Cannes 76 – La Chimera. Incontro con Alice Rohrwacher e il cast

L’importanza delle radici e dei fili rossi che connettono popoli di generazioni diverse. Ecco cosa è stato detto alla conferenza stampa del film con Alba Rohrwacher e Josh O’Connor, in Concorso

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Con La Chimera Alice Rohrwacher raggiunge per la quarta volta il festival di Cannes. Alla conferenza odierna oltre alla regista erano presenti la sorella Alba, interprete del film insieme a Josh O’Connor, Vincenzo Semolato, Carol Duarte, Lou Roy-Lecollinet e i produttori Paolo Del Brocco e Carlo Cresto-Dina.

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Fin da piccola ho sempre meditato sulla regione dove vivo, in Toscana, dove hanno abitato negli anni diverse popoli e questa cosa mi ha sempre un po’ impressionato: basta scavare un po’ per trovare frammenti di oggetti fatti da altre mani, da altri paesi. Negli anni Novanta c’era l’abitudine di cercare tesori nascosti nelle tombe etrusche. Questa ‘ricerca’ mi ha sempre intrigata, non era lecito, anzi era illegale rubare dei reperti archeologici e perdipiù oggetti di persone defunte. Nel film si parla di questo due mondi, del giorno e della notte, del rapporto tra passato e presente”.

La regista ha anche affermato di non avere una propria idea su come si lavori a un film: “Non so se ci sia un segreto. La preparazione di un film è come un funambolo che cammina su un cavo. Camminiamo tutti, ma il funambolo ci sorprende perché cammina nel vuoto. Nella preparazione di un film si rischia di cadere, soprattutto nei momenti in cui pensiamo che la narrazione del film non abbia molti rischi, a me piace prendere dei rischi rimanendo in equilibrio“.

È intervenuto anche Josh O’Connor in merito alla lavorazione del film “c’è sempre qualcosa di teatrale nei suoi film. Alice mi ha fatto vedere un centinaio di film prima delle riprese, uno mi ha molto aiutato per questo ruolo che è Accattone per il suo aspetto teatrale. Nel film c’è la nozione che ciò che lasciamo non dura e che e si dovesse sezionare il corso del tempo potremmo vedere ciò che i popoli ci hanno lasciato. Alice ha questa attitudine a comprendere il passato, così come l’arte, l’umanità”.

Il produttore Carlo Cresto-Dina ha portato il suo contributo sottolineando l’utilizzo di EcoMuvi, il disciplinare internazionale di sostenibilità ambientale: “Abbiamo girato in un villaggio e quindi c’erano molti oggetti della vita quotidiana, abbiamo cercato di creare un piccolo modello, volevamo che questa carovana fosse durevole”.

Il film è un collage di vari formati, una riflessione sulle immagini e su quello che essi trasmettono. “Ho un dovere generazionale di trasmettere tutto quello che si può trasmettere”, ha affermato la Rohrwacher. “Ho cercato di trasmettere una sensazione delle immagini, dove visibile e invisibile si mescolano. Raccontare l’invisibile è sembrato un dovere. abbiamo pensato che visto che questo film tratta di archeologia, possiamo raccontare un’archeologia della pellicola, la storia della pellicola usando diversi formati. Abbiamo utilizzato il super 16 che permette di donare una certa agilità e per le parti narrative il 35mm. […] Quando per la prima volta ho pensato all’immagine, volevo che ci fosse un collegamento tra i personaggi di Arthur e Beniamina. Ho pensato a un filo rosso e che dietro questa immagine ci fosse una verità. Arthur vedeva le radici perché entra in queste tombe, dove nessuno era entrato, se non i rami degli alberi che sono come un filo rosso. Ho cercato di non cadere nel luogo comune del filo rosso ma qui c’è una verità, come la forza di un simbolo“.

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