneke. Intanto ieri in passerella sono apparsi Alexandra Lamy e il suo "Yellow Man", alias Jean Dujardin, venuti a Cannes a prsentare il successo di Brice de Nice, Gael Garcia Bernal e Laura Harring, l'equipe di Joyeux Noël di Carion, con tanto di cornamuse al seguito e, soprattutto, tutta la troupe di Manderlay dove Gilles Jacob si è fatto fotografare con Lars von Trier, Danny Glover, Willem Dafoe e Bryce Dallas Howard.

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Nel frattempo, è stato presentato alla "Quinzaine", opera prima del portoghese Marco Martins, vicenda di un uomo che gira le strade della città alla ricerca della figlioletta che ha smarrito da diversi mesi. L'uomo piazza alcune telecamere in alcuni punti strategici che danno sulle strade principali e poi rianalizza ore e ore di filmati video. In Alice l'ossessione della ricerca diventa l'ossessione dell;immagine. Un inizio convulso, fisicamente forte, disperato, che però poi si disperde in una linea teorica sul guardare (i filmati video, la fotografia). Certamente comunque, nei suoi difetti, Alice contiene anche momenti veri, intensi, come quello di Mario che crede di vedere la figlia e comincia a seguire la donna che la sta tenendo per mano. La folla, la strada, la notte, la disperazione. Materia informe per un esordio nel lungometraggio che, quando non cerca di esibire il proprio stile, appare più libero. Per "Un certain regard"  è stato invece proiettato Eli, Eli, lema Sabachtani? Del giapponese Shinji Aoyama che proprio qui a Cannes, nel 2000, aveva presentato il suo film più bello, Eureka. Quest'opera si svolge invece in un futuro prossimo il 2015, dove nel morto si è propagato un virus mortale che spinge le persone a suicidarsi. Le persone che lo contraggono sono destinato a morire. Un film sullo spazio vuoto, sulla ricerca dei suoni, sul filmare forme di vita temporanee, dove si avvertono dietro tracce di un deserto/fine assoluti. Tra fantascienza apocalittica cinema sulla malattia, un'opera che raccoglie più perplessità che consensi

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